Archivio mensile:novembre 2020

La sequenza


Ho in mente un’idea favolosa che voglio trasmettere scrivendo questo articolo; cerco di andare con ordine, se butto giù i concetti alla rinfusa rischio di non farti capire nulla.

Devo seguire un filo logico ma ho molte difficoltà, perché è difficile imporre una sequenza a pensieri molto legati fra loro; la tentazione di divagare è sempre dietro l’angolo.

Ad esempio ora sto pensando di entrare nell’argomento ‘X’, a cui voglio poi far seguire ‘Y’, e mi accorgo che potrei altrettanto efficacemente collegare ‘Z’, ma in tal caso la storia prende un’altra piega.

Mi sento come quando leggo un libro in cui sono presenti molte note a piè di pagina: che fare, seguire il flusso principale e poi tornare sulla nota in un secondo momento, oppure leggerla subito? Ma allora perché mettere una nota, se andava letta subito? Forse è di secondaria importanza? Allora posso scegliere di ignorarla? Ma così rimarrò sempre con la curiosità sul suo contenuto.

Ricordo anche quando da ragazzino leggevo le storie a bivi di Topolino: che bivio scelgo? Ho seguito tutte le strade alternative? Che frustrazione!

Certo, alla fine arriverò a toccare tutti i punti che interessano e il quadro ti sarà comunque chiaro, indipendentemente dalla sequenza scelta per snocciolare i concetti; forse qualcuna sarà più chiara, qualcun’altra più contorta.

Il punto è che non posso prescindere da una sequenza: devo mettere in fila gli argomenti, e prima ancora individuarli, isolarli, separarli.

Sembra un problema intrinseco alla comunicazione; è un po’ come accade nella trasmissione dati in Internet: il tuo ordine su Amazon viene suddiviso in componenti (nome destinatario, indirizzo di spedizione, articolo, quantità, ecc.) da inviare poi in sequenza, una lettera alla volta, nella rete.

Ma certo! La comunicazione! Potrebbe dipendere da questo il mio modo di vedere la realtà!

Mi sono sempre domandato perché non riesco a concepirla per quello che è, ossia un continuo, ma devo passare per una sua discretizzazione vedendo separazione laddove non esiste: questa è una sedia, là c’è un tavolo, lì una porta… illusioni! La realtà è priva di separazioni, sono io che le introduco artificiosamente, ma perché? Perché ne ho bisogno?

Anche lo scorrere del tempo è un’illusione: passato, presente e futuro coesistono in un blocco statico, almeno così insegna la teoria della relatività, eppure io mi sento in divenire, fluendo da un passato che non esiste più verso un futuro che non esiste ancora. Perché?

E se la risposta fosse proprio nella sequenza dei messaggi? Se la percezione della realtà fosse una sorta di comunicazione che avviene fra l’Universo e me?

L’Universo mi sta ‘comunicando’ come è fatto ma, esattamente come accade a me quando scrivo, non può trasmettere tutto assieme, altrimenti non capirei: allora mette l’informazione in pacchetti e li manda in una certa sequenza.

L’informazione mi raggiunge così parcellizzata e per gradi, un pezzo alla volta: questo spiegherebbe il fatto che percepisco una sedia separata da un tavolo, e una porta che si apre prima che qualcuno entri.

Una speculazione alquanto azzardata, ma estremamente affascinante.

Ma a parte questa divagazione, torniamo all’idea che volevo trasmetterti all’inizio.

Ehm…

Ecco, lo sapevo, mi sono perso nei meandri della storia a bivi, e ora non la ricordo più!

Il Barattolo delle Viti Strane


In cantina tengo le viti in barattoli appesi ordinatamente sotto ad una mensola, suddivise per diametro e lunghezza; quando lavoro è importante avere a portata di mano il necessario senza dover perder tempo a cercarlo nel bel mezzo di un’attività.

Catalogo le viti rigorosamente ad ogni acquisto; talvolta però me ne capitano sottomano alcune di recupero che mi dispiace buttare, perché l’esperienza mi ha insegnato che potrebbero sempre tornare utili, ma la cui misura non rientra fra quelle già in mio possesso; che fare?

Siccome mettere a disposizione un intero barattolo per una sola o poche viti mi sembra eccessivo, ho adottato la soluzione del Barattolo per le Viti Strane, nel quale ripongo tutte quelle che non riesco a classificare.

Il Barattolo delle Viti Strane

Col tempo il Barattolo si è riempito, arricchendosi di viti di ogni forma e dimensione.

Nell’ordinarietà dei miei lavori di bricolage raramente lo prendo in considerazione ma… ci sono momenti in cui mi sento in difficoltà, perché non trovo una vite che faccia al caso mio, mentre la smania di portare a termine il lavoro preme impietosa.

Allora lo apro, carico di speranze: “Barattolo delle Viti Strane, solo tu puoi salvarmi!”

Lo rovescio: rotolano fuori viti dalle forme più disparate, viti fino a quel momento inutili che diventano improvvisamente indispensabili! La mano che fruga frenetica in mezzo a loro mi riporta ai tempi in cui da bimbo cercavo nella scatola dei Lego, dove li tenevo metodologicamente alla rinfusa, alla ricerca del Pezzo più adatto; Pezzo della cui esistenza neppure ero certo: era un po’ come se cercarlo là, in mezzo a quel disordine, lo facesse in qualche modo materializzare.

Che metafora meravigliosa! Mi piace sentirmi un po’ Vite Strana.

Mi piace vivere in un Barattolo del genere, mondo di uguali perché tutti strani.

Prima o poi troverò la mia collocazione, anche se ho misure che non rispettano gli standard.

Eventuale lettrice, ti prego di mettere da parte ogni malizia.

Andare oltre le masturbazioni cerebrali


Lo so, me ne rendo conto: sono solito perdermi in infinite masturbazioni cerebrali. La buona notizia è che godo un sacco, e in piena autonomia.

Con questa freddura mi piace introdurre un tema che mi è caro: andare oltre i propri limiti.

Quante volte mi è capitato di ritrovarmi al punto di partenza, dopo innumerevoli sforzi per cambiare qualcosa che non mi piace! Che frustrazione, sentirmi in un circolo vizioso dal quale non riesco a uscire, imbrigliato nell’incantesimo dell’eterno ritorno.

Poi, nel mio percorso formativo, mi imbatto nel paradosso del cambiamento: accettarsi come punto di partenza per cambiare. Capisco così che i limiti non vanno superati, quello è solo un puerile atteggiamento della mente: i limiti vanno trascesi.

Trascendere significa ampliare il proprio spettro di analisi, aggiungere una dimensione, sopraelevarsi sul labirinto.

Già, perché se ragiono solo in due dimensioni, effettivamente sono in un circolo chiuso da cui non posso uscire; il problema però non sta nel circolo, ma nello spazio angusto in cui mi sono arbitrariamente costretto.

Che succede se aggiungo una terza dimensione? Ecco che quel circolo, grazie alla sua stabilità che tanto mi turbava, diventa un affidabile mattone con cui posso costruire qualcosa, nello spazio più ampio nel quale mi rendo ora conto di trovarmi.

Passaggio da 2D a 3D

O magari capisco che non è affatto un circolo, ma una ‘molla’ che si innalza verso l’alto, lungo la terza dimensione, solo che non me ne accorgevo a causa della mia visuale limitata, perché una molla vista dall’alto si riduce a un cerchio. Scopro allora che non torno mai al punto di partenza, sto invece crescendo lungo una direzione che non avevo considerato.

La molla appiattita

Trascendere significa aggiungere una dimensione al problema, vederlo in una prospettiva più ampia, chiedendosi: “come posso sfruttare questa situazione che non posso cambiare?” oppure: “che insegnamento posso trarre da questa situazione? Cosa dice di me?” oppure ancora: “che vantaggio secondario garantisce questa situazione? Quale secondo fine persegue il mio inconscio mantenendomi inchiodato nello status quo?

Arrivo così a comprendere che non c’è limite al numero di dimensioni che posso aggiungere, e che il processo di crescita mi porta a sentirmi sempre e comunque stretto entro i limiti in cui mi trovo.

Ma questa non è che l’ennesima masturbazione cerebrale: torniamo così al punto di partenza.

Su un’ottava più elevata.

Conto quanto Kunta Kinte
E in quanto Kunta Kinte canto
Sulla mia schiena è stato tatuato un numero
La mia catena è come un filo del telefono
La mia condanna è che se mi fermo mi uccidono
La mia fortuna è che sto camminando in circolo
Sono primo io e sono l’ultimo
È un fatto tipico
Del gioco ciclico del ritmo mantrico

Kunta Kinte – Daniele Silvestri