Archivio mensile:gennaio 2021

I vantaggi delle regole


Sono innegabili i vantaggi che un mondo pieno di regole assicura all’individuo: oltre a creare un ambiente di comfort, magari non proprio piacevole ma sicuro, le regole hanno un altro effetto piuttosto subdolo: deresponsabilizzano.

Nel momento in cui qualcosa deve essere fatto, non mi devo porre più l’interrogativo sull’opportunità della scelta, perché qualcun altro l’ha già compiuta per me; quindi, oltre a non sopportare la fatica della decisione, posso anche non sentirmi responsabile per le conseguenze delle mie azioni, anzi, sono a posto con la coscienza comunque vada, proprio perché ho seguito le regole.

Lo so che sto estremizzando, ma i genocidi avvenuti ai tempi di fascismo, nazismo, stalinismo e altre simpatiche dittature sono stati resi possibili proprio da questo atteggiamento della massa: seguire le regole, il fine giustifica i mezzi, il rispetto delle norme prima di tutto.

Caro lettore, non entro nel merito delle tue scelte, che rispetto quali che siano, ma ti invito ad essere sincero. Nel momento in cui ti trovi a pensare: “mi comporto così perché si deve fare“, prova a girare la frase in quest’altro modo: “scelgo di comportarmi così perché voglio evitare conseguenze spiacevoli per me” .

Sarai più onesto con te stesso, la vita è una responsabilità interamente – ribadisco, interamente – nelle tue mani.

Anestesia


D’estate il condizionatore è fisso sui venti gradi, perché non sopporto il caldo afoso.

D’inverno il termostato è regolato sui ventidue, perché fuori fa un freddo cane.

Per salire al quinto piano prendo l’ascensore, mentre per ridiscendere al piano terra… pure.

Al mare la sabbia è calda e ci sono i sassi: ho bisogno delle apposite ciabatte prima di avventurarmi in acqua.

Provo fastidio per il tempo piovigginoso perché mi rattrista, e io non voglio sentire tristezza.

Per fare la spesa a due isolati da casa serve la macchina, le buste piene pesano.

Appena entrato in casa accendo il televisore, mi fa compagnia: il silenzio e la solitudine mi spaventano.

Bevo per dimenticare: ciò che mi è capitato mi fa rabbia, mi fa sentire frustrato.

La morte è un tabù: forse toccherà anche a me, ma fra cent’anni. L’idea mi fa paura, e la paura non mi piace.

Temo perfino i miei successi, perché ho il terrore di ricadere nel fosso dopo aver goduto del panorama in vetta.

Ho piallato ogni picco, verso l’alto o verso il basso: è diventato tutto piatto, ho anestetizzato emozioni e sensazioni; il mio corpo vive in una bolla artificiale dove tutto è nella media, e non appena accenna a lamentarsi, a segnalarmi che qualcosa non va, mi premuro di rimuovere quanto prima la causa del suo disagio.

Vivo circondato da una miriade di protesi, e alleno il solo muscolo del pensiero: seguo le sue regole, prendo per buone le sue previsioni, la razionalità mi fa sentire protetto e al sicuro. Queste sono le uniche sensazioni che gradisco.

Finché un bel giorno, come un bambino capriccioso e bisognoso di affetto, il corpo si mette a urlare, ammalandosi, e mi costringe a dargli quell’attenzione che da troppo tempo gli nego.

Allora mi rivolgo ai dottori, torno a cercare l’anestetico più adatto, perché ascoltare il corpo fa male, soprattutto se si è perso l’allenamento a farlo.

Il nulla


La verità si nasconde nelle pieghe della contraddizione.

I matematici sono terrorizzati dalle contraddizioni, i mistici orientali affascinati.

Dal punto di vista della logica, lo stato di verità di una contraddizione permette di dimostrare qualunque cosa.

Ad esempio, partiamo dalla verità dell’assunto contraddittorio:

A: Io sono Piero E io non sono Piero.

Da esso discende la verità dei due assunti più semplici:

B: Io sono Piero
C: Io non sono Piero

Possiamo usare l’assunto B in combinazione con uno arbitrario per crearne un terzo altrettanto vero:

D: Io sono Piero O io sono un canguro

Quindi: o sono Piero o sono un canguro; siccome per la verità di C io NON sono Piero, allora devo essere un canguro.

Ma seguendo questo ragionamento potrei anche essere una carriola, un ruscello, un grattacielo.

La mente viene destabilizzata dalla presenza di una contraddizione, ed è proprio per questo che i mistici orientali ne fanno largo uso, ad esempio nei koan Zen, enigmi assurdi, incoerenti e senza senso aventi lo scopo di scardinare il controllo razionalizzante del pensiero e favorire il processo di consapevolezza.

La contraddizione che produce un insieme vuoto, di conseguenza il nulla e, per complemento, il tutto.

La contraddizione come via per andare oltre il velo di maya.

Da geocentrismo a eliocentrismo e oltre…


Eravamo nel medioevo, superstiziosi, un po’ presuntuosi, convinti di essere il centro dell’Universo. Eravamo come un bambino che crede alle favole e pensa, nella sua semplicistica ingenuità, che le cose siano realmente come appaiono.

Poi siamo cresciuti: abbiamo capito che Aristotele e Tolomeo dicevano cazzate, e siamo passati ad una visione del mondo più razionale in cui la Terra ruota attorno al Sole; siamo passati all’età adulta, l’età della ragione.

Per stabilire chi ruota e chi sta fermo è necessario interpellare un giudice, un terzo super partes che decida della disputa fra i due contendenti; occorre prendere un punto di riferimento esterno: ad esempio mettersi comodamente in poltrona su Marte ad osservare.

Problema risolto, dirai tu: quale che sia il punto di riferimento esterno scelto, facendo le dovute deduzioni verrà sempre fuori che la Terra ruota al Sole; la scienza avanza, la mente ci mostra la sua inconfutabile verità.

Facendoci cadere nell’ennesima, dogmatica illusione.

Quanto afferma la ragione è vero, ma si tratta sempre di un punto di vista che dipende dal sistema di riferimento scelto, e che non ha nulla di intrinsecamente assoluto. Anche se il povero aborigeno terrestre è rimasto il solo a pensarla così, la sua opinione è degna di rispetto, vale quanto le altre: nel suo sistema di riferimento, la Terra è al centro.

La democrazia è tutela delle minoranze, non dispotica supremazia della maggioranza.

La teoria della relatività di Einstein insegna infatti che non ci sono punti di riferimento privilegiati, e tutto dipende dall’osservatore, persino la distinzione fra eventi passati, presenti e futuri.

Eppure, nonostante questa infinità varietà di modi per vedere le cose, la Natura riesce a conciliarli tutti: applicando le dovute trasformazioni, è sempre possibile passare da un sistema di riferimento a un altro, e le molteplici realtà possono coesistere senza escludersi a vicenda: non è fantastico? Si tratta solo di fare un piccolo (piccolo’sticazzi) sforzo per cercare di capire l’altrui punto di vista, e poi la quadra si trova.

Con questa presa di coscienza, abbiamo finalmente raggiunto l’età matura, l’età della saggezza, quella che rivaluta il bambino di un tempo e pensa che sì, in fondo valeva la pena di credere alle favole.

L’ombra della belva


Il piccolo Daniel era accovacciato a terra, tremante, e fissava la minacciosa ombra, stagliata di profilo contro il muro, che ostentava ringhiante i mostruosi canini.

Solo una esile coperta lo proteggeva dal freddo e dai pericoli del mondo; singhiozzava, tremava, il suo sguardo non poteva fare a meno di rimanere incollato a quell’immagine scura.

Aveva paura, tanta paura.

L’ombra sembrava prendersi gioco di lui: ora diventava più grande, ora si ridimensionava danzando un’inquietante balletto al suono dei vividi raggi lunari che gliela proiettavano dinnanzi; l’ambiguità confusa della forma era ciò che più lo spaventava del mostro: il minaccioso verso animale pareva non lasciare scampo, ma l’aspetto del nemico era pressoché sconosciuto.

Gli occhi del bambino si muovevano frenetici a destra e sinistra, i suoi muscoli erano tesi allo spasmo; sentiva che era solo questione di attimi: l’attacco sarebbe stato sferrato di lì a poco, presto avrebbe dovuto iniziare a correre, correre il più forte possibile.

Sapeva che se avesse iniziato la fuga di sua iniziativa avrebbe solo anticipato la mossa della belva, e non ebbe il coraggio di farlo: non si prese quella responsabilità.

Restava un piccolo spiraglio di salvezza: avrebbe forse potuto arrampicarsi sull’albero immediatamente fuori dalla finestra che si trovava alle sue spalle, aperta sul buio della notte.

Fu mentre elaborava questa ipotesi che accadde.

La scena si consumò in un’attimo, ma Daniel la percepì al rallentatore: l’ombra si girò, il profilo dell’animale si ammorbidì in un’indistinta forma tondeggiante dalla superficie irsuta, divenendo nel contempo più grande e oscillando verso l’alto l’alto e il basso; la fiera si stava avvicinando a rapidi balzi!

I muscoli agirono per lui: voltò le spalle al muro, e così pure a quell’ombra che diveniva sempre più grande, e fece un balzo al di là della finestra, gettandosi senza scampo fra le fauci del mostro che incedeva rapido e famelico.

Avrebbe forse potuto salvarsi, se non fosse caduto vittima dell’illusione; aveva indirizzato la sua paura nella direzione sbagliata: non era l’ombra che doveva temere; forse sarebbe bastato chiudere la finestra.

~ ° ~ ° ~

Caro amico, la tua paura è preziosa, se un giorno potrai sferrare l’attacco o darti alla fuga sarà soprattutto grazie a lei; considerala una valida alleata, è parte di te ed è anche merito suo se oggi sei qui, vivo e vegeto.

Abbi però l’accortezza di indirizzarla verso un pericolo concreto: Il virus esiste, è reale: guardati da lui, non dalle ombre che i cosiddetti mezzi di (dis)informazione di massa continuano a mostrarti.

Potresti fuggire nella direzione sbagliata.