Non hai bisogno di attendere la grande dipartita per sapere se esistono Paradiso, Inferno e Purgatorio, e nemmeno per sapere come sono fatti: li puoi trovare qui e ora, in questa vita.
Puoi visitare l’Inferno attribuendo le colpe di ciò che ti accade agli altri.
Puoi visitare il Purgatorio attribuendole a te stesso.
Puoi visitare il Paradiso liberandoti dal concetto di colpa.
Un sant’uomo chiese a Dio: “Come sono il Paradiso e l’Inferno?” Dio lo condusse verso due porte. Aprì una delle due, quella dell’inferno. Al centro della stanza c’era una grandissima tavola rotonda imbandita con cibi profumati. L’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, affamate. Avevano forchette e cucchiai dai manici lunghissimi, per mangiare dovevano impugnare l’estremità della posata e non ce la facevano. Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio aprì poi la seconda porta, la scena era identica alla precedente: c’era la grande tavola rotonda, imbandita delle stesse succulente pietanze. Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse le posate dai lunghi manici. Questa volta, però, le persone erano ben nutrite, felici e sorridenti. Il sant’uomo disse a Dio: “Non capisco!”. “E’ semplice, rispose Dio. Qui c’è amore, ognuno imbocca l’altro”.
Perché Inferno, Purgatorio e Paradiso non sono luoghi, ma modi di relazionarsi alla vita.
la cessazione del sentimento di risentimento nei confronti di un’altra persona; è quindi un gesto umanitario con cui, vincendo il rancore, si rinuncia a ogni forma di rivalsa di punizione o di vendetta nei confronti di un offensore.
La nostra cultura cattolica ci fa poi associare il concetto di perdono a quello di porgere l’altra guancia.
E’ dunque piuttosto naturale che il nostro istinto di sopravvivenza ci renda riluttanti a perdonare, perché vediamo questo atto come una pericolosa apertura nelle nostre difese, che ci lascia in balia dell’ennesimo attacco di chi già una volta ci ha trattato male.
Ma per come la vedo io, il perdono non è nulla di tutto ciò, ed è ben lontano dall’essere un atto altruistico.
Se ci rifletti, la rinuncia ad ogni forma di vendetta lascia di fatto inalterato il destinatario del tuo perdono, che magari neppure ne è a conoscenza; ha invece enormi benefici su di te!
Eccoti un esempio per spiegare meglio cosa intendo.
Qualcuno ti fa un torto, ed in quel momento tu provi una certa sofferenza; te la leghi al dito e ti riprometti di fargliela pagare in futuro.
La tua mente, per aiutarti a non dimenticare questo sano proposito, continua a proiettarti il film del torto subito, e tu riprovi le stesse emozioni provate in origine; l’evento si è verificato una volta sola, ma tu lo rivivi più e più volte, per mantenere vivo l’intento di vendicarsi.
Ecco che la sofferenza che potevi provare solo per qualche minuto, grazie all’aiuto dell’efficace memoria di cui sei dotato, si protrae per un tempo indefinito. E’ un po’ come se un virile maschio si tagliasse gli attributi per fare un dispetto alla moglie, non trovi?
Che succede invece se perdoni?
Perdonare significa accettare il fatto accaduto, che essendo appunto accaduto è ormai ineluttabile: desiderare il contrario è privo di senso. Non significa certo non prendere precauzioni affinché non si ripeta: si tratta solo di smettere di continuare a rimuginare su quanto è successo.
Vuol dire accettare il fatto che qualcuno si è comportato in un certo modo perché, secondo la sua scala di valori (che magari è molto diversa dalla tua) era corretto fare così.
Hai idea del risparmio di energia che permette tutto questo?
Magari non sarai d’accordo con me, il tuo desiderio di vendetta è troppo forte, e poi che diamine, è una questione di principio e di immagine, non puoi lasciare che ti si veda come un debole che accetta di farsi fare qualunque cosa senza fiatare.
Non ti sto suggerendo questo, ma di chiudere con il passato, smettere di tenerlo in vita con tutto il suo carico di dolore, e andare avanti.
Io sono sufficientemente egoista da fare così, e perdono non già per altruismo, ma perché mi voglio troppo bene per permettere a chi mi ha già fatto del male una volta nella realtà di continuare a farlo ripetutamente nella mia immaginazione.