L’altro giorno con alcuni amici si discuteva del fatto che siamo gli unici responsabili della nostra felicità; l’obiezione di una di loro è stata degna di attenzione, perché secondo me ha centrato un punto cruciale.
Per farci notare quanto sia difficile convincersi che le cose stiano davvero così, l’amica in questione ha raccontato un episodio che le era accaduto giorni addietro, quando andando a lavoro con lo scooter ha fatto una manovra che un automobilista ha giudicato azzardata, ed è stata pertanto pesantemente insultata con conseguente inizio della giornata in uno stato d’animo pessimo.
A questa obiezione mi viene da rispondere pensando al diapason.
Il diapason produce normalmente il LA e viene utilizzato per accordare gli strumenti musicali, ma a seconda della lunghezza dei suoi rebbi può produrre svariate tonalità; lo tiro in ballo perché ci permette di osservare un fenomeno parecchio interessante: quando due diapason che producono la stessa nota sono vicini, se percuotiamo il primo facendolo entrare in vibrazione, la nota emessa produrrà la stessa oscillazione anche nel secondo, che entra in risonanza.
In pratica il primo vibra, fa vibrare l’aria attorno a sé e l’aria, a sua volta, fa vibrare il secondo, che emette la stessa nota.
Ma se il secondo, invece di produrre il LA, fosse stato strutturato per produrre ad esempio un SOL, allora sarebbe rimasto immobile, indipendentemente da quanto forte avessimo percosso il primo.
Il diapason si lascia influenzare per risonanza da un altro solo quando viaggia sulla stessa lunghezza d’onda.
Intuisci dove voglio arrivare? E’ certamente vero che non posso trascurare le influenze del mondo esterno sui miei stati d’animo, ma è altrettanto vero che questo non mi deresponsabilizza affatto: se un insulto ha il potere di destabilizzarmi, significa che viaggio su frequenze troppo basse, ed è su questo che devo lavorare, iniziando intanto ad osservare il fenomeno in modo neutro, senza giudizio.
Ti ricordo che siamo fatti di energia, in ultima analisi di onde elettromagnetiche, e che l’attività cerebrale si misura appunto in base alla frequenza di queste ultime.
Ti sembra dunque così azzardato pensare che siamo dei complessi diapason soggetti a fenomeni di risonanza?
Si tratta di un giochetto contabile che ho imparato studiando economia; per illustrarlo partirò da un esempio, presentandoti innanzitutto i miei amici Paolo, Carlo ed Anna.
I miei amici vivono in uno strano paese, isolato dal resto del mondo e del quale sono gli unici abitanti; ciascuno ha una dotazione iniziale in moneta e dei beni per il soddisfacimento dei reciproci bisogni; non è il caso di scendere troppo nei dettagli, sappi solo che:
Paolo è il più ricco, possiede 90 mercuzi e sogna di acquistare il bene A, posseduto da Carlo, del valore di 70 mercuzi;
Carlo non è molto ricco in termini monetari, possiede solo 30 mercuzi, però ha due beni molto richiesti: il bene A, tanto agognato da Paolo, ed il bene B, del valore di 50 mercuzi, desiderato da Anna; sfortunatamente, per soddisfare i propri bisogni necessiterebbe del bene C, ma questo non è ancora in commercio;
Anna, come Carlo, possiede solo 30 mercuzi, però è una brava industriale: potrebbe produrre il pregiato bene C, del valore di 100 mercuzi, ma per farlo necessita della materia prima B, posseduta da Carlo.
Ti piacciono i miei amici? Bene; adesso ti racconto come evolvono i loro rapporti.
Paolo acquista il bene A da Carlo; dopo la transazione, la situazione risulta la seguente:
Paolo: possiede 20 mercuzi ed è felice per avere ottenuto l’oggetto dei suoi desideri;
Carlo: possiede 100 mercuzi, è felice del buon affare ma tuttora insoddisfatto perché ancora alla ricerca del bene C;
Anna: situazione invariata con 30 mercuzi. Vorrebbe acquistare il bene B da Carlo, ma purtroppo non ha soldi a sufficienza. Le sue ambizioni imprenditoriali sono frustrate.
A questo punto i giochi finiscono: la liquidità presente nel sistema non permette altre transazioni. Peccato, perché i bisogni di Carlo ed Anna rimangono insoddisfatti, l’unico contento è Paolo. Però…
Però qualcuno potrebbe prestare i soldi che mancano ad Anna, dopotutto basterebbero solo 20 mercuzi!
Carlo non è disponibile, adesso è diventato il più ricco ma preferisce tenere i soldi nel caso trovasse il bene C… però Paolo non ha problemi: presta i 20 mercuzi che gli rimangono ad Anna e sblocca la situazione.
A questo punto Anna acquista il bene B da Carlo, che diventa ricchissimo; ecco la situazione:
Paolo: ha un credito di 20 mercuzi verso Anna ed è felice con il bene A;
Carlo: ha 150 mercuzi ed è in trepidante attesa che il bene C diventi disponibile;
Anna: ha un debito di 20 mercuzi con Paolo ma è felice perché ora può avviare le attività produttive.
Lo scenario può adesso evolvere ulteriormente: terminata la produzione, Anna vende il bene C a Carlo, e col ricavato può appianare il proprio debito con Paolo; la storia finisce nella soddisfazione generale:
Paolo: è tornato in possesso dei suoi 20 mercuzi e si gode il bene A;
Carlo: possiede 50 mercuzi e si gode il bene C;
Anna: ha finalmente soddisfatto le proprie aspirazioni di industriale, è felice per avere in cassa 80 mercuzi derivanti dall’ottimo affare concluso con Carlo (al netto del rimborso a Paolo) e si sente realizzata.
Cosa è accaduto in questa storia? In pratica la liquidità del sistema era di 150 mercuzi, un livello ed una distribuzione di ricchezza non sufficienti per completare tutti gli scambi commerciali desiderati; il gesto di Paolo, però, ha avuto l’effetto di aumentare in modo virtuale la liquidità totale, perché pur mantenendo la propria ricchezza nominale di 20 mercuzi, ha reimmesso queste risorse nel sistema, dandogli fiducia; il nuovo livello di liquidità (virtuale) è salito a 170, e questo ha permesso la prosecuzione degli scambi fino al coronamento dei desideri di ciascuno.
Paolo ha scommesso sull’affidabilità del processo, ed ha avuto ragione: la sua fiducia ha permesso a ciascuno di realizzare i propri obiettivi, e se andassimo avanti con la simulazione probabilmente scopriremmo che prima i poi i benefici di vivere in questo sistema virtuoso lo avrebbero ricompensato.
Il moltiplicatore dei depositi è proprio questo, ed è un meccanismo che si basa appunto sulla fiducia: ovviamente opera in uno scenario più complesso, con attori che istituzionalmente svolgono l’attività di Paolo, ossia le banche.
Ti faccio una domanda: credi forse che i soldi che hai depositato sul conto corrente si trovino fisicamente nei caveau dell’istituto di credito?
Ebbene, sappi che non è così: perché una parte dei tuoi depositi sono rientrati in circolazione, sotto forma di prestiti: e poiché tu pensi di avere 100 mercuzi in banca, e l’azienda che ha ricevuto il prestito pensa di averne (diciamo) 80, globalmente siete convinti che i mercuzi totali siano 180, quando in realtà continuano ad essere 100.
Per inciso: tecnicamente parlando tu non hai 100 mercuzi in banca, ma un credito di 100 mercuzi nei confronti della banca, che è ben diverso!
Detto in altri termini, la banca centrale stampa moneta per 100, ma siccome ci sono di mezzo gli istituti finanziari che ricevono depositi e concedono prestiti, la liquidità complessiva disponibile è maggiore.
Qual è il punto debole del meccanismo? Ma ovviamente la fiducia: se all’improvviso tutti quanti ci presentassimo in banca per riprenderci i soldi, questa non avrebbe i mezzi per far fronte a tutte le richieste e si arriverebbe alla bancarotta!
Cosa posso però imparare dai miei amici? Mi sembra evidente: la fiducia è un potente amplificatore di risorse, ed è in grado di creare ricchezza dal nulla, semplicemente spostandola nel tempo: è una specie di macchina del tempo virtuosa che rende reali i sogni.
E questo ragionamento non si può certo fermare ai freddi aspetti monetari, non credi? Se vuoi vivere in un mondo migliore, è il caso di iniziare a dargli fiducia! O vuoi continuare ad essere sospettoso come le banche che stanno in realtà abdicando al loro principale ruolo istituzionale?