Archivio mensile:aprile 2018

L’atteggiamento da perdente


Ad una conferenza tenuta da manager di successo a cui ho partecipato di recente è stato detto che l’importante è vincere, e che il secondo classificato è il primo dei perdenti.

Io sono invece dell’idea che chi occupa la posizione in fondo alla classifica è solo l’ultimo dei vincitori, e si pone di parecchie spanne davanti alle migliaia di potenziali partecipanti che non si sono messi in gioco perché è mancato loro il coraggio di affrontare un posizionamento.

E quel coraggio è venuto meno proprio a causa di un modo di vedere la competizione che ne travisa completamente la reale natura, che è quella di confrontarsi con se stessi.

Quello di dover vincere a tutti i costi, a ben vedere, è il vero atteggiamento da perdente.

La mappa


Ieri mattina ero fermo in coda sulla strada che mi porta al lavoro; riflettevo oziosamente sulle numerose volte, nel corso degli anni, in cui mi sono trovato a passare in quel punto.

Poi, improvvisa, la riflessione: io non sono mai passato di lì, quella era la prima volta!

Già, perché come dice Einstein, lo spazio separato dal tempo non esiste, ma esiste lo spaziotempo; ed allora, considerata la faccenda da questo punto di vista, io mi trovavo per la prima volta in vita mia in quel luogo spaziotemporale.

In effetti, al di là di sofistiche considerazioni scientifiche, ho notato sul cavalcavia poco più avanti un uomo appoggiato al guardrail che osservava le macchine ferme in fila; a mia memoria, non l’avevo mai visto prima: chiaro indizio della mia sbadataggine, o del fatto che non ero mai stato lì?

E anche la disposizione delle nuvole sopra di me era completamente nuova: ne ho notata una dalla forma bizzarra, mai vista prima, proprio dietro al cavalcavia!

E più mi soffermavo sui particolari, più avvertivo quel senso di novità che rendeva unica la mia esperienza; buffo come il banale ritrovarsi in coda possa portarti, se sei nel giusto stato d’animo, a vivere esperienze illuminanti!

Sai da cosa derivava la mia errata riflessione iniziale? Dal fatto che non si basava sul reale ambiente nel quale mi stavo muovendo, ma su una mia mappa mentale.

Fracchia.PNG

In quella mappa, come in ogni mappa che si rispetti, non c’erano persone, né nuvole, né altri elementi trascurabili dal punto di vista dell’obiettivo per cui è stata creata: raggiungere il luogo di destinazione.

Una mappa in scala uno a uno sarebbe inutile, giusto? Occorre semplificare, tagliare i dettagli, ridurre le dimensioni. Tutto giusto, corretto, utile: ma non va dimenticato che resta una mappa, non va confusa con la realtà.

Purtroppo nella vita quotidiana commettiamo invece in continuazione l’errore di confondere le nostre semplificazioni mentali col mondo reale.

E allora per forza ci si ritrova a vivere una vita piatta, monotona, sempre uguale a sé stessa: invece di guardare là fuori, guardiamo il nostro personale pezzo di carta!

Le semplificazioni ed i modelli vanno usati quando servono, ma non devono assurgere a riferimento assoluto, altrimenti ci limitano.

E se osservi appunto tutte le tue limitazioni, vedrai che nascono proprio dallo scorretto uso delle tue mappe mentali: preconcetti, luoghi comuni, assunzioni mai verificate sulle quali poggi quotidianamente le tue decisioni, che ti accompagnano subdolamente verso la fine della tua vita senza che tu l’abbia realmente vissuta.

Le mappe però danno sicurezza, vero?