Archivio mensile:novembre 2017

Dopo una buona bottiglia di rosso


Oggi ho un sacco di cose da fare… non so proprio da che parte cominciare.

Beh… potrei cominciare dall’inizio! Eh già, come ho fatto a non pensarci prima? Mi sembra proprio un’idea geniale! Comincerò dall’inizio!

Già… il vero problema è trovarlo… l’inizio… fra tutte le cose che ho da fare, non sarà semplice… allora comincerò col cercarlo, l’inizio!

Giusto, una volta trovato quello, ogni cosa verrà da sé.

Eh, vedi però come sono fatto! Mi convinco della necessità di fare una cosa, certo che si tratti di quella giusta, e pochi secondi dopo eccomi a fare tutt’altro! Com’è volubile l’essere umano, vero?

D’altra parte mi sembra ragionevole iniziare a cercare il punto di partenza… in fondo è pur sempre un’ottimo punto di partenza.

Un momento! Ma se così stanno le cose… allora è inutile che mi affanni a cercarlo… l’ho appena trovato! Che sciocco, stavo per mettermi a fare una cosa inutile.

Bene. La buna notizia è che si comincia a smarcare la lista delle cose da fare, la prima è andata.

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Ok, e adesso? Qual è il prossimo passo?

Ovvio, aggrediamo subito la seconda voce in lista. Già… ma qual è la seconda? Ne sono rimaste ancora parecchie… beh, ma se una strategia ha funzionato con la prima, perché mai non dovrebbe funzionare con le altre?

Oggi sono decisamente soddisfatto dei miei ragionamenti. Sarà sicuramente una giornata produttiva!

A questo punto non mi resta che proseguire iniziando da qui.

Quello che (non?) ho capito delle donne


Se ti dicono “sì”… molto probabilmente intendono “no”. Se ti dicono “fai come credi” non sentirti tranquillo: il vero messaggio è “la pagherai in seguito”. Se ti comunicano la loro opinione, oggi, non scordarti di ricontrollarla, domani: potrebbe nel frattempo essere cambiata. Ed in ogni caso riusciranno a convincerti che avevi capito male.

Ecco come percepisco la maggior parte delle donne che mi trovo a frequentare: incostanti, lunatiche, contraddittorie, imprevedibili. Quello che ho capito di loro… è che non ho capito un bel niente. Beh, fin qui… decanto la scoperta dell’acqua calda.

Lettore di sesso maschile, ti sta chiedendo perché mai ci si dovrebbe affannare alla ricerca di una comprensione che probabilmente non arriverà mai? Ebbene, credo che un motivo valido ci sia… e, pur se mi riconosco affetto dal materialismo che spesso mi si attribuisce, non dipende da necessità legate a meccanismi chimici di complementarietà sessuale.

Più passa il tempo e si accavallano le esperienze, più mi fermo a riflettere, e più mi convinco che la Vita è esattamente come le donne; infinite volte mi sono sforzato di applicare la mia razionalità per trovarle un significato, senza cavare un ragno dal buco. Probabilmente perché l’approccio di tipo logico che ho adottato non è in grado di portare da nessuna parte, come ho già rimarcato in un altro articolo.

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Ed allora… mi sto lentamente convincendo che, proprio nella loro imperscrutabilità, le donne sono più vicine all’essenza delle cose, non fosse altro perché sono in grado di donarla, la Vita… e che abbandonare la mia razionalità e perseverare in questo apparentemente inutile sforzo, ma con diverso approccio metodologico, anzi… abbandonando ogni tipo di approccio metodologico, mi farà avvicinare ad una comprensione più vera, finalmente libera dai legacci della mente razionale: la comprensione delle donne e, di riflesso, del senso della Vita.

Beh dai non ho la pretesa di raggiungere appieno l’obiettivo, caso mai di avvicinarmici asintoticamente… accidenti… visto? Che ti dicevo? La mia razionalità è decisamente dura a morire…

Il collega chiacchierone


Attualmente lavoro come programmatore; di norma mi occupo di creare componenti software che vengono poi utilizzati dai miei colleghi per sviluppare il prodotto finale.

Siccome non sono proprio al livello di Bill Gates, spesso capita che ciò che ho messo a punto non funzioni come atteso, e quindi mi ritrovi ad affiancare il povero collega di turno che non riesce ad ottenere il risultato sperato.

Di solito si tratta di malfunzionamenti di cui lui (o lei), non conoscendo la parte da me sviluppata, non è stato in grado di trovare la causa, e pertanto si trova costretto a rivolgersi a me.

Ora, normalmente la dinamica è la seguente: io mi siedo a fianco del collega e questi inizia a spiegarmi cosa non funziona.

Il fatto è che non si limita semplicemente a descrivermi il malfunzionamento nudo e crudo, ma lo decora con una serie infinita di dettagli sulle prove che ha fatto, le congetture che hanno portato a tali prove, le situazioni in cui invece funziona tutto. Anzi, spesso parte proprio da queste: mi illustra tutta una serie di casistiche in cui il programma lavora come dovrebbe, quasi a rassicurare me e sé stesso che è stato fatto tutto a regola d’arte, e che quell’unico caso di malfunzionamento è decisamente inspiegabile…

Ci sono addirittura casi in cui tutto questo parlare lo porta a trovare da sé la spiegazione… ed allora mi ritrovo a svolgere più la funzione di psicanalista che di consulente software… ma di questo ho già parlato.

Io ascolto il paziente che racconta i propri sintomi, ma dentro di me inizio a spazientirmi… tutto questo polverone non mi aiuta a capire, vorrei solo vedere il malfunzionamento e basta.

La situazione si aggrava quando, terminata l’introduzione, mi accingo a debuggare il programma per trovare la soluzione; a questo punto, lo zelante collega non si zittisce affatto: inizia ad elencare le proprie ipotesi, i propri suggerimenti, le proprie offerte di aiuto. Io d’altro canto vorrei solo che tacesse e rimanesse a disposizione per darmi le sole informazioni di cui ho bisogno, non tutte quelle che lui ritiene opportuno dovermi fornire.

Nei giorni in cui mi sento meno Zen mi verrebbe da urlargli: “Senti, qui c’è un problema: non mi interessa l’elenco dei non problemi, devi solo dirmi cosa non va; tieni pure le tue ipotesi per te, se fossero valide ti avrebbero già condotto alla soluzione e adesso non mi troverei qui a sentire tutte queste inutili chiacchiere!”

Ma si tratterebbe evidentemente di uno sfogo inopportuno, tanto più che i suggerimenti esterni possono rivelarsi preziosi: il punto è che dovrebbero arrivare quando servono, non fluire alla rinfusa quando ancora non si è avuto modo di far mente locale; pensare con la testa sgombra da condizionamenti e preconcetti è essenziale per ragionare con efficacia.

Quindi scelgo l’unica strada diplomaticamente accettabile: mi sforzo di concentrarmi sul monitor e di non ascoltare il chiacchiericcio che fluisce ininterrotto al mio fianco. Questo però comporta fatica, e rallenta il compimento del lavoro.

chiacchierone

L’altro giorno, dopo uno di questi episodi, è maturata in me la riflessione: io mi trovo sempre in questa situazione!

Già, mi trovo sempre in questa situazione, anche quando non c’è lo zelante collega! Il chiacchiericcio incontrollato e rumoroso è sempre presente nella mia testa… e sono pronto a scommettere che è anche nella tua! Il nostro personale collega incorporato!

Lui è la causa di questo incessante dialogo interiore che mi distoglie da ciò che sto facendo, portandomi a pensare ad altro, ad anticipare ipotetici e spesso problematici eventi futuri, a rivivere eventi passati spesso generatori di emozioni negative, a ripetere mentalmente il ritornello della canzone sentita poco prima alla radio, a vivere in un mondo simulato tralasciando l’unico, concreto momento presente!

Sto avvitando una vite… e la mente divaga sulla necessità di tagliare l’asse di legno… sto pesando la pasta, e intanto penso alla necessità di tagliare l’erba in giardino… mi sto lavando i denti… ed il collega interiore mi parla di un torto subito…

Come si fa ad operare bene in questa situazione? Impossibile! Certo, dei risultati si ottengono… ma a prezzo di che fatica? E sono risultati ottimali?

Prima di lamentarmi del collega ‘vero’… sarà dunque il caso di porre rimedio a quello interiore, ahimé presente anche fuori dall’orario di ufficio… mi segue ovunque vada ed è molto, molto più assillante!

Non dico di farlo fuori, questo no… ma farlo parlare solo quando serve… e quando non serve lasciarmi finalmente vivere la quiete del silenzio interiore!