Dedico questo articolo a te, amante della perfezione, che cerchi di nascondere o più radicalmente combattere ogni tuo difetto, e di riflesso lo dedico primariamente a me, che proietto all’esterno le mie dinamiche interiori, riprendendo concetti già espressi in un articolo precedente per declinarli sotto nuova luce.
La mia idea di perfezione è ben rappresentata da un campo appena arato (a proposito di uscire dal solco), mentre l’imperfezione è lo stesso campo invaso da erbacce infestanti.
Dopo aver visionato un illuminante video sulla permacoltura, ho compreso che quelle che pensavo fossero erbe dannose in realtà altro non sono che la sana reazione del terreno volta a ripristinare gli equilibri perduti.
Arare un terreno, scavando via lo strato erboso superficiale, è un po’ come togliere uno strato di pelle ad un essere vivente. Che succede quando si produce un’escoriazione? L’intelligenza dell’organismo si attiva per ripristinare la protezione perduta, al fine di evitare pericolose infezioni.
La funzione delle cosiddette erbe infestanti è proprio quella: creare uno stato protettivo che permetta ai microorganismi del terreno (al corpo di Gaia) di sopravvivere. Quella che io pensavo fosse un’imperfezione faceva invece parte di una Perfezione di ordine superiore, il primo passo per portare a un’evoluzione progressiva che vede il bosco come punto di arrivo: nessuna erba infestante, il terreno ricoperto da uno spesso strado di humus, alberi rigogliosi che proteggono il suolo così come un villoso strato di pelle abbronzata protegge dalle scottature. Ti è mai capitato, camminando nel bosco, di sentirti come una pulce sul corpo di un cane gigantesco?
Questo ragionamento mi porta diretto alle mie, di imperfezioni: sono forse il tentativo della mia intelligenza organismica di ripristinare equilibri perduti? Qual è il loro significato profondo, l’Ordine superiore sotteso ad un apparente disordine? Combattere i miei difetti (o più propriamente gli aspetti di me che reputo tali) non finirà con l’esacerbare la situazione?
Se parto dal presupposto che sono la versione migliore di me, date le circostanze ambientali a cui mi sono dovuto adeguare, il concetto di difetto si snatura completamente.
La domanda diventa dunque: qual è il bisogno profondo a cui ciò che chiamo imperfezione sta rispondendo alla perfezione?