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Emozioni Tribali


Percorro la strada asfaltata che si allontana in discesa dall’ultimo centro abitato per immergersi nella selvaggia Val Pentemina.

Non occorre molto, meno di cinquecento metri, e sulla mia destra trovo il sentiero che scende alla meta; sento lo scrosciare del torrente (acqua!) che echeggia sulle ripide erte del verdeggiante Monte Moro che si innalza dirimpetto.

L’imbocco del sentiero diventa subito un tunnel nella boscaglia, reso buio e cupo dall’incombente imbrunire; provo un vago senso di inquietudine nell’addentrarmi al suo interno.

Le fronde mi abbracciano, la vista si adatta lentamente alla minor luce, presto l’inquietudine muta in una sensazione di protezione: la macchia mi avvolge come il collo di un utero materno, ed io immagino di tornare alla calda oscurità che mi accoglieva prima di venire al mondo, quando ancora non conoscevo la luce, e vengo improvvisamente raggiunto da un profondo senso di pace.

Li uccelli mi rassicurano e mi accompagnano, non c’è nulla da temere; scendo con cautela, il fondo del sentiero è reso a tratti scivoloso dal fango (terra!) che resiste miracolosamente all’estate inoltrata.

Lentamente le fronde si diradano, per dischiudersi definitivamente sull’ampio prato pianeggiante che si staglia contro il Monte Moro, che dalla mia prospettiva appare maestoso e protettivo. Il senso di soffocamento provato prima si tramuta in un’improvvisa apertura del cuore, un’ondata di luce che spazza via ogni impervietà; una lieve brezza (aria!) accompagna questa distensione: non ricordavo che l’utero materno fosse così vasto e arioso, pur nella sua confortante protettività.

Lo scrosciare del torrente Pentemina è ora più forte e distinto; un grosso capriolo viene sorpreso dalla mia inattesa entrata in scena e si dilegua con grazia nella boscaglia, immergendosi nel canto dei grilli che fa da sfondo al petulante e armoniosamente discontinuo cinquettio degli uccellini.

Il cerchio di pietre è laggiù, sulla sinistra, in prossimità delle boscose fasce di terreno che ridiscendono ripide dalla strada; sembra volersi proteggere, con successo, dagli sguardi indiscreti del mondo.

Presa visione del luogo torno sui miei passi e mi immergo nuovamente nel buio della boscaglia, che offre generosa l’abbondante legna secca di alcuni alberi abbattuti dalle intemperie.

Ne raccolgo quanto basta per accoglierla in un caloroso abbraccio, quindi ridiscendo verso il cerchio di pietre: è tempo che l’energia del sole, rimasta a lungo intrappolata per dar vita a quei rami, venga rilasciata nel calore di una ardente fiamma (fuoco!).

Il fuoco prende vita e si irradia entrandomi in profondità nei muscoli e nelle ossa, la mia mente si spegne ipnotizzata dall’imprevedibile danza di quelle lingue luminose.

L’udito si perde nello scoppiettante ardere dei rami secchi, che ben presto si fonde e confonde col canto dei grilli, degli uccelli e del fintamente rabbioso latrato d’amore dei caprioli nel bosco.

Arriva il buio profondo, e con esso una nuova dimensione: ombre, colori, prospettive, profondità, tutto assume nuove connotazioni, e il mondo conosciuto non è più quello; il fuoco è lì, a dirmi che tutto va bene, che c’è lui a darmi il calore e la luce di cui ho bisogno, e io mi sento tranquillo.

Poi accade il miracolo.

Il cielo si popola di una miriade di puntini luminosi, e con lui il prato attorno a me; stelle fisse che portano testimonianze lontane miliardi di anni, e lucciole intermittenti che ripropongono, da vicino, l’equivalente di migliaia di pulsar remote, concreta prova nel qui ed ora del miracolo dell’Universo.

Lo sguardo non è più in grado di distinguere il cielo dalla terra, se non per la più marcata mutevolezza della vicina Via Lattea di lucciole; è come se fossi stato risucchiato dalle profondità dell’Universo e vi fossi immerso totalmente.

La fiamma lentamente si placa e muta in un brulicare di tizzoni ardenti che via via affievoliscono il proprio impulso vitale lasciandomi sprofondare nel buio punteggiato dalle migliaia di stelle in amore che volano sul prato in cerca di una compagna: il miracolo della vita è lì, innegabilmente attorno a me, e io sono parte di esso.

Resto in silenzio ad ascoltare la vivida ricchezza delle mie sensazioni; ora che mi ha rivelato i suoi preziosi segreti, non temo più mia oscurità.

La misteriosa scatola di scarpe


All’inizio del mese di agosto 2020 ho voluto lasciarmi andare a un gioco: creare l’albero magico di Parangelia; mi piaceva l’idea di un albero speciale i cui frutti fossero libri, idee germogliate da semi di esperienza che potevano essere colte dal lettore direttamente là dove sono maturate.

Si è trattato anche di un esperimento sociale, un mettere alla prova la mia fiducia nel prossimo e, più in generale, nella vita: chiunque poteva cogliere il proprio libro e poi lasciarmi, come da istruzioni appese, il controvalore di copertina nella cassetta delle lettere.

Un esperimento dall’esito negativo, se valutato dal punto di vista della mente razionale e del puro calcolo economico; di quindici copie che ho appeso, tutte colte nel giro di due mesi e mezzo, solo due hanno ricevuto il corrispettivo monetario (per essere ragionieri precisi, una ha ricevuto un euro di meno, l’altra tre euro in più: dinamiche caratteristiche dei prezzi non tondi).

Dal punto di vista del cuore, invece, l’esperimento è più che riuscito: tutte le copie hanno trovato il proprio lettore (vista la ruvidità, appositamente voluta, della carta, dubito fortemente che ne siano stati fatti usi meno decorosi); e poiché si tratta di contenuti volti a stimolare la consapevolezza, forse molte copie hanno raggiunto coloro che più ne avevano bisogno, a giudicare dal comportamento tenuto (ma posso davvero permettermi di giudicare qualcuno? In realtà si tratta solo di uno sfogo illativo che mi concedo affettuosamente).

La mia fiducia nel mondo non è diminuita, anzi semmai è stata collocata in una prospettiva più ampia: non attendo un particolare ritorno dalle mie azioni, le mie capacità di comprensione non sono sufficienti per valutare ciò che mi spetta dall’Universo.

Le mie azioni sono metaforici semi piantati, che affido altrettanto metaforicamente al fiume della vita.

Ma c’è una curiosità che tengo a condividere: un giorno ho trovato, incastrata fra i rami dell’albero magico, la scatola da scarpe della foto, contenente un paio di eleganti taccodiecimisuratrentasette in ottimo stato, fatta eccezione per un laccetto rotto.

Le scarpette magiche

Quale sarà la storia della misteriosa lettrice? Quale il suo intento? Si è davvero trattato di una lettrice? Si è trattato di uno scherzo? Di un messaggio? Di un baratto?

Colto da una prima ventata di illusione ho errato in lungo e in largo per il mio regno in cerca del piedino che calzasse la scarpetta, invano. Va peraltro precisato che il mio regno non è molto vasto, dev’essersi trattato con ogni probabilità di una straniera.

Mi rimarrà forse per sempre la curiosità legata a questa storia, così come del resto quella sull’identità di ogni altro ignoto coglitore del frutto magico.

La vita à bella anche per le sue misteriose stravaganze, e se non avessi giocato non avrei avuto tante emozioni.

Grazie a me, grazie ai lettori fruttivori, grazie alla vita.

La fiducia


La fiducia è uno stato d’animo, un atteggiamento incondizionato.

Non confondere la fiducia con le aspettative, o peggio le pretese.

La fiducia riguarda te, solo te, e non ha nulla a che fare col comportamento della persona in cui l’hai riposta.

Se pensi che la tua fiducia sia stata delusa significa che avevi una pretesa mascherata.

Tradire la fiducia è una contraddizione in termini, si può solo violare un obbligo o disattendere una promessa.

La fiducia non incatena mai nessuno: se hai fiducia in una persona gli concederai sempre un’altra occasione, non importa quanti errori commetta, perché nulla può cambiare, nel profondo, il tuo sentire.

E se hai fiducia nella vita, ti abbandonerai a lei sempre e comunque, accada quel che accada.

La fiducia è lo strumento per creare la propria realtà, credendoci fino in fondo, incondizionatamente.

Fiducia in me stesso


Quando corri lungo sentieri di montagna devi forzarti ad essere presente, non puoi lasciare la mente libera di vagare: ogni passo falso può degenerare in una pericolosa caduta. L’attenzione deve essere focalizzata sul corpo e sul percorso, soprattutto se quest’ultimo è in discesa.

Proprio in una di queste discese, piuttosto ripida e sassosa, portando l’attenzione ai miei movimenti ho fatto mia una semplice considerazione: accidenti, ho proprio una gran fiducia in me stesso!

Già, perché se ci rifletti l’atto di correre implica, per brevi attimi che si susseguono in rapida successione, l’abbandono del corpo al vuoto e alla forza di gravità; c’è un istante in cui un piede si stacca da terra mentre l’altro è ancora in aria: se fossero due compagni di squadra (e a mio avviso in un certo senso lo sono) potremmo ben dire che hanno un eccezionale affiatamento, per di più se la pendenza negativa è elevata; l’esito dell’atterraggio, poi, non è per nulla scontato: non è detto che il terreno sia stabile, magari quella pietra che sembra ferma in realtà è smossa, si può scivolare sulle foglie, sul fango, sul terreno polveroso… talvolta un pensiero funesto mi sfiora, ma lo scaccio subito: “cavoli, se metto un piede in fallo adesso mi faccio davvero male!”

Io credo che non abbiamo sufficiente consapevolezza di quanto questo gesto sia complesso, lo diamo spesso per scontato perché acquisito in tenera età, ma chi ha dei figli sa bene quanto difficile sia imparare a camminare, figurarsi a correre.

Quindi, ogniqualvolta incontro un momento di debolezza, di scarsa autostima, di poca fiducia nelle mie capacità, posso portare alla memoria questo fatto: che diamine, io so correre in un sentiero di montagna anche in ripida discesa, cos’altro può spaventarmi?

Il moltiplicatore dei depositi, ovvero: la fiducia nel processo


Si tratta di un giochetto contabile che ho imparato studiando economia; per illustrarlo partirò da un esempio, presentandoti innanzitutto i miei amici Paolo, Carlo ed Anna.

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I miei amici vivono in uno strano paese, isolato dal resto del mondo e del quale sono gli unici abitanti; ciascuno ha una dotazione iniziale in moneta e dei beni per il soddisfacimento dei reciproci bisogni; non è il caso di scendere troppo nei dettagli, sappi solo che:

  • Paolo è il più ricco, possiede 90 mercuzi e sogna di acquistare il bene A,  posseduto da Carlo, del valore di 70 mercuzi;
  • Carlo non è molto ricco in termini monetari, possiede solo 30 mercuzi, però ha due beni molto richiesti: il bene A, tanto agognato da Paolo, ed il bene B, del valore di 50 mercuzi, desiderato da Anna; sfortunatamente, per soddisfare i propri bisogni necessiterebbe del bene C, ma questo non è ancora in commercio;
  • Anna, come Carlo, possiede solo 30 mercuzi, però è una brava industriale: potrebbe produrre il pregiato bene C, del valore di 100 mercuzi, ma per farlo necessita della materia prima B, posseduta da Carlo.

Ti piacciono i miei amici? Bene; adesso ti racconto come evolvono i loro rapporti.

Paolo acquista il bene A da Carlo; dopo la transazione, la situazione risulta la seguente:

Paolo: possiede 20 mercuzi ed è felice per avere ottenuto l’oggetto dei suoi desideri;

Carlo: possiede 100 mercuzi, è felice del buon affare ma tuttora insoddisfatto perché ancora alla ricerca del bene C;

Anna: situazione invariata con 30 mercuzi. Vorrebbe acquistare il bene B da Carlo, ma purtroppo non ha soldi a sufficienza. Le sue ambizioni imprenditoriali sono frustrate.

A questo punto i giochi finiscono: la liquidità presente nel sistema non permette altre transazioni. Peccato, perché i bisogni di Carlo ed Anna rimangono insoddisfatti, l’unico contento è Paolo. Però…

Però qualcuno potrebbe prestare i soldi che mancano ad Anna, dopotutto basterebbero solo 20 mercuzi!

Carlo non è disponibile, adesso è diventato il più ricco ma preferisce tenere i soldi nel caso trovasse il bene C… però Paolo non ha problemi: presta i 20 mercuzi che gli rimangono ad Anna e sblocca la situazione.

A questo punto Anna acquista il bene B da Carlo, che diventa ricchissimo; ecco la situazione:

Paolo: ha un credito di 20 mercuzi verso Anna ed è felice con il bene A;

Carlo: ha 150 mercuzi ed è in trepidante attesa che il bene C diventi disponibile;

Anna: ha un debito di 20 mercuzi con Paolo ma è felice perché ora può avviare le attività produttive.

Lo scenario può adesso evolvere ulteriormente: terminata la produzione, Anna vende il bene C a Carlo, e col ricavato può appianare il proprio debito con Paolo; la storia finisce nella soddisfazione generale:

Paolo: è tornato in possesso dei suoi 20 mercuzi e si gode il bene A;

Carlo: possiede 50 mercuzi e si gode il bene C;

Anna: ha finalmente soddisfatto le proprie aspirazioni di industriale, è felice per avere in cassa 80 mercuzi derivanti dall’ottimo affare concluso con Carlo (al netto del rimborso a Paolo) e si sente realizzata.

Cosa è accaduto in questa storia? In pratica la liquidità del sistema era di 150 mercuzi, un livello ed una distribuzione di ricchezza non sufficienti per completare tutti gli scambi commerciali desiderati; il gesto di Paolo, però, ha avuto l’effetto di aumentare in modo virtuale la liquidità totale, perché pur mantenendo la propria ricchezza nominale di 20 mercuzi, ha reimmesso queste risorse nel sistema, dandogli fiducia; il nuovo livello di liquidità (virtuale) è salito a 170, e questo ha permesso la prosecuzione degli scambi fino al coronamento dei desideri di ciascuno.

Paolo ha scommesso sull’affidabilità del processo, ed ha avuto ragione: la sua fiducia ha permesso a ciascuno di realizzare i propri obiettivi, e se andassimo avanti con la simulazione probabilmente scopriremmo che prima i poi i benefici di vivere in questo sistema virtuoso lo avrebbero ricompensato.

Il moltiplicatore dei depositi è proprio questo, ed è un meccanismo che si basa appunto sulla fiducia: ovviamente opera in uno scenario più complesso, con attori che istituzionalmente svolgono l’attività di Paolo, ossia le banche.

Ti faccio una domanda: credi forse che i soldi che hai depositato sul conto corrente si trovino fisicamente nei caveau dell’istituto di credito?

Ebbene, sappi che non è così: perché una parte dei tuoi depositi sono rientrati in circolazione, sotto forma di prestiti: e poiché tu pensi di avere 100 mercuzi in banca, e l’azienda che ha ricevuto il prestito pensa di averne (diciamo) 80, globalmente siete convinti che i mercuzi totali siano 180, quando in realtà continuano ad essere 100.

Per inciso: tecnicamente parlando tu non hai 100 mercuzi in banca, ma un credito di 100 mercuzi nei confronti della banca, che è ben diverso!

Detto in altri termini, la banca centrale stampa moneta per 100, ma siccome ci sono di mezzo gli istituti finanziari che ricevono depositi e concedono prestiti, la liquidità complessiva disponibile è maggiore.

Qual è il punto debole del meccanismo? Ma ovviamente la fiducia: se all’improvviso tutti quanti ci presentassimo in banca per riprenderci i soldi, questa non avrebbe i mezzi per far fronte a tutte le richieste e si arriverebbe alla bancarotta!

Cosa posso però imparare dai miei amici? Mi sembra evidente: la fiducia è un potente amplificatore di risorse, ed è in grado di creare ricchezza dal nulla, semplicemente spostandola nel tempo: è una specie di macchina del tempo virtuosa che rende reali i sogni.

E questo ragionamento non si può certo fermare ai freddi aspetti monetari, non credi? Se vuoi vivere in un mondo migliore, è il caso di iniziare a dargli fiducia! O vuoi continuare ad essere sospettoso come le banche che stanno in realtà abdicando al loro principale ruolo istituzionale?

Tendenza attualizzante


 

Lo vedi l’alberello nell’immagine?

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Prima che lo trapiantassi era in un vaso, interamente secco, ed io l’avevo giudicato senza speranza e gettato nella spazzatura; per poi cambiare idea e decidere di concedergli un’altra possibilità.

L’ho allora recuperato e trapiantato dove si trova attualmente; non gli ho fornito antiparassitari, concimi o altro: tutto quello che ho fatto è stato metterlo nel terreno e lasciarlo a sé stesso.

Io gli ho dato fiducia, lui la fatto il resto.

Adesso quando mi sento giù di morale, e tutto mi sembra inutile e privo di significato… gli mando uno sguardo e ritrovo la forza per andare avanti: tutto sommato anche io merito la mia fiducia.