Archivio mensile:luglio 2015

Oltre l’ostacolo


Devi sapere che nel tempo libero faccio l’istruttore di mountain bike; beh, ridimensioniamoci: diciamo piuttosto che, avendo la passione per questo sport, cerco di trasmetterlo ad alcuni bambini attraverso il gioco.

Ebbene, fra i vari esercizi che propongo loro ce n’è uno che prevede di passare su di una stretta tavola sospesa nel vuoto, sopra un fossato infestato dai coccodrilli; beh, ridimensioniamoci, la tavola si trova a qualche centimetro dal prato, e non ci sono coccodrilli, solo qualche gallina qua e là,  ma molti di loro si comportano come se fosse vera la prima situazione.

Comunque: ho notato che quelli che riescono bene nell’esercizio puntano lo sguardo in avanti, concentrandolo su un punto al di là della tavola, e si muovono decisi verso di esso, mentre lo sguardo di quelli che non ci riescono si ferma prima, sulla tavola; questi ultimi puntualmente cascano di lato.

Ai pochi che mi è riuscito di salvare dalle fauci del coccodrillo ho provato a suggerire questa strategia, ovviamente con parole più semplici ma il succo non cambia: prima guardare l’ostacolo, memorizzarne le caratteristiche, e poi concentrarsi sul punto di arrivo, focalizzando l’attenzione su di esso.

Sembra che il problema sia proprio la focalizzazione: certo, l’ostacolo non deve essere ignorato, ma chi si sofferma troppo su di esso, e non guarda al punto di arrivo, ha più probabilità di sbagliare; chi lo lascia, per così dire, sullo sfondo, ha maggiori probabilità di successo.

E questa considerazione ricade nella la casistica più generale di consigli che normalmente elargisco ai giovani virgulti: la bici va sempre dove si punta lo sguardo; devo svoltare a sinistra? Allora girerò la testa a sinistra e guarderò in quella direzione; devo partire da fermo? Allora occorre guardare avanti, e non i pedali. Non è tanto un discorso di vedere dove si va, ma di sfruttare l’attrazione verso il punto osservato.

Da queste considerazioni, il salto di qualità che mi ha portato ad un’illuminante presa di coscienza, di cui voglio rendere partecipe te, fortunato lettore: il principio è generalizzabile al di là di questioni ciclistiche; per riuscire in ciò che si fa occorre puntare sull’obiettivo, senza soffermarsi sulle difficoltà che si frappongono fra noi ed esso.

ostacoli

E modestamente, mi rendo conto di commettere spesso lo stesso errore dei miei allievi; tendo a lasciarmi sottrarre energie dai problemi da risolvere, invece di sfruttare la carica energetica che potrei avere pensando al dopo, quando saranno finalmente risolti. Per fare questo occorre un certo distacco dal problema, bisogna sopraelevarsi sul labirinto.

Esempio: devo sistemare casa con delle opere di ristrutturazione; posso pensare al macello che faranno gli operai quando inizieranno i lavori, allo sforzo finanziario che dovrò sopportare, oppure posso immaginare come mi sentirò al termine, nella mia nuova, accogliente dimora. Un bel cambio di prospettiva, no?

Pare che proprio questa sia la strategia utilizzata dagli sportivi di successo (ahimé, non ho esperienze in proposito): molti di loro visualizzano se stessi nel momento della vittoria, ne anticipano le emozioni, le sensazioni, e così facendo si mettono nello stato d’animo più propizio perché questa arrivi veramente. Non pensano alla fatica, agli sforzi che dovranno sopportare: questo toglierebbe loro energia e motivazione.

Facile a dirsi, difficile a farsi. Però vale la pena di provare no?

Io ho deciso di impegnarmi in questo senso.

Chi nu cianze nu tetta


Si tratta di un proverbio ligure. Letteralmente: chi non piange non succhia il latte dal seno.

Credo si tratti di un proverbio alquanto veritiero, indicatore di un atteggiamento molto diffuso negli adulti e a mio avviso alquanto dannoso.

Il bambino ha un problema che non può risolvere da solo: cibarsi; per risolverlo, attira l’attenzione della mamma piangendo: se ci sono due gemelli, la mamma allatterà quello che piange per primo, o piange più disperatamente. Meccanismo innato, evolutivamente vincente.

Crescendo, il bambino non perde quest’abitudine; come da infante riusciva a risolvere un proprio problema scaricandolo su altri (non potendo fare diversamente, dato che non ne aveva i mezzi) così pure da adulto prova a farsi togliere le castagne dal fuoco lamentandosi. E a Genova, si dice, il mugugno è libero: l’abitudine di lagnarsi perché c’è sempre qualcosa che non va è tipica dei genovesi, e dei liguri più in generale. Categoria di cui peraltro faccio parte.

mugugno1

Recentemente, in campo lavorativo, ho avuto riprova di quanto dannoso sia questa aberrazione di un comportamento infantile altrimenti virtuoso. Si è verificato un problema, e questo ha scatenato tutta una serie di lamentele su quanto fosse andato storto, convogliando enormi quantità di energie sul pianto isterico e distogliendole dall’attività di risoluzione dello stesso. Ben pochi di coloro che lo subivano hanno fornito informazioni utili per la sua eliminazione: tutti a lamentarsi e a fare un polverone che è servito solo a complicare le cose. Certo, costoro non avrebbero potuto risolverlo direttamente; ma avrebbero potuto aiutare altri a farlo migliorandone la comprensione con informazioni circostanziate, invece di ostacolarli sparando nel mucchio.

Su scala più grande, la dannosità di questo atteggiamento è ben visibile laddove si sono verificate catastrofi naturali, ad esempio il terremoto, che ha negli anni colpito diverse zone d’Italia. L’evento è stato ovunque lo stesso, ma non tutti hanno reagito allo stesso modo; alcuni si sono rimboccati silenziosamente e dignitosamente le maniche ed hanno avviato l’opera di ricostruzione, altri sono ancora oggi a lamentarsi dell’assenza dello Stato. Lamentela fondata, ma che non ha risolto la situazione.

E qui voglio ricordare un’eccezione ligure, vissuta in prima persona, di cui vado fiero: l’autunno scorso il paese in cui abito ha subito una pesante alluvione che ne ha distrutto il centro mettendo in ginocchio molte attività commerciali. Ebbene, a distanza di pochi mesi dall’accaduto, anche grazie all’aiuto solidale proveniente un po’ da tutta Italia e ad una macchina statale che non si è rivelata poi così assente, gran parte delle attività sono ripartite e lentamente si sta tornando alla normalità. I danni sono stati parecchi, ma i mugugni pochi.

Per fortuna almeno in questa occasione si è capito che la stagione dell’infanzia è definitivamente passata.