“Ma perché fai così?”
“Così come?”
“Non ti rendi conto che di questo passo rimarrai solo? Per stare in mezzo agli altri un minimo di educazione è necessaria.”
“Ma perché, che ho fatto?”
“A volte è tutto OK, ma altre volte, come ad esempio oggi, neanche saluti, sei scorbutico… qualche ‘grazie’ in più o un sorriso ogni tanto aiuterebbero a farti ben volere dagli altri, non credi?”
“Mi stai dicendo che dovrei dire ‘grazie’ per farmi accettare dagli altri?”
“Beh, è un modo per integrarsi.”
“Non trovi che sia piuttosto ipocrita tutto questo?”
“Sono semplici regole sociali, non ci vedo nessuna ipocrisia.”
“D’accordo, supponiamo che sia come dici; ma che valore posso dare alla benevolenza di qualcuno che mi valuta non già in base a quello che sono veramente, ma per la parte che interpreto? Così non diventa forse tutto una recita?”
“Non ti seguo.”
“Io voglio essere accettato per ciò che sono, non per ciò che fingo di essere; se tu apprezzi la mia compagnia solo quando mi adeguo a certe tue aspettative, io non potrò mai essere libero di essere me stesso, quando sto con te. Fingere in continuazione per paura di rimanere soli è un modo di arrivare allo stesso risultato a prezzo di una maggiore fatica: sei solo comunque, perché nessuno ti conosce veramente e nessuno è disposto a confrontarsi coi tuoi veri difetti (che poi potrebbero rivelarsi anche dei pregi, ma non avrai mai la possibilità di scoprirlo), e in più hai fatto i salti mortali per cercare di capire cosa vogliono gli altri da te, e per farglielo avere. Che senso ha tutto questo?”
“Quindi dovrei essere io ad adeguarmi alle tue bizzarrie, a farmi andare bene i tuoi comportamenti che mi danno fastidio? Non sarei forse io, in quel caso, a recitare?”
“Dipende dal tipo di comportamento a cui ti riferisci; se questo ha effetti concreti anche su di te, ad esempio perché voglio tenere la finestra aperta e tu hai freddo, allora hai tutte le ragioni di lamentarti. Ma se gli effetti ricadono esclusivamente su di me, e tu ne sei influenzato solo per via di tue costruzioni mentali, allora no, non hai proprio nessun diritto di volerlo! Il fatto che tu abbia l’esigenza di sentirti dire ‘grazie’ è un’aspettativa sul mio comportamento fine a sé stessa, che non ti aggiunge o toglie nulla.”
“Ammettiamo che tu abbia ragione, che sia una recita; non credi di avere comunque convenienza ad interpretarla? Magari resterai solo ugualmente, come dici tu, ma almeno quando avrai bisogno di aiuto troverai persone ben disposte nei tuoi confronti.”
“Magari sì, magari ne vale la pena; basta essere però consapevoli che lo stiamo facendo per opportunismo, e non perché siamo intrinsecamente ‘brave persone’. Va bene essere ipocriti con gli altri, ma arrivare ad esserlo pure con se stessi no, non lo posso accettare!”
“La chiami addirittura ipocrisia! Mi sembra eccessivo. Quindi saresti disposto a rinunciare alla mia amicizia in nome di un sofisma del genere?”
“Se la tua amicizia nei miei confronti è subordinata a certi schemi che dovrei rispettare, allora tu non vuoi essere amico mio, ma di una persona idealizzata che esiste solo nella tua mente, alla quale dovrei adeguarmi per essere accettato da te; ma io non voglio essere quella persona lì, io voglio essere me stesso.
Quindi, se ti va di essere mio amico, devi accettarmi per come sono realmente, e rinunciare ai modelli mentali che dicono come dovrei essere in un mondo ideale. E, già che ci sei, abbandonali tutti, quegli stupidi modelli mentali, anche quelli che non riguardano persone; perché queste ultime magari vi si adeguano, per compiacerti, ma gli eventi della vita non lo faranno di certo!”