E’ inutile che io cerchi di combattere qualcuno o qualcosa là fuori, perché l’unico vero nemico si trova dentro di me.
Ho compreso che è il mio desiderio di vedere la luce ad alimentare il buio, perché nel mondo duale in cui sono immerso l’unico modo per fare esperienza della prima è confrontarsi con la presenza del secondo.
Di conseguenza, quanto più mi ostino a volere luce, tanto più creo buio. Quanto più ho bisogno di sentirmi buono, tanto più dovrò essere circondato da cattivi.
Di questo si alimenta l’Uomo Nero dentro di me.
Continuerà a succhiarmi la vita, fintanto che non vedrò in faccia il mio bisogno, lo accoglierò senza giudicarlo, e lascerò che svanisca da sé, senza far nulla perché ciò accada.
Lam Mim Lam Mim
Lam
Mi sveglia di notte nella tenebra oscura
gorgoglia racconti dalla fine più nera
Mim
è la sua natura, la sua natura
l’Uomo Nero ha fame della mia paura
Lam
L’angoscia mi avvolge, temo la dittatura
distorto presagio di affogare in miniera
Mim
cresce a dismisura, cresce a dismisura
l’Uomo Nero si nutre della mia paura
Do
Velata blandizia di una cupa dimora
l’ombra della sfiga, quanto è lusinghiera!
Mim
è tutta una iattura, tutta una iattura
l’Uomo Nero esiste nella mia paura
Do
Imploro la mamma che mi abbracci ancora
questa dipendenza è la menzogna più vera
Mim
è una fregatura, è una fregatura
l’Uomo Nero è frutto della mia paura
Lam
Io sono una vittima, ho bisogno di cura
un fragile bimbo, coccolatemi ancora!
Mim
è la mia sventura, la mia sventura
perché in fondo fa comodo questa paura
Lam
Diabolico scambio, divina stortura
tu mi succhi la vita, io poltrisco ancora
Mim
sei la mia creatura, la mia creatura
sono io che ho bisogno di questa paura...
Do
Quindi resto in casa, surrettizia galera
ho la scusa ideale per dormire ancora
Mim
nella mia clausura, la mia clausura
che alibi perfetto è questa paura
Do
Mi nascondo al mondo, temo la bufera
meglio stare in prigione che varcar la frontiera
Mim
è una fregatura, una fregatura
sono identificato nella mia paura!
Lam
la mia paura, la mia paura
la mia paura è la menzogna più vera
Mim
la mia paura, la mia paura
la mia paura è la menzogna più vera
Lam
che seccatura, è una sciagura
passare la vita dietro a una ringhiera
Mim
che scocciatura, è una tortura
che ansiogena lagna questa partitura!
Re
Voglio aprirmi alla primavera...
Sol
E allora succhiati la mia gioia
Sim
e sì, lo so, la troverai amara
Re
è il dolce nettare della vita di Madre
Mim
Gaia
Sol
Mastica piano il mio riso e ingoia
Sim
questo tripudio di amore, impara
Re
voglio gustarmi le meraviglie della
Mim
vecchiaia
Sol
Divincolarmi da ogni pastoia
Sim
vibrare di leggerezza chiara
Re
cantando nella serena attesa che tu
Mim
scompaia
Re
io canterò nella calma attesa che tu
Mim
scompaia
Re
io danzerò nella ferma attesa che tu
Mim
scompaia
Osservo la mia meta, lassù in alto, avvolta dalle nuvole. Mi accingo ad affrontare la dura salita sperando che non piova, le condizioni meteo in vetta non sembrano essere delle migliori. Però almeno fa fresco.
Dopo circa un’ora e mezza di cammino una leggera nebbiolina inizia ad avvolgermi; manca poco ormai. La nebbia diventa sempre più fitta, mi abbraccia nel suo manto umido quasi a volermi proteggere.
Una riflessione si fa strada fra i miei pensieri: questa che ora chiamo nebbia è quella che là in basso, alla partenza, chiamavo nuvola.
Cos’è dunque? Nebbia o nuvola?
Non importa.
Lei è sempre stata qui, indifferente ad ogni tentativo di catalogazione, ben consapevole che i mutevoli punti di vista altrui potranno forse cambiarle nome, ma non riusciranno mai a imbrigliarne l’essenza, a impedirle di manifestarsi per ciò che è.
Nel lontano dicembre 2013 ero agli inizi di un percorso di crescita personale che, dopo una profonda e dolorosa fase di auto osservazione e introspezione, mi ha portato a pubblicare l’articolo La distruzione di Silvio.
Silvio rappresentava una parte scomoda della mia personalità, limitante e foriera di problemi,e quell’articolo era una formale dichiarazione di guerra nei suoi confronti: per evolvere dovevo assolutamente liberarmene, dovevo farla fuori.
Sono passati un po’ di anni da allora, e posso dire con orgoglio di essere cresciuto, almeno un poco.
Ti starai forse domandando se sono finalmente riuscito a liberarmi di Silvio.
Nemmeno un po’, è tuttora presente e più che mai bisognoso di attenzioni. La mia crescita non sta in questo, ma nel fatto che mi sono accorto di non pensarla più come allora.
Sono profondamente convinto che cambiare opinione sia l’indice più genuino di crescita personale, pertanto non vivo questo cambio di rotta come una sconfitta ma come un successo.
E non mi sento nemmeno di affermare che allora stessi sbagliando, per nulla. Perché data la situazione di vita in cui mi trovavo sette anni fa (sette: per certe tradizioni esoteriche questo numero ha significati ben precisi), date le informazioni a mia disposizione, data tutta una serie di variabili al contorno, quello era il miglior atteggiamento che mi potessi permettere. Come d’altronde quello proposto nel presente articolo è il migliore per il contesto di vita attuale, e mi auguro proprio che non sia definitivo, di poterlo trascendere in futuro (trascendere, non disconoscere!) per evolvere ulteriormente.
Cosa penso dunque di Silvio oggi?
Penso che sia un bambino che ha sofferto tanto e che si comporta così solo perché vuole attenzioni, quelle attenzioni che nessuno gli ha mai dato; vuole il riconoscimento di cui ha bisogno. Io sono l’unico che può accoglierlo, perché solo io lo conosco così bene. Tentare di allontanarlo non può che sortire l’effetto contrario: farlo urlare ancor più forte, perché lui ha bisogno di essere visto.
E poi, a pensarci bene, Silvio è stato un mio valido alleato per molti anni: è nato per proteggermi dal mondo di allora, e se bene o male oggi sono qui è anche grazie a lui.
No, Silvio non deve essere fatto fuori! Va coccolato, ringraziato, ascoltato quando serve: perché bisogna riconoscere che può ancora rivelarsi un valido alleato.
Credo proprio che io e Silvio diventeremo buoni amici.
L’altro giorno ho visitato una mostra sulle opere di Leonardo Da Vinci e di fronte a tanta genialità non ho potuto fare a meno di misurare la distanza fra la sua e la mia persona; questo, invece di infondermi ottimismo sulle immense potenzialità dell’essere umano, ha generato in me tutta una serie di emozioni negative fondamentalmente derivanti dalla mia stupida presunzione, che ho poi analizzato più in dettaglio per capirne la natura; ho deciso di condividere la supposta diagnosi con te, con due scopi: da un lato diffondere la conoscenza di certi meccanismi della mente umana (potrà tornare utile per uscire dal solco), dall’altro puntare i riflettori su una delle mie (tante) personalità che lavorano nell’ombra a mio discapito, nella speranza che metterla alla berlina possa in qualche modo sottrarle energia vitale.
Partiamo dunque dall’esistenza di un io, di cui ero già a conoscenza ma che in quest’occasione si è delineato più nitidamente, che voglio assolutamente far fuori perché mi sta causando parecchi problemi. Te lo presento, tanto per tenere le distanze userò un nome di fantasia, lo chiamerò Silvio. Silvio è cresciuto in me grazie all’educazione, alla scuola, alle esperienze di vita. Mi piace pensare che quando sono nato Silvio non c’era: non è lapalissiano, intendo dire che non fa parte della mia essenza, è venuto dopo.
Silvio è un bambino che va molto bene a scuola, è uno di quei primi della classe che stanno antipatici a tutti ma che fa comodo avere per amici nel momento del bisogno. Quando non hai capito qualcosa sui compiti chiedi a lui, lui ti risolve il problema e si sente fiero. In classe è una star, fuori è nessuno. Lui ne è consapevole, infatti nel suo ambiente ostenta sicurezza, quasi è sbruffone, fuori invece si fa piccolo piccolo, non è mai protagonista, sta sempre sullo sfondo e spesso si sente una macchia che ne altera l’omogeneità. Una delle sue fantasie preferite, quando è fuori dalla scuola che aspetta il pulmino e osserva gli altri bambini giocare, è che arrivi un robot nemico da Vega e attacchi la terra, e lui si trasformi nel supereroe alla guida del robot buono e lo sconfigga fra lo stupore di tutti (per la cronaca ed i meno giovani: si tratta ovviamente di Goldrake).
La madre esalta queste sue doti di bravo studente con chiunque, lo porta in palmo di mano, quando Silvio ha cinque anni lei dimostra ad un conoscente, che domandava come mai Silvio non andasse all’asilo, che non ne ha bisogno, “perché, vede, sa già l’alfabeto”! E come prova Silvio lo recita tutto orgoglioso, invertendo la enne con la emme perché così gli è stato insegnato. Al di fuori di ciò che non è scuola (territorio che la madre non riesce a frequentare in quanto poco scolarizzata), Silvio viene invece protetto e aiutato, perché “è piccolo, non è capace”.
Silvio sviluppa poco a poco una dissociazione fra mondo della scuola (il mondo platonico delle forme dove tutto è perfetto, e per ogni problema c’è soluzione, che Silvio peraltro sa di non avere difficoltà a trovare) e mondo reale (imperfetto, spiacevole, pieno di domande a risposta multipla che a Silvio non piacciono).
In questo contesto, Silvio sogna di dimostrare un giorno a questo mondo che adesso lo ignora che lui è il migliore. E lo fa sviluppando il suo muscolo più pronunciato, quindi studia, legge, si accultura. All’università va alla grande, la sua vita sociale è al top, è un leader, un punto di riferimento!
Quando arriva l’età delle domande sul senso della vita si innamora della fisica, legge libri divulgativi sulla teoria della relatività, la teoria quantistica. Preferisce la matematica alle discipline umanistiche, perché in quel mondo astratto e perfetto fatto di dimostrazioni rigorose si sente al sicuro. Poi scopre l’informatica. Un algoritmo è la sublimazione della perfezione: nulla può uscire dai binari impostati, tutto funziona come un orologio svizzero, non sono ammesse eccezioni, è bello vedere la pulizia di un flusso di operazioni che si susseguono esattamente come hai pianificato! E’ bello avere un interlocutore che esegue alla lettera e senza discutere tutte le istruzioni che gli fornisci!
Per Silvio non sono ammesse soluzioni sub ottimali; le sue azioni devono risolvere il problema in modo perfetto: non gli interessa avvicinarsi all’obiettivo, magari procedendo per approssimazioni successive; o lo centra subito o niente. Avvicinarsi soltanto rappresenta già una sconfitta. Silvio ha anche un’immagine da difendere: nel suo campo deve primeggiare; altrove non vale la pena di sbattersi, non gli interessa. E’ un territorio impuro, lui non si abbassa.
Quindi prima di intraprendere un’azione occorre pensarci bene, perché non si può fallire. E in effetti Silvio riesce quasi sempre nelle poche cose che fa.
Detto questo, va da sé che i punti di riferimento di Silvio non possono che essere figure d’eccellenza, quali appunto Leonardo; ma il suo benchmark preferito è sicuramente Einstein. Qualsiasi opera un uomo possa compiere è poca cosa di fronte a quello che questi uomini hanno fatto, e rappresenta un obiettivo non centrato. Qualsiasi impresa diversa da queste (e nel concreto per Silvio tutte ovviamente lo sono) non vale la pena. Ogni attività di Silvio quindi viene portata avanti senza quella convinzione e quell’energia che sarebbe necessaria, perché tanto è poca cosa… una goccia nel mare, simile a tante altre.
Ecco, in soldoni questo è Silvio: questo è il personaggio a cui ho deciso di dare battaglia, la dichiarazione di guerra formale è rappresentata da questo articolo.
Ti assicuro che è molto forte e subdolo, perché si infila senza farsi notare in ogni cosa che faccio e talvolta mi sprona (‘Dai, fai vedere chi sei! Dimostra a tutti come sei bravo’) talaltra mi frena (‘Per quanto ti impegni, non farai mai qualcosa che sia davvero grande! Riposati che non ne vale la pena’), sbattendomi da un lato all’altro dello spazio delle possibilità. Il suo principale aspetto negativo è che mette davanti a tutto la necessità di dimostrare i propri primati, impedendomi di affrancarmi dal bisogno del benevolo giudizio altrui.
Se sei genitore, fai il possibile per evitare che dentro ai tuoi figli crescano simili personaggi, altrimenti li costringerai a combattere da adulti dure battaglie (ammesso che si rendano conto della necessità di farlo, beninteso).
Per quanto mi riguarda, comunque, il nemico è individuato, adesso è ben visibile, pronto per essere colpito.
Dimostrerò a tutti quanto sono bravo a farlo fuori.