Ti senti superiore quando ascolti le stravaganti tesi dei terrapiattisti, vero? Beh, forse dovresti ricrederti.
Immagina di avere fra le mani la piantina di Roma, una piantina che hai disegnato tu stesso dopo aver girato in lungo e in largo per la città; sei riuscito a riprodurre in scala, ma in modo piuttosto fedele, la posizione di ogni monumento o casa.
Il tuo amico Adam, che abita a Londra e come te è piuttosto meticoloso, ha fatto altrettanto per la città in cui vive.
Sfortunatamente prendete una decisione di comune accordo che porterà al burrascoso scioglimento dell’amicizia: convenite di ampliare, con un lavoro immane e molto faticoso, le due piantine, includendo via via i territori limitrofi fino a mettere in comune i lavori, per creare una gigantesca mappa che inglobi gran parte dell’Europa!
Via via che vi avvicinate ad una zona comune, confrontando i lavori, cominciate a capire che qualcosa non torna… uno dei due deve aver sbagliato le misure, perché le distanze, gli angoli e le posizioni reciproche degli elementi non corrispondono!
Inizia un confronto dapprima pacato, poi sempre più animato che porta al fallimento del progetto comune e alla fine di una lunga amicizia.
Entrambi siete convinti di essere nel giusto, avete verificato più e più volte le misure, tutto è corretto… eppure i due lavori messi a confronto non combaciano, sono discordanti!
Per forza, la superficie della terra è curva! Le vostre piantine iniziali descrivevano una zona limitata, approssimando con un piano quello che in realtà è la superficie di una sfera. Dal punto di vista pratico questa approssimazione è più che accettabile, sarebbe molto complicato tenere in considerazione l’infinitesima curvatura a quella scala, oltre che inutile, perché l’errore che ne deriva è molto inferiore al fisiologico ed ineliminabile errore di misurazione.
I mezzi che avete a disposizione sono limitati per descrivere il territorio nella sua interezza, ma molto efficaci per descriverne una piccola porzione; il problema nasce quando perdete di vista il fatto che si tratta di un’approssimazione e cadete dell’arroganza di attribuire connotazione di realtà globale a ciò che invece è solo una mappa locale: le vostre visioni cessano di essere concordanti e nasce il conflitto.
Questo è esattamente ciò che accade nei nostri rapporti quotidiani!
L’immagine che ci facciamo della realtà non è che una rappresentazione mentale, una semplificazione, un’interpretazione priva di qualsivoglia assolutezza, e alquanto dipendente dalla posizione in cui ci troviamo.
I nostri sensi ci permettono di registrare solo una piccola parte del tutto: per esempio l’occhio percepisce solo una minima frazione dello spettro elettromagnetico.
Il nostro intelletto non è in grado di processare tutte le informazioni che riceve, dei milioni di stimoli ricevuti ne trattiene solo un’infinitesima parte, mettendo a fuoco solo ciò che reputa rilevante per la sopravvivenza: è quella che viene chiamata attenzione selettiva.
In definitiva, ciò che a noi sembra il territorio, non è che una mappa. Una schematizzazione, un’approssimazione dovuta ai nostri limiti fisici e psichici.
E ogni individuo ha la propria, spesso accompagnata dall’arrogante presunzione di essere l’unica.
Finché non prenderemo coscienza di questo stato di cose non potremo costruire una cartina geografica comune e resteremo nell’isolamento, ciascuno confinato nella propria confortevole quanto illusoria Flatland.