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Per sottrazione


Io non sono il mio nome.

Non sono lo sviluppatore software.

Non sono il marito, non sono il padre.

Non sono colui che scrive in un blog poco conosciuto, non sono l’appassionato di ciclismo, non sono il podista dilettante.

Non sono l’amico su cui puoi contare, non sono la persona inaffidabile che dice bugie.

Io non sono lo studente modello, né il lavoratore serio, né il pasticcione distratto che dimentica le cose e talvolta combina guai.

Non sono l’improvvisato strimpellatore di chitarra, né il canterino dalla voce incostante che ama esibirsi al karaoke così, tanto perché qualcuno gli presti attenzione.

Non sono i muscoli doloranti dopo un pesante allenamento, non sono le mani che tremano prima di una prova, non sono il cuore che si restringe dopo un dispiacere.

Non sono chi ha bisogno di sentirsi dire ‘bravo’, che cerca l’approvazione altrui per sentirsi a posto.

Non sono quel naso pronunciato, né quella nuca sfuggente; non sono quel paio di occhiali tanto temuti in gioventù, né quei capelli che iniziano ad ingrigire.

Non sono chi ama produrre manufatti in legno, non sono lo psico filosofo.

Non sono l’amante della montagna, né il sognatore perso davanti alla vastità del mare.

Già, il mare.

Neppure il mare è l’onda, nessuna di quelle migliaia di onde che lo increspano, lo rendono armonioso, talvolta temibile, minaccioso: il mare è lo spazio che permette all’onda di esistere.

Io non sono questo o quello. Io semplicemente sono, senza necessità di completare con alcuna connotazione positivista.

Sono lo spazio delle possibilità entro cui si concretizzano quelle manifestazioni accidentali che costruiscono una personalità illusoria.

Io sono il vuoto, e a questo voglio ritornare, perché questo è il mio senso di esistere.

A me che sono, semplicemente sono.

Il diapason


L’altro giorno con alcuni amici si discuteva del fatto che siamo gli unici responsabili della nostra felicità; l’obiezione di una di loro è stata degna di attenzione, perché secondo me ha centrato un punto cruciale.

Per farci notare quanto sia difficile convincersi che le cose stiano davvero così, l’amica in questione ha raccontato un episodio che le era accaduto giorni addietro, quando andando a lavoro con lo scooter ha fatto una manovra che un automobilista ha giudicato azzardata, ed è stata pertanto pesantemente insultata con conseguente inizio della giornata in uno stato d’animo pessimo.

A questa obiezione mi viene da rispondere pensando al diapason.

Il diapason produce normalmente il LA e viene utilizzato per accordare gli strumenti musicali, ma a seconda della lunghezza dei suoi rebbi può produrre svariate tonalità; lo tiro in ballo perché ci permette di osservare un fenomeno parecchio interessante: quando due diapason che producono la stessa nota sono vicini, se percuotiamo il primo facendolo entrare in vibrazione, la nota emessa produrrà la stessa oscillazione anche nel secondo, che entra in risonanza.

In pratica il primo vibra, fa vibrare l’aria attorno a sé e l’aria, a sua volta, fa vibrare il secondo, che emette la stessa nota.

Ma se il secondo, invece di produrre il LA, fosse stato strutturato per produrre ad esempio un SOL, allora sarebbe rimasto immobile, indipendentemente da quanto forte avessimo percosso il primo.

Il diapason si lascia influenzare per risonanza da un altro solo quando viaggia sulla stessa lunghezza d’onda.

Intuisci dove voglio arrivare? E’ certamente vero che non posso trascurare le influenze del mondo esterno sui miei stati d’animo, ma è altrettanto vero che questo non mi deresponsabilizza affatto: se un insulto ha il potere di destabilizzarmi, significa che viaggio su frequenze troppo basse, ed è su questo che devo lavorare, iniziando intanto ad osservare il fenomeno in modo neutro, senza giudizio.

Ti ricordo che siamo fatti di energia, in ultima analisi di onde elettromagnetiche, e che l’attività cerebrale si misura appunto in base alla frequenza di queste ultime.

Ti sembra dunque così azzardato pensare che siamo dei complessi diapason soggetti a fenomeni di risonanza?

Le oscillazioni della vita


La nostra economia sta attraversando un periodo di crisi, non c’è media che si stanchi di ricordarcelo. Mi chiedo, ma cos’è esattamente questa crisi? E soprattutto, se adesso stiamo peggio di prima, vuol dire che un tempo stavamo meglio, eppure non ricordo alcuna notizia che dicesse: “l’economia sta attraversando un periodo di abbondanza”; ne deduco che dev’essere parecchio tempo che le cose non fanno che peggiorare… o forse la vera risposta è in questo articolo.

Sicuramente ci rendiamo più conto dei peggioramenti che dei miglioramenti… in ogni caso, è innegabile che la crisi riguardi anche le nostre vite: ti sarà certamente capitato di affrontare dei periodi negativi, in cui tutto sembra andare per il verso sbagliato…

Ebbene, con questo articolo vorrei dare una lettura fuori dal solco del fenomeno, chiamandolo col suo vero nome: opportunità.

Partiamo da qui: secondo te, data una situazione di equilibrio è possibile raggiungerne una migliore? La risposta è si, ma ad un prezzo: rompere l’equilibrio, e passare di conseguenza attraverso una fase di crisi.

Un esempio? La tua casa è mal disposta, dovresti buttar giù quel muro e aprire una porta in quell’altro. Chi ha vissuto questa esperienza non avrà esitazioni a chiamarla ‘periodo di crisi’, soprattutto se si è occupato di rimuovere la polvere lasciata in giro dai muratori. Eppure è stata una crisi necessaria, vissuta con fastidio sì, ma con la prospettiva di un futuro migliore, perché finalmente ci si è potuti comprare quella cucina che ci piaceva tanto.

Un altro esempio: sono stanco dell’attuale posto di lavoro, decido di cambiare; dovrò passare iniziali momenti di difficoltà, in cui mi trovo ad essere l’ultimo arrivato, a dovermi ambientare, privo di punti di riferimento; ma dopo qualche mese, quando sarò entrato a far parte degli ingranaggi della nuova macchina, sarò ripagato di tutti gli sforzi.

Ogni fase di assestamento deve passare per un brutto periodo, e la mia lettura vuole che sia vero anche il viceversa: ogni brutto periodo deve significare una transizione verso un equilibrio migliore.

Ecco come la vedo io:

crisi

Come vedi, nella figura sono rappresentati gli alti e i bassi della vita, ma con un’importante caratteristica: ogni punto di massimo è più alto di quello precedente; potrai obiettare che potrebbe anche essere il contrario, cioè che sia più basso, ma io ribatto che questo è quello che accade a chi insiste a riempirsi la bocca con la parola crisi e a piangersi addosso invece di cogliere le opportunità.

Credo fermamente che le persone che hanno raggiunto il successo (qualsiasi cosa significhi questa parola, raccomandati esclusi) abbiano ragionato così.

A chi è sportivo, questa figura ricorderà anche il meccanismo della super compensazione: a seguito di uno sforzo prolungato, le energie del corpo si abbassano raggiungendo una soglia minima. Segue poi una fase di recupero in cui si riacquistano le forze, che è fondamentale nell’allenamento: in questa fase, il corpo non ritorna esattamente ai livelli potenziali in cui si trovava prima, ma un po’ al di sopra: è per questo che periodi di sforzo opportunamente intervallati da periodi di riposo producono un miglioramento della risposta fisica.

E se questo vale per il corpo, perché mai non dovrebbe applicarsi al cervello, o alle dinamiche della vita? Il corpo umano non è che un’applicazione di principi di funzionamento universali su cui poggia ogni fenomeno fisico.

Illazioni, certo, speculazioni. Mica ho le prove scientifiche di ciò che dico.

Ma se poi funzionasse?

La traiettoria della palla e dell’onda (parte seconda)


Ci siamo lasciati mentre giocavi a palla in giardino; bravo, fai bene a giocare anche se sei adulto, il gioco è il modo più efficace per imparare cose nuove.

Adesso però rendiamolo più interessante: invece di lanciare una palla attraverso due porte, proviamo a lanciarne un frammento piccolissimo, addirittura una molecola, attraverso fenditure ridotte delle debite proporzioni (ti ricordo che la molecola è la più piccola parte in cui puoi dividere una sostanza mantenendone inalterate le caratteristiche: una molecola di acqua possiede tutte le proprietà dell’acqua ed è, a tutti gli effetti, acqua; se procedi oltre nella sua scomposizione in atomi, invece, perdi l’identità della sostanza di origine: nella fattispecie ti ritroverai con atomi di ossigeno e idrogeno, molto diversi dall’acqua).

Ora, siccome il concetto di ‘molecola di palla’ è piuttosto indefinito, ti suggerisco di provare l’esperimento seguendo le tracce dei fisici, che lo hanno eseguito usando molecole di fullerene, composte da 60 atomi di carbonio (non so dove si possa comprare del fullerene a buon mercato, lascio a te i dettagli di implementazione).

Le condizioni dell’esperimento sono di fatto le stesse, cambia solo la scala, che adesso è a livello microscopico. Dopo un bel po’ di lanci di queste ‘piccole palline’ ci dovremmo pertanto attendere,  nella parete retrostante (che adesso è qualcosa di simile ad una lastra fotografica, in grado di registrare i punti di impatto delle molecole), due strisce più marcate in corrispondenza delle due fenditure.

E invece, sorpresa! Un puntino dopo l’altro, quello che si viene a comporre non è una doppia striscia, ma una serie di strisce di interferenza, come se invece di utilizzare palline avessimo usato onde!

Esperimento della doppia fenditura

Come dobbiamo interpretare tutto questo? Le particelle a livello microscopico hanno dunque un comportamento ondulatorio, che diventa corpuscolare quando le dimensioni aumentano? Se le cose stanno così, a che scala avverrebbe il cambiamento?

Ma lo sconcerto aumenta se si riflette bene su quello che è successo: noi abbiamo lanciato una molecola alla volta, e ciò è testimoniato chiaramente dal fatto che dall’altra parte appare un singolo puntino per volta; quindi, quando arriva a destinazione, la molecola è chiaramente ‘una pallina’. Però, la sua traiettoria viene decisa come se fosse un’onda: detto in altri termini, sembra che la particella interferisca con sé stessa. Sembra cioè che parta come particella, diventi onda mentre è in viaggio (e non interagisce con alcunché) e si ritrasformi in particella alla prima interazione con qualche altra sostanza (la lastra fotografica).

A questo punto ti potresti chiedere: ma da quale delle due fenditure è passata la molecola-pallina? Quando giocavo felice nel mio giardino la traiettoria era piuttosto evidente, ed era chiaro che era passata da una oppure dall’altra parte. Ebbene, lascia da parte le tue certezze: in questo caso, la risposta è che la pallina è passata da entrambe le fenditure, oppure da nessuna, oppure meglio ancora che la domanda che hai fatto è priva di senso e pertanto non ha risposta!

yinyang

La verità che ha sconvolto i fisici del primo novecento è proprio questa: finché non effettui una misurazione, la realtà sottostante è indeterminata; ma attenzione: quando dico indeterminata, non intendo in senso blando (la traiettoria esiste, ma io non la conosco), intendo proprio indeterminata: la traiettoria non esiste, e solo la sua misurazione la porta ad esistenza.

A livello microscopico, dunque, non esiste una realtà fatta in un modo o nell’altra indipendentemente dal fatto che la si osservi o meno; l’osservatore contribuisce alla creazione della realtà attraverso il processo di misurazione.

Young

Se tutto questo ti risulta nebuloso, proseguiamo con l’esperimento, non può che peggiorare.

Non sei convinto di quanto dico, e alla fine pretendi una risposta alla domanda ‘da che parte è passata la molecola?’. Quindi, furbo come una faina, piazzi un rilevatore di fullereni, preso in un negozio di cineserie, nei pressi di una delle due fenditure, in modo che ti informi se la pallina è passata di lì, pur lasciandola proseguire indisturbata (questo almeno è quello che credi). Ovviamente viene fuori che nel cinquanta per cento dei casi la molecola passa da una parte, e nel restante cinquanta passa dall’altra (“Visto? lo sapevo!”, dici trionfante).

Certo, ma osserva cosa succede nella lastra fotografica: la figura di interferenza è sparita, adesso è come se non ci fosse più comportamento ondulatorio! Sembra proprio che le particelle ti prendano per i fondelli; siccome volevi conoscere un’informazione circa lo stato corpuscolare della particella, questa ti ha accontentato, ma al prezzo di nasconderti le informazioni di tipo ondulatorio. Essa possiede entrambe le caratteristiche, ma tu sei condannato a conoscerne solo una per volta, non entrambe allo stesso tempo! Fra l’altro ti domandi: ma come faceva la molecola a sapere, quando è partita, che poco dopo la fenditura avrebbe trovato un rilevatore e quindi che doveva assumere aspetto corpuscolare?

Esperimento delle due fenditure senza interferenza

Quello che succede, in termini non rigorosi, è questo: la molecola parte dal nostro ‘fucile a fullereni’ ed assume una traiettoria indeterminata, propagandosi come un’onda in tutte le direzioni; finché non incontra nessun’altra particella, l’indeterminazione persiste, ed è come se la molecola esistesse in più posti allo stesso tempo, anche se solo a livello ‘potenziale’; non appena avviene un’interazione significativa con altre particelle (quello che noi chiamiamo ‘misurazione’), l’indeterminazione scompare, e tutti questi diversi stati potenziali sovrapposti (la pallina è qua, là, altrove tutto allo stesso tempo) collassano in un’unico stato (la pallina è là), lo stato che ci è tanto familiare.

Ed il collasso è probabilistico: la pallina apparirà là con una certa probabilità. Più ripetizioni dello stesso esperimento non condurranno a stessi risultati: ecco che quello che la teoria della relatività sembrava averci tolto, il libero arbitrio negato da una realtà predeterminata e bloccata, adesso ci viene restituito a piene mani dalla fisica quantistica, ed in un modo così sconcertante e affascinante al tempo stesso!

Ma la teoria, che a questo punto diventa piuttosto speculativa, ci porta ancor più giù nella tana del Bianconiglio: un possibile modo di interpretare le cose è che esistano infiniti mondi, uno in cui la palla va a destra, uno in cui va un po’ più a sinistra, uno in cui va su, ecc. ecc.; quando effettui la misurazione, ti scindi in tanti te stesso, ed ogni copia di te percepisce una delle possibili traiettorie come reale (mentre in realtà tutte lo sono, e per ognuna esiste una copia di te convinta di essere unica e di aver colto in flagrante la pallina nel suo passaggio, ad esempio, per la fenditura di destra!).

Gli esperimenti che qui ti ho riportato sono reali e fuori discussione, e sono stati eseguiti per la prima volta usando fotoni (l’unità fondamentale di luce), quindi elettroni e, solo da ultimo, molecole quali i fullereni; le spiegazioni del loro perché sono invece più controverse; è indubbio tuttavia che le implicazioni sul nostro modo di percepire il mondo siano notevoli, che si voglia o meno credere alla teoria dei molti mondi. Per ora non andrei oltre, spero comunque di averti lasciato qualche spunto di riflessione e, perché no, la voglia di approfondire la tematica, che per me è estremamente affascinante e coinvolgente.

E le sorprese non finiscono qui: ma ne parleremo in uno dei prossimi articoli.

Riferimenti bibliografici:

Colin Bruce – I conigli di Schrödinger. Fisica quantistica e universi paralleli

David Lindley – La luna di Einstein. Chi ha detto che è impossibile capire la meccanica quantistica?

La traiettoria della palla e dell’onda (parte prima)


Immagina di essere in giardino con una palla; davanti a te, ad una ventina di passi, un muro bianco. Calci la palla in modo deciso e questa, seguendo una traiettoria rettilinea, colpisce il muro in un qualche punto. La palla è sporca di fango, per cui lascia un evidente segno nella zona di contatto. Immagina di ripetere più volte l’esperimento (magari prima che arrivi il proprietario del muro): alla fine questo risulterà macchiato in un modo che dipende dal numero e dalla posizione delle collisioni: marcatamente dove è stato colpito più volte, moderatamente altrove.

Adesso complichiamo le cose: mettiamo un altro muro fra te ed il precedente, con una porta aperta; il gioco consiste nel ‘fare goal’, ossia far passare la palla attraverso l’apertura. E’ evidente che a questo punto le collisioni nel muro retrostante andranno a disegnare una figura che riflette la posizione dell’apertura: ci sarà una zona maggiormente segnata e le tracce di fango degraderanno via via che ci si allontana da essa.

palla-uno

Bene. Adesso cambiamo gioco. Sei in riva ad un laghetto; un muro ne delimita il bordo dalla parte opposta a quella in cui ti trovi. Sulla superficie galleggia del materiale fangoso. La giornata non è ventosa, pertanto il lago è in quiete, non vedi una sola increspatura. A questo punto prendi un sasso e lo getti in acqua. Dal punto in cui il sasso si è immerso puoi notare che si dipartono delle onde concentriche, che sollevano e abbassano la superficie dell’acqua, fino a smorzarsi ai bordi del lago. Le onde raggiungono ovviamente anche il muro, lasciandovi tracce di fango in modo più evidente nei punti dove è arrivata la cresta dell’onda. Lanci più sassi nel lago: anche in questo caso si viene a creare una figura nel muro, che dipende dal numero di sassi e dalla posizione in cui questi hanno incontrato l’acqua.

Come prima, introduciamo una complicazione: un muro al centro del lago, che lo separa in due metà comunicanti attraverso la solita apertura. Le onde che generi con i tuoi sassi adesso raggiungeranno il muro retrostante solo dopo essere passate per il varco, che le ‘costringerà’ a colpirlo in modalità più prevedibili: otterrai, come nel caso della palla, una zona centrale maggiormente segnata che degraderà via via che ci si sposta verso la periferia.

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Il risultato ottenuto è simile, anche se i fenomeni appartengono a categorie che, almeno a prima vista, sono concettualmente molto distanti.

Dove sta la grossa differenza fra i due fenomeni? Per capirlo, devi pensare di avere non una, ma due aperture nel muro. Cosa succede nel caso della palla? Ebbene, tu deciderai di farla passare ora di qua, ora di là: dall’altra parte si verranno ad evidenziare due zone distinte, individuate dai punti a più frequente contatto.

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E nel caso dell’onda? Attenzione: in questo caso succede una cosa completamente diversa, perché la singola onda, che si diparte dal sasso, raggiunge le due aperture del muro intermedio; dall’altra parte si dipartiranno due movimenti ondosi, che interferiranno l’un l’altro: se l’avvallamento di un’onda si somma alla cresta dell’altra, il risultato è zero: le onde, in quel punto, si annullano a vicenda; viceversa, se due creste si incontrano, il risultato è doppio: si rafforzano a vicenda. Nel muro non troverai pertanto due segni marcati, ma delle strisce di interferenza, la cui struttura è funzione del fatto che i due movimenti ondosi in quel punto si siano reciprocamente rafforzati, annullati o depressi.


onda-due

Tieni presente che ho descritto il fenomeno con parole mie, in un modo che mi aiuta a capirlo anche se sicuramente non rigoroso dal punto di vista scientifico. Se risultasse chiaro anche a te, preoccupati: potresti avere una struttura cerebrale simile alla mia. Se invece non risultasse poi così chiaro, prova a gettare contemporaneamente due sassi nell’acqua e osserva come si comportano i due treni di onde che si vengono a creare: noterai qualcosa di simile al mio disegno.

A questo punto ti chiederai dove voglio arrivare; forse risulterà più chiaro nel seguito della mia dissertazione, anche se per ora i punti fermi a cui siamo giunti sono: esistono due entità profondamente diverse, le onde e le particelle, e nella nostra visione dualistica del mondo le une escludono le altre; o mi trovo di fronte ad un fenomeno ondoso, e questo ha caratteristiche ben precise, oppure di fronte ad un fenomeno corpuscolare, con tutt’altre regole di funzionamento.

Ma siamo proprio sicuri che la realtà sia questa?

Per il momento credo di averti annoiato a sufficienza, mi fermerei qui. In uno dei prossimi articoli dirò come questi concetti, ora applicati su scala macroscopica, possano riferirsi anche a particelle subatomiche, su scala microscopica: se avrai la pazienza di seguirmi, vedremo che questo ci riserverà parecchie sorprese!

Riferimenti bibliografici:

Colin Bruce – I conigli di Schrödinger. Fisica quantistica e universi paralleli