Archivio mensile:luglio 2022

Energia a freno


Concerto all’aperto di Max Gazzè.

Transenne delimitano la platea dei posti a sedere.

Avvio tranquillo sulle note di ‘Raduni ovali’. Ciascuno è al proprio posto.

Poi l’energia inizia a fluire, le gambe iniziano a muoversi, qualcuno si alza per mettersi a ballare in un corridoio laterale.

Lascio la comoda sedia e mi unisco al rivoluzionario gruppetto di persone.

Non tarda ad arrivare il ragazzo della security, che ci invita a riprendere il nostro posto.

Rifletto: è il suo ruolo, è per evitare che qualcuno si faccia male. Avrà certo ricevuto istruzioni in tal senso, mantenere l’ordine.

Mi guardo attorno, proprio non riesco a tornare a sedere! A fianco a me un’aiola interrompe la fila di transenne, al di là c’è la zona esterna alla platea, quella occupata dall’informe branco di coloro che non partecipano formalmente al concerto.

Scavalco l’aiola, ed esco. Mi ritrovo a due metri da dov’ero prima, ma ora sono fuori, ora posso ballare liberamente, assieme a molta altra gente. Il pensiero di quanto possa fare la differenza un passettino laterale mi strappa un sorriso. La visuale del palco è peggiorata, ma chi se ne frega? La musica arriva potente.

Da ‘fuori’ ballo pericolosamente assieme ad una moltitudine di persone, e osservo quelle ligie da cui mi sono appena allontanato, sedute al sicuro al proprio posto. Avverto in loro un’enorme energia repressa: ma sicuramente è tutto nella mia testa. Comunque non m’importa, ora posso muovermi liberamente.

Questi anni di restrizioni mi hanno insegnato a riconoscere e dar voce allo spirito libero che è in me.

Nulla tornerà più come prima, per fortuna ho smesso di credere alla favola di Adamo ed Eva.

La spontaneità della patata


Ecco il raccolto di stamattina.

Cosa c’è di speciale? Che queste patate non le ho seminate.

O meglio, sono il frutto di tuberi di piccole dimensioni sfuggiti al raccolto dell’estate passata, rimasti silenziosi nella terra in calma attesa per tutto l’inverno, scampati ai famelici denti della moto zappa che li ha sparpagliati qua e là nel terreno, e infine spuntati a macchia di leopardo un po’ ovunque, piccole timide piantine che ho trapiantato con cura dedicando loro un’area dell’orto, fra zucche e fagioli.

La loro tenacia mi ha stupito e mi è di insegnamento.

L’anno prossimo voglio essere ancora qui, accada quel che accada!

Grazie.

Democrazia e roulette


La roulette è un gioco sbilanciato a favore del banco, a causa dello zero: se esce quello, tu perdi a prescindere che abbia puntato sul nero o sul rosso e, alla lunga, la statistica fa sì che i capitali si ammassino nelle tasche del biscazziere.

Per questo evito di giocare: il gioco è truccato, e il trucco è talmente palese da passare inosservato.

Lo stesso vale per la democrazia di questo benedetto, assurdo bel paese (cit.).

Non serve che mi arrovelli per decidere se votare destra o sinistra, tanto chi va al potere verrà deciso in tutt’altra sede, stanze dei bottoni che vanno ben oltre quel teatrino della politica che ci viene mostrato come specchietto per le allodole.

Finora mi sono sempre fatto obbligo di andare alle urne, perché per ottenere quel diritto sono morte migliaia di persone.

Adesso ho capito che sono morte inutilmente: quel diritto è fasullo, è solo un modo per far credere al popolo di avere voce in capitolo. Andare a votare non fa che sancire la validità di quelle regole, come a dire: continuate pure così, che io sto al gioco.

Ebbene, io non gioco più. Non legittimerò col mio comportamento questa colossale presa per il culo, non mi vedrete più alle urne. Nemmeno per darvi la mia scheda bianca di protesta, o con una fetta di prosciutto nel mezzo e la scritta ‘mangiatevi pure questa’, perché sarebbe comunque una mia ratifica di questo sporco gioco.

Se dittatura dev’esserci, almeno che sia palese.