Archivi tag: resa

Produci, consuma… crepa!


Una colossale diga trattiene enormi masse di acqua, energia immobilizzata da tempo che, se si esprimesse di colpo, potrebbe deflagrare in un’immensa esplosione che devasterebbe e cambierebbe definitivamente i connotati dell’intero mondo circostante.

Eppure il lago sembra fermo e placido, nascondendo a uno sguardo superficiale l’enorme potenziale che racchiude.

Nei momenti in cui riesco a sopraelevarmi, distaccandomi dalla percezione limitata della mia vita, posso vedere questo scenario dall’alto, e allora sento che dovrei fare qualcosa: quella diga deve crollare, il mondo è arrivato a un capolinea, il genere umano sta lentamente consumandosi nell’automatismo dei suoi meccanismi egoici.

Ma quel muro è solido, troppo solido per le mie minute forze; è un’impresa troppo grande per me, non ce la farò mai.

Poi, improvvisamente, mi vedo, e capisco chi sono.

Sono una minuscola crepa, laggiù, in un angolino in basso. Da quella crepa trasuda qualche goccia di acqua.

E poi vedo che ce ne sono altre, più distanti da me, a livello locale distribuite irregolarmente ma, su larga scala, in modo piuttosto uniforme.

Non sono solo.

E allora mi sento pervadere da un rasserenante entusiasmo.

Non è la mia forza che farà crollare il muro. E nemmeno la forza della altre, piccole, crepe. E nemmeno la totalità delle nostre forze messe assieme.

Sarà l’inimmaginabile forza del lago a distruggere la diga che lo sta imbrigliando, grazie a queste crepe che gli offrono uno spiraglio, un aggancio, uno spunto.

Non devo più affannarmi, è sufficiente lasciarsi attraversare dalle sue acque, liberare il più possibile il passaggio, perché questo io sono: un minuscolo canale che, se lasciato sgombero, si amplierà grazie alla forza stessa dell’energia che lo attraversa.

Non serve altro: lasciare scorrere. Ecco quello che accade quando dò libero sfogo alla mia creatività scrivendo un articolo, una canzone, lavorando il legno: mi connetto alla sorgente e lascio che l’energia mi attraversi esprimendosi nel mondo materiale.

E allora capisco anche le mie paure, ciò che mi fa chiudere in me stesso rallentando il flusso vitale: se la crepa si allarga, ad un certo punto si unirà con altre, perderà la propria individualità; paradossalmente, la mia illusoria esistenza è garantita da quei blocchi di cemento solido e immobile che tanto detesto, e che a loro volta tanto mi odiano ed emarginano in quanto pericolosa falla!

Ma se riesco a trascendere tutto ciò, a disidentificarmi da quella fessura nel muro, insignificante e allo stesso tempo così determinate, allora divento parte del tutto: che le forze dell’Universo esprimano la loro potenza attraverso me!

Stelle cadenti


Sono sdraiato sul prato, occhi rivolti al cielo in cerca di stelle cadenti.

Focalizzo lo sguardo in un punto, poi lo sposto in un altro, poi un altro ancora, cercando di cogliere l’attimo e il luogo in cui passerà la scia luminosa. Questa modalità è per me frustrante e ansiogena: vuoi vedere che mentre mi concentro di qui, la furbetta mi frega e passa di là? Gli occhi si muovono frenetici assecondando il mio bisogno di famelica ricerca.

Poi decido di rilassarmi, e di cambiare modalità: non focalizzo più lo sguardo, ma cerco di accogliere la volta celeste nella sua totalità usando la visione periferica; non osservo alcun punto del cielo, ma contemplo il cielo, che mi appare ora meno dettagliato, ma sicuramente più unitario: ho una percezione olistica di quella scura cupola punteggiata di luce.

E improvvisamente eccola, sulla destra! A quel punto sì, che focalizzo lo sguardo là dove serve, e mi godo quell’istante di effimera bellezza. Un picco di momentanea attenzione che torna subito ad appiattirsi nella contemplazione del tutto, senza aspettative, senza ingordigia.

E mi rendo conto che vivere si può ricondurre proprio a questo pulsare.

Se rimango troppo concentrato su un piano, un progetto, una persona, un’aspettativa, perdo la visione d’insieme; e magari una scia luminosa mi passa accanto, mentre ho lo sguardo rivolto altrove.

Non voglio più che la mia vita sia affannosa ricerca, ma contemplazione del tutto in placida attesa, punteggiata da una miriade di fugaci attimi di stupore che mi chiamano temporaneamente all’azione, per poi lasciarmi nuovamente andare al mistero dell’inconoscibile, dell’incontrollabile, dell’imprevedibile.

Battito del cuore, respiro cosmico. Energia che emerge dal vuoto. Che meraviglia!

Albero


Quanto ho da imparare, da te!

Hai una corteccia,
e non è cerebrale.

Hai radici,
e non ti ostacolano,
ti nutrono.

Sei fermo,
e in continua evoluzione.

Ti pieghi al vento, alle intemperie,
e ti risollevi.

Non sei mai solo,
accogli cinguettanti uccellini.

E in fondo non ti importa nulla,
di tutto questo.

Lasciare andare


Cosa fai quando devi cambiare l’arredamento di una stanza? Stipi i nuovi mobili accanto ai vecchi, nella speranza che il nuovo spinga via il vecchio, oppure prima liberi il locale per creare spazio?

Non so tu, ma io trovo assai meno faticoso fare prima il vuoto per poi riempirlo, anche se quando la stanza è sgombra rimango con uno sgradevole senso di disagio: l’eco dei miei passi al suo interno mi porta in un mondo surreale che non conosco, la percezione delle effettive dimensioni di quel luogo mi provoca stupore e disorientamento.

Nel complesso non la trovo una sensazione gradevole, è pregna di smarrimento e talvolta di angoscia, e tuttavia è necessaria affinché si possano igienizzare quei muri rimasti nascosti da tempo e che finalmente potranno accogliere i mobili appena comprati.

Come fuori, così dentro: non possiamo trasformare alcunché della nostra vita se non abbiamo spazi liberi a disposizione, e accade spesso che la mente sia invasa a tal punto da preconcetti e convinzioni da impedire ogni possibile forma di adattamento ai cambiamenti dell’ambiente circostante.

La vita è un flusso e noi siamo i condotti che la canalizzano: come per le nostre arterie, il passaggio deve rimanere libero, pena la paralisi.

Per questo occorre fare spazio, mettere da parte la mente con tutti i suoi solchi, e lasciare andare.

Per ogni tipo di viaggio meglio avere un bagaglio leggero

Niccolò Fabi

La resa


Mi è capitato di sentire o leggere più volte che la nostra principale fonte di sofferenza è la mancata accettazione di ciò che fa parte della vita, e che la via per raggiungere la pace debba passare attraverso la resa.

Ho sempre guardato con una punta di sospetto questo approccio, perché ritengo invece giusto e buono lottare per ottenere ciò che si vuole, altrimenti si scivolerebbe nella rassegnazione e nell’abbandono totale.

Che vita sarebbe, passiva e senza obiettivi? Sdraiati mollemente sul divano in canottiera, birra in mano davanti alla TV, una fila di caccole nasali appiccicate sotto il bracciolo, in attesa che arrivi l’ora di andare a dormire.

Dopo una serie di riflessioni sono però arrivato alla conclusione che non avevo capito affatto che cosa si intendesse per resa, e vorrei cercare ora di spiegarti quella che per me è la giusta chiave di lettura.

Supponi di essere su un sentiero in montagna, ai piedi di un dirupo, e che dall’alto si stacchi un pesante sasso che inizia a rotolare verso di te. Che fai? Rimani lì, appellandoti alla pretesa che quel sasso avrebbe dovuto rimanere al suo posto (come si è permesso di muoversi!), oppure ti sposti per evitare di rimanere schiacciato?

Io in proposito non ho dubbi, mi sposterei. Perché? Ma ovvio, perché avrei accettato il fatto che il sasso si è staccato, e sarei passato alla fase successiva: appurato che sta cadendo verso di me, cosa fare per evitare danni?

E sono convinto che, nell’urgenza del pericolo imminente, tu faresti altrettanto, perché la tua mente non avrebbe il tempo di interferire con quella forma di intelligenza che si preoccupa della tua sopravvivenza, che agisce molto più velocemente.

Questa è la resa: accettare lo status quo. Che non implica restare inerti nella rassegnazione. La sofferenza emerge quando ti impunti, nell’assurda pretesa che quel sasso non avrebbe dovuto cadere. E rimugini su quanto sei sfortunato, inveisci contro la vita matrigna, colpevolizzi te stesso o altri, invidiando chi non si trova in quella scomoda situazione. E rimani immobile a lamentarti mentre il sasso rotola.

ricordati-che-devi-morire-vignetta.jpg

La differenza è sottile, ma sostanziale, non trovi? Arrendersi al fatto che il sasso si è staccato è l’unica via sensata; da quella partirà poi tutta una serie di azioni correttive che ti porteranno ad evitare danni, e, anzi, forse a scorgere un sentiero più agevole che non avevi visto in precedenza.

Ma scendendo ancor più in profondità: dove si nasconde la reale differenza fra resa e rassegnazione? Io credo che tutto sia imperniato sul concetto di momento presente.

Arrendersi significa accettare che ora, in questo preciso istante, le cose stanno così e non possono essere cambiate!

Il che non ha nulla a che fare col rassegnarsi senza intraprendere alcuna azione per fare in modo che domani, o fra cinque minuti, o fra un anno, le cose cambino!

Facciamo un altro esempio: dovevi uscire con gli amici, e invece devi stare chiuso in casa perché hai la febbre alta. Da dove nasce il senso di frustrazione che provi? Ovviamente dal fatto che vorresti che ora, in questo preciso istante, le cose fossero diverse. Ti rendi conto di quanto sia assurdo tutto ciò?

Ora, in questo preciso istante, le cose non possono essere che come sono ora, in questo preciso istante.

Lapalissiano, evidente. Eppure ti ostini a non accettarlo!

Resa significa accettare lo status quo, rassegnazione significa accettare che rimarrà così per sempre; sono cose diverse, eppure troppo spesso si confondono.

Dunque la soluzione è evidente: arrenditi al flusso della corrente della vita, lasciati trasportare, non puoi che muoverti verso valle! Abbandona la pretesa di restare immobile in un punto, è irrealistica: devi lasciarti trasportare; questo non ti impedirà tuttavia di muoverti di volta in volta un poco a destra o un poco a sinistra, cambiando anche di molto la tua posizione nel grande torrente in cui ti trovi, al fine di evitare pericolose collisioni o, perché no? di catturare succulenti pesci!