Le debolezze del sesso forte


Ciao, oggi ti voglio raccontare quanto è accaduto ieri durante un’escursione in mountain bike con gli amici; si tratta di un fatto banale di per sé ma che offre buoni spunti di riflessione: se sei una donna potresti leggere divertita ciò che scrivo; se sei un uomo, avrai l’occasione per individuare alcuni punti deboli della categoria, sui quali a mio avviso c’è parecchio da lavorare; anche per te comunque è il caso di leggere con un sorriso quanto segue.

I fatti si sono svolti più o meno così.

Una domenica mattina un gruppo di 14 ardimentosi bikers si arrampica lungo i verdi pendii della Val d’Ayas; uno del gruppo fa da guida, gli altri non conoscono il posto e seguono; uniche informazioni a disposizione quelle fornite dal primo la settimana antecedente la partenza sulla pagina degli appuntamenti del loro sito Internet, una sintetica descrizione del percorso che riporto fedelmente qui di seguito.

“Partenza ORE 9 nei pressi di Busson, quota 1300 m, prima parte salita asfaltata, poi ripida sterrata ma tutta ciclabile fino all’ampio rifugio Arp, a quota 2440 m, dove si mangia; si salirà poi ancora un brevissimo tratto fino alla splendida conca dei laghi Palasinaz a quota 2480. Per chi volesse gustare ancora meglio il panorama, da li breve e facoltativa salita a spinta fino al colle Brenguez, quota 2692, da cui e’ possibile ammirare altri 2 meravigliosi ed imperdibili laghi alpini e ridiscendere giù con breve tratto bello tecnico.”

La prima parte dell’escursione avviene senza intoppi e raggiungono per pranzo il rifugio Arp, dove gustano una deliziosa polenta e si prendono il dovuto riposo. Dopo aver pranzato, un po’ appesantiti si apprestano ad affrontare la seconda parte dell’escursione; inizia a piovigginare, qualche tuono si sente in lontananza.

Raggiungono con crescente fatica (complice la polenta e la minore ciclabilità del sentiero) la conca dei laghi Palasinaz, e qui sono di fronte ad una scelta: proseguire a spinta aggiungendo un tratto facoltativo (e faticoso), oppure ridiscendere a valle; a questo punto la guida prova a coinvolgerli con argomentazioni degne di un Bossi d’annata: ‘Adesso chi ce l’ha duro prosegue a spinta fino a quella conca lassù, gli altri possono aspettare qui il nostro ritorno’.

Se tocchi un uomo nell’orgoglio con argomentazioni di questo genere, stai pur sicuro che lo condurrai dove vuoi. Qualcuno ha ovviamente provato a mantenere il gruppo compatto ed evitare a tutti la sfacchinata con argomentazioni legate all’appesantimento post prandiale, al temporale in avvicinamento, eccetera eccetera; ma sono state sufficienti poche adesioni pro risalita, ed ecco che tutti eccetto uno (lascio a te immaginare chi) hanno iniziato a spingere il proprio mezzo lungo lo scosceso sentiero; la strategia che a suo tempo aveva contribuito a garantire a Bossi una marea di voti ha funzionato anche stavolta.

Verrebbe comunque da concludere che tutti eccetto uno siano degnamente dotati, ma ecco che la fatica della risalita inizia a far perdere pazienza e controllo: inizia il mugugno, le lamentele, le battute ironiche, tutto ovviamente all’indirizzo della guida reo di aver costretto il gruppo in quell’assurda sfacchinata. Qualcuno gli fa anche notare che quando si conduce un gruppo si è responsabili (quantomeno moralmente) di ciò che può accadere.

bikers

Alla fatica di quella lunga mezz’ora da sherpa si aggiunge dunque il fastidio di un clima negativo pregno di lamenti e talvolta insulti. Ovviamente, quando si raggiunge la vetta l’ironia dilaga: ‘bello il posto, ne valeva proprio la pena’, ‘perché non saliamo anche su quel crinale lassù?’ e così via.

Per fortuna la discesa che segue subito dopo appaga la sete di emozioni e placa gli animi, per cui tutto rientra nei binari di una allegra gita fra amici; resta il ricordo di quella piccola parentesi negativa caratterizzata da momenti di frizione.

coraggio

La mia riflessione in proposito è questa: ma non era chiaro da principio ciò a cui si andava incontro? Non era chiaro il fatto che quel tratto in più era facoltativo? A partire dalla descrizione scritta del percorso, in cui si spiega bene la quota da raggiungere ed il fatto che si deve spingere, arrivando alla presa visione, sul campo, del punto da raggiungere e del tragitto da percorrere, un essere umano in età adulta non è in grado di decidere per sé ciò che è meglio fare? Perché rimettersi alle decisioni di altri o peggio dar loro la colpa per decisioni che non si è avuto il coraggio di prendere? Questo vuol dunque dire ‘avere gli attributi’?

A mio avviso non avere il coraggio di sottrarsi pubblicamente a pseudo prove è certo una debolezza (superiore a quella di non riuscire ad affrontare la prova stessa, non ho dubbi), ma sbandierare il proprio disappunto puntando il dito indice quando tutto questo ci conduce in cattive acque è decisamente imperdonabile, nella migliore delle ipotesi poco dignitoso.

Nella fattispecie, la paura di sfigurare quando si tratta di ‘mostrare i muscoli’ è un fenomeno prevalentemente maschile, ma poggia su basi di portata più generale, ossia la difesa dell’ego personale dall’attacco dei giudizi altrui. Ti invito considerare quanto sia liberatorio svincolarsi da simili legacci, e mi accingo a concludere. Non prima di aver sgomberato il campo da equivoci, però.

Magari potresti essere portato a pensare che sia io l’unico che non ha temuto di rimanere ad attendere a valle… beh, no, non è così, io sono salito fino in cima, e senza batter ciglio.

Pensavi forse che non avessi le palle per farlo?

2 pensieri su “Le debolezze del sesso forte

  1. Mauro

    Chissà… Magari anche Armstrong è arrivato sulla Luna solo per dimostrare che aveva le palle… A volte il “celhodurismo” non è poi così dannoso come sembra.

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