Caro Mario, trovo ammirevole la tua coerenza, questa ferrea ricerca di evidenze scientifiche per ogni affermazione o idea, e mi riconosco in te laddove percepisco il mio bisogno di certezze; eppure c’è un punto, presso le Colonne d’Ercole, al di là del quale non possiamo spingerci nella ricerca di prove, e questa purtroppo è una falla nel sistema di conoscenza che mina alla base ogni apparentemente solido impianto scientifico, sancendone irrimediabilmente i limiti.
Ti faccio osservare che ogni prova scientifica che supporta le tue convinzioni sul mondo che ti circonda regge su un assunto spesso dato per scontato, ossia che il mondo esista al di fuori della tua coscienza.
Ora ti chiedo, Mario il Positivista: che prove riesci a fornirmi di questo assunto? Perché se esso è falso o non è dimostrabile, crolla anche ogni possibile castello che tu possa aver costruito su di esso.
Ogni esperimento, libro, video o audio, ragionamento o induzione, tutto, ma proprio tutto passa attraverso la tua coscienza: anche le parole che stai leggendo in questo momento; che prove riesci a dare a te stesso del fatto che questo continuerà ad esistere dopo che tu non ci sarai più?
Se sei un positivista serio, e onesto con te stesso, non puoi ignorare questa domanda; in nome dell’efficacia: prima di cercare prove per i dettagli, forse dovresti cercarle per le fondamenta; o forse preferisci basare la tua scienza su un atto di fede, trasformandola nell’ennesima forma di religione?
Ricordi uno dei primi videogiochi diventati famosi, PAC-MAN? Per rinfrescarti la memoria (non credo che tu ne abbia bisogno), puoi visitare questa pagina.
Qual era una delle caratteristiche di questo videogioco? Beh, considerato che siamo agli albori, sicuramente quella di essere in due dimensioni; la grafica 3-D è venuta molto tempo dopo, resa possibile da uno sviluppo delle risorse hardware ai tempi inimmaginabile.
Ora però ti racconto una storia ai più sconosciuta, credo la troverai interessante: si tratta dell’esperienza di gioco vista dal protagonista, proprio lui, il cerchietto mangia puntini.
Devi sapere che PAC-MAN, naturalmente convinto che il mondo fosse limitato al solo labirinto che era in grado di esplorare, era anche piuttosto presuntuoso: credeva solo in ciò che vedeva o era in grado di sperimentare, e non ammetteva l’esistenza di altro all’infuori di quello.
Certo, si rendeva conto dell’esistenza di fenomeni strani, primo fra tutti quel comodissimo passaggio segreto che lo faceva sparire da un lato dello schermo e ricomparire magicamente dal lato opposto; ma li considerava come un dato di fatto, ormai si era abituato ad utilizzare quella comoda via di fuga ed aveva mentalmente rimosso la necessità di trovarne una spiegazione razionale. Anche se un briciolo di disagio per quel conto che non tornava, nascosto in un recesso della sua mente, ogni tanto si risvegliava per logorarlo.
Per noi, esseri umani in 3-D, la visione è invece molto più nitida: povero PAC-MAN, intrappolato in quelle due sole dimensioni che lo rendono prigioniero del labirinto. Ah, se potesse venire a conoscenza di una terza dimensione, da sfruttare per i propri spostamenti, quante opportunità gli si aprirebbero! Che balzo in avanti nella comprensione del mondo!
Immaginiamo che un bel giorno una sfera, per sua natura 3-D, attraversi il piano di gioco. Cosa vedremmo noi, e cosa vedrebbe PAC-MAN?
Beh, tu ed io vedremmo proprio quello che ho detto: una sfera che attraversa il campo di gioco; ma vai a spiegare al poverino cos’è una sfera, a lui che non ha mai fatto esperienza della terza dimensione.
All’inizio la sfera toccherebbe la superficie del labirinto in un punto, ed è esattamente quello che vedrebbe PAC-MAN: un punto che appare misteriosamente dal nulla.
Poco a poco la sfera penetrerebbe la superficie, intersecandola con una porzione sempre più vasta: il punto, visto dal mondo bidimensionale, si allarga in un cerchio; il meccanismo è un po’ quello che ci hanno spiegato a scuola per i paralleli terrestri: sezioni di piano che intersecano la superficie del nostro globo vanno a formare grandi circoli immaginari.
Il povero PAC-MAN è allibito: può forse digerire il passaggio segreto, anche perché gli torna comodo, ma di fronte a questo fenomeno resta letteralmente di stucco: dal nulla appare un puntino che poi cresce, diventa un qualcosa che gli somiglia parecchio, e cresce sempre più! Decisamente è terrorizzato!
Poi, improvvisamente, la crescita si arresta: ecco che il cerchio inizia a contrarsi, si contrae sempre più, torna ad essere un puntino e… svanisce nel nulla!
Per noi due, che osserviamo dall’esterno, tutto è perfettamente spiegabile: la sfera ha attraversato completamente la superficie, i punti di contatto sono diventati sempre di meno ed alla fine ne è uscita, passando dalla parte opposta. Tutto nella normalità, nessun fenomeno misterioso.
E per noi è perfettamente spiegabile anche i passaggio segreto: si tratta semplicemente di un cunicolo che permette di muoversi lungo la terza dimensione, al di fuori del campo di gioco.
Incredibile come avere accesso ad una dimensione aggiuntiva possa contribuire a migliorare la nostra visione del mondo; poi, certo, ci vuole anche un po’ di umiltà e capacità di immaginazione: noi non siamo certo chiusi nel nostro mondo come quello stupido personaggio da videogioco. Noi sappiamo che le dimensioni lungo cui muoversi in realtà sono tre.
Un momento: e se fossero di più? Supponiamo siano quattro, ma analogamente a quanto accade al povero PAC-MAN, che non vede la terza, noi non possiamo vedere la quarta. Tu non hai la cieca presunzione di PAC-MAN, sai che questa eventualità è plausibile, vero?
Ebbene, anche a noi a ben vedere appaiono fenomeni strani, che accettiamo perché ne facciamo da sempre esperienza ma che non riusciamo a capire fino in fondo, a dar loro una spiegazione soddisfacente. Forse l’esistenza di una quarta dimensione (o anche più, a detta delle moderne teorie sulla fisica quantistica), aiuterebbe a capire, a dare un senso a tutto ciò?
Giusto per trovare un esempio concreto: riesci a pensare a qualcosa che appare praticamente dal nulla in questo mondo, cresce, regredisce per poi tornare a sparire nel nulla, in una dinamica a cui, in tutta onestà intellettuale, facciamo fatica a dare un significato, se non ricorrendo a variegate forme di religione?
Qualche tempo fa ho ricevuto un commento da una collega blogger col quale mi comunicava di avere nominato Fuori dal Solco per il premio ‘The versatile blogger of the year’.
La cosa mi ha riempito di gioia, perché mi sono sentito apprezzato; la collega cura il blog d’arte La Musa Inquietante, che trovo molto ben scritto anche se non lo seguo molto perché, per mio difetto, non ho particolare sensibilità per le tematiche legate all’arte: ti invito però a dare un’occhiata!
Cliccando sul link fornitomi per vedere di che si trattava ho capito che è una specie di catena di S. Antonio: ogni blogger che sia stato nominato deve scrivere un articolo in cui citare chi lo ha scelto, pubblicare un logo, scrivere sette cose su di sé, quindi nominare altri 15 blogger e comunicarlo commentando qualcuno dei loro articoli.
Di tutte queste cose, l’unica che ho deciso di fare è la prima: ed infatti questo articolo esordisce con i sinceri ringraziamenti e apprezzamenti per La Musa Inquietante. Ma poiché voglio restare fuori dal solco, ho deciso che l’anello di catena che è in me si dovesse spezzare: preferisco invece analizzare il fenomeno per capirne meglio le dinamiche. Quello che andrò a dire potrebbe mostrare di primo acchito connotazioni negative, ma non è questo l’intento, voglio assolutamente rimanere neutro e trarre insegnamento, cerca di proseguire la lettura tenendolo a mente.
Visto con un certo spirito critico, questo fenomeno può essere considerato a tutti gli effetti un virus: si propaga di sito in sito grazie al particolare terreno fertile incontrato, cioè l’entusiasmo derivante dall’essere apprezzato. Appena ricevuta la nomination mi sono infatti sentito importante, ho iniziato a cliccare euforico qua e là per la rete in cerca di informazioni in proposito. Ma questo è un punto debole: facendo leva su di esso, è possibile portare chiunque dove più ci pare; l’obiettivo ultimo del virus non è aiutare il corpo che lo ospita, ma perpetuare la propria esistenza.
Passato qualche minuto, ho cercato di tornare con i piedi per terra e di capire come stessero le cose.
E le cose stanno come ho detto: qualcuno ha avuto l’idea geniale di trasferire nel mondo dei blog il concetto di catena di S.Antonio, dando parziale visibilità ai blogger che diffondevano il messaggio ma immensa visibilità a sé stesso! E fin qui nulla di male, dopo tutto anche i portatori sani del virus hanno ricevuto dei benefici in termini di visibilità; esistono però casi maligni, ad esempio i molti post sui social network in cui si chiede di diffondere notizie false facendo leva su emozioni forti quali pietà, compassione, rabbia. Scatena un’emozione forte in qualcuno nel modo giusto, e gli farai fare ciò che vuoi!
Ma facciamo un passo oltre: questo meccanismo è vero più in generale per le idee: se sono in grado di fare presa sul substrato che utilizzano per diffondersi (i cervelli), possono replicarsi e perpetuare la specie per secoli (vuoi un caso emblematico? Il Cristianesimo è un’idea che si propaga, assumendo ad ogni passaggio modifiche evolutive – in senso darwiniano – da più di 2000 anni!). Il genetista Richard Dawkins ha utilizzato il termine memi per identificare questa sorta di geni di secondo livello, con argomentazioni che ritengo assolutamente convincenti; i memi si propagano di cervello in cervello così come i geni si propagano di corpo in corpo, e possono essere considerati a tutti gli effetti come entità a sé stanti, che trascendono il particolare supporto che in quel momento li sta ospitando. Ti senti sminuito perché relegato al ruolo di semplice supporto delle tue idee? Scusa. Ma dopotutto è quello che siamo, hardware.
Ma torniamo a noi: che insegnamento possiamo trarre da tutto questo? Direi senz’altro quello di diffidare di ogni tipo di automaticità nella risposta agli stimoli esterni. Tutto ciò che è automatico può essere pericoloso, perché ci fa prendere decisioni che solo apparentemente sembrano nostre; è importante rendersi conto di questo fenomeno, perché sta alla base dei molti meccanismi di marketing, propaganda elettorale, demagogia e quant’altro, che ci fanno comportare come massa non pensante invece che individui coscienti.
E non puoi dire che non ci siano fulgidi esempi davanti ai nostri occhi…
Le leggi di natura esistono, sono sotto i nostri occhi; basta aprirli per vederle.
Una legge di natura dice ad esempio che l’acqua è governata dalla forza di gravità: è inutile cercare di imbrigliarla per fermarla, ogni volta che facciamo un tentativo in tal senso ne usciamo tragicamente sconfitti, le recenti alluvioni metropolitane lo confermano tristemente. E’ un fenomeno che puoi gestire, ma non fermare; devi prendere atto che le cose stanno così e al più accontentarti di un accordo: “caro fiume, ti dispiace se ti faccio passare un po’ più a sud che qui mi piacerebbe avere un bel campo di patate?” Se sei fortunato l’accordo va in porto, ma scordati una proposta del tipo: “fiume, tu devi passare in questo condotto, scusa se è un po’ stretto, vedrai che se ci passi piano piano arrivi dall’altra parte”. Non sei proprio nelle condizioni di dettar legge in questo modo.
Non ti piace? Non importa, le cose stanno così, e prima te ne accorgi meglio sarà (per te, non per il fiume).
Fenomeni del genere in natura sono ovunque, l’esempio riportato è solo uno dei tanti; un’altro fenomeno di questo tipo lo scopriamo con la pubertà: improvvisamente capiamo a che serviva l’altro sesso, e sembra che i maschi lo capiscano proprio bene, tanto che voci canzonatorie diffuse affermano che cessino di ragionare con il cervello per iniziare a farlo con parti meno adatte allo scopo.
Come esponente della categoria non mi sento di smentire, non so quanto questo sia vero anche per l’altro sesso, ma non è questo il punto della discussione; fatto sta che le pulsioni sessuali esistono, rientrano nelle leggi di natura che, per un darwinista come me, sono orientate (in media) alla propagazione dei geni.
La pulsione sessuale funziona un po’ come una pentola a pressione: il vapore inizia a cercare una via di uscita, ma siccome siamo esseri umani e non animali (questo è quello che comunemente si dice, non quello che penso) la nostra capacità raziocinante è in grado di tenere chiusi gli sfiati e lasciar intendere al di fuori della pentola che tutto sia tranquillo.
Ora, la domanda che ti faccio è: con quanta spensieratezza rimarresti vicino ad una pentola in queste condizioni? Non riterresti fosse il caso di lasciarla sfiatare un po’ di tanto in tanto?
Papa Benedetto XVI afferma che chi prova pulsioni sessuali al di fuori della regola canonica sia da condannare: secondo sue recenti affermazioni, i “tentativi” di rendere il matrimonio “fra un uomo e una donna” “giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione” sono “un’offesa contro la verità della persona umana”.
Ed essere alla guida di un esercito di pentole a pressione pronte ad esplodere non è un’offesa contro la verità della persona umana? Sono davvero gli omosessuali il problema? Se lo sono, è solo nella misura in cui non li si lasci liberi di esprimere la propria sessualità, reprimendoli, caricando la molla delle loro pulsioni naturali.
Perché invece di esternare opinioni dal contenuto obsoleto su apparenti problemi di case altrui, non ci si concentra sui veri problemi di casa propria? Se davvero esiste qualcosa contro natura, in testa alla classifica troviamo sicuramente la castità del clero: un essere umano ‘programmato’ per avere rapporti sessuali e tuttavia represso è una bomba ad orologeria.
Certo, possiamo affermare che tutto questo sia frutto di una rinuncia ascetica ai piaceri di questo mondo, una forma di digiuno, di abnegazione. Ma deve trattarsi di una scelta personale, e sempre a livello personale deve sussistere la possibilità di resa, la presa d’atto di non essere all’altezza di questo cammino di astinenza.
Non può essere una strada a senso unico imposta per legge, perché non puoi per decreto impedire al fiume di raggiungere il mare.
Se proprio vuoi trovare qualcosa di cui aver paura, è questa la direzione giusta in cui cercare. Rifletti.
Ieri ho ricevuto una newsletter dal sito ilmeteo.it dal seguente oggetto:
ALLARME ROSSO: NEVE tra pochi secondi, SEGNALA ADESSO
peraltro in linea con una collaudata strategia di allarmismo a cui questo portale non è nuovo.
Sia ben chiaro, consulto quotidianamente quel sito, le cui previsioni ritengo affidabili, e credo che ognuno debba perseguire i propri fini usando i mezzi ritenuti più opportuni, purché confinati nella liceità; questo fatto mi ha però stimolato una riflessione.
In cosa consiste esattamente questo disegno – diciamo – di marketing? Quante volte viene utilizzato nel mondo della comunicazione in cui ci troviamo immersi?
Ebbene, se ci rifletti, viene utilizzato molto più spesso di quanto non si creda; ti è mai capitato di leggere i giornali o ascoltare il telegiornale e osservare che si danno solo cattive notizie? Quanto spesso sul posto di lavoro viene fatto allarmismo ingiustificato circa stringenti scadenze da rispettare o concorrenti che ci stanno mettendo all’angolo? Quante volte si parla di perdite di posti di lavoro, di rincari della benzina, di aumento delle tasse?
Lo sai perché accade questo? Perché vogliono spaventarti.
La paura di per sé è un’emozione utile, ci aiuta a tirarci fuori dalle situazioni di emergenza, quindi non va demonizzata né ci si deve vergognare di essa. Si tratta di un meccanismo utile che tuttavia può essere strumentalizzato: quando hai paura tendi a perdere il controllo delle tue azioni, tendi a non riflettere, tendi ad aggrapparti alla prima mano che ti presta soccorso. Ma se la prima mano fosse quella sbagliata?
L’invito che ti faccio è quindi ancora una volta quello di riflettere, ragionare con la tua testa, prendere coscienza di questo inganno sottile; dopotutto, come si dice, il diavolo non è così brutto come lo si dipinge.
Il diavolo. Come non averci pensato prima? Ti rendi conto che anche in questo caso ci troviamo di fronte allo stesso stratagemma? “Attenzione a quello che fai, segui i precetti che ti insegniamo, se non vuoi passare l’eternità fra mille tormenti!”…
Come vedi, da millenni questo meccanismo dimostra di funzionare.
Mi sento in vena creativa: in questo articolo ho deciso di raccontarti una storia da me inventata; spero di riuscire a coinvolgerti, ma non ho molta fantasia per cui ho inserito qualche ingrediente piccante per rendere più interessante la lettura. La storia è la seguente.
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Due personaggi arrivano a Solchenburgo sul far della sera, mentre Guglielmo è seduto alle porte della città. Non appena li vede si alza, va loro incontro e dice: «Signori, venite in casa mia: vi passerete la notte, vi farete una doccia e poi, domattina, ve ne andrete per la vostra strada». Quelli rispondono: «No, passeremo la notte in albergo». Ma egli insiste tanto che vanno da lui ed entrano nella sua casa. Egli prepara per loro una cena, inforna delle pizze e così mangiano. Non si sono ancora coricati, quand’ecco che gli uomini della città si affollano intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamano Guglielmo e gli dicono: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!». Guglielmo esce verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé, dice: «No, non fate loro del male! Facciamo così, io ho due figlie che non hanno ancora avuto rapporti sessuali; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, che sono miei ospiti». Ma quelli rispondono: «Tirati via! Sei venuto qui come straniero e vuoi fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E spingendosi violentemente contro Guglielmo, si avvicinano per sfondare la porta. Allora dall’interno quegli uomini sporgono le mani e traggono in casa Guglielmo chiudendo il battente; poi colpiscono gli aggressori con l’abbaglio accecante di un laser così che non riescano a trovare la porta.
Quegli uomini dicono allora a Guglielmo: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per distruggerlo: il grido innalzato contro di loro davanti al nostro padrone è grande e il nostro padrone ci ha mandati a distruggerli».
Guglielmo esce a parlare ai suoi futuri generi, che dovranno sposare le sue figlie, e dice: «Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il castellano sta per distruggere la città!». Ma i generi credono che egli voglia scherzare. Quando arriva l’alba, i due ospiti fanno premura a Guglielmo, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue figlie ed esci per non essere travolto nel castigo della città». Guglielmo indugia, ma quegli uomini prendono per mano lui, la moglie e le sue due figlie, per un grande atto di compassione del castellano verso di lui; lo fanno uscire e lo conducono fuori della città. Dopo averli condotti fuori, uno di loro dice: «Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!». Ma Guglielmo risponde: «No! Vedi, tu hai usato una grande compassione verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. Guarda quella città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là, lascia che io fugga lassù, e così la mia vita sarà salva». Gli rispondono: «Va bene, eviteremo di distruggere la città di cui hai parlato. Presto, fuggi là perché non possiamo far nulla, finché tu non vi sia arrivato». La città in questione è Pitemburgo.
Il sole sorge e Guglielmo è arrivato a Pitemburgo, quando il castellano fa piovere dal cielo sopra Solchenburgo una pioggia acida infetta da virus mortali, che uccide tutti gli abitanti della valle e l’intera vegetazione del suolo. La moglie di Guglielmo si volta indietro a guardare, e viene uccisa da un fendente letale.
Poco tempo dopo Guglielmo lascia Pitemburgo per andare ad abitare sulla montagna insieme con le due figlie, perché teme di restare, e si stabilisce con loro in una caverna. Un giorno la maggiore dice alla più piccola: «Nostro padre è vecchio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi. Vieni, facciamogli bere del vino e poi corichiamoci con lui, così faremo sussistere una discendenza da nostro padre». Quella notte fanno bere del vino al padre e la maggiore lo violenta; lui, ubriaco, non si accorge di nulla. All’indomani la maggiore dice alla più piccola: «Ieri ho copulato con nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e va’ tu questa volta con lui; così faremo sussistere una discendenza da nostro padre». Anche quella notte fanno bere del vino al padre e la più piccola lo violenta. Così le due figlie di Guglielmo entrano in gravidanza. La maggiore partorirà un figlio dal nome Lucio. Anche la più piccola partorirà un figlio e si chiamerà Gustavo.
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Piaciuto il racconto?
Che opinione ti sei fatto dei personaggi? Secondo quelli che sono i tuoi principi culturali, morali o religiosi, quale di essi è degno di lode? Guglielmo che sacrifica le figlie ad un’orda di assatanati per salvare due sconosciuti? Le figlie incestuose che lo fanno ubriacare? I due emissari colpevoli della strage, o il castellano mandante? Gli abitanti, aspiranti violentatori di gruppo? La moglie? I generi?
Cambiamo prospettiva. Che insegnamento trai da questa storia? Qual’è la morale del racconto? La narreresti ai tuoi figli prima di addormentarsi? Se si, come gliela spiegheresti? La divulgheresti nelle scuole?
Bene, ti lascio libero di rispondere a queste domande; spero non mi giudicherai male per questo racconto…
Ora che ci penso bene, credo che invece lo farai… probabilmente penserai che per arrivare a scrivere queste cose devo avere una mente un po’ deviata…
E va bene, lo confesso, a mia parziale discolpa: non è proprio tutta farina del mio sacco, mi sono ispirato ad una storia narrata in un libro piuttosto famoso, forse al contempo il più stampato e in proporzione meno letto (se non hai riconosciuto il racconto, nemmeno tu l’hai fatto); questo libro è stato donato in versione ridotta e semplificata a mio figlio, studente della scuola elementare, dal Ministero dell’Istruzione; mi sono detto: se è un libro la cui lettura è incentivata a scuola, deve sicuramente avere contenuti meritevoli di divulgazione…
Ci capita spesso di interrogarci sul perché esistano le malattie, la violenza, la fame, le calamità naturali; tutti noi auspichiamo di vivere in un mondo in cui il bene trionfi finalmente sul male, ed ogni ingiustizia sparisca.
Ti propongo allora uno sforzo di fantasia: come sarebbe questo ipotetico mondo? Provo a mettermi in gioco e a farlo per te; beh, intanto dobbiamo metterci d’accordo su cos’è bene e cos’è male: direi che il raffreddore è male. Anche la carie è male. Il cibo è bene, e anche il sesso. No, un momento, precisiamo: con Monica Bellucci sicuramente, ma con la tua vicina di casa, non proprio piacente, direi che è male (l’esempio è confezionato per un soggetto eterosessuale di sesso maschile: ovviamente ti prego di adattarlo opportunamente al tuo caso).
Come dici? La tua vicina ha da anni un debole per te? Quindi per lei sarebbe invece bene… eh ma qui entriamo in contraddizione: come può una cosa che per te è male per qualcun altro essere bene? Ora che ci penso, però, ci sono parecchi di questi casi: se mangio tutta la torta in frigo per me è sicuramente bene, ma per mia moglie è male… forse presto lo sarà anche per me, per via del mal di pancia…
Ah, ma sono caduto in un grossolano errore! Ovvio che nel mondo di cui stiamo parlando ci sono torte per tutti, ne posso mangiare senza controindicazioni e la vicina può consolarsi con qualcuno che è molto meglio di te (scusa se ti sminuisco, mi serve solo per l’esempio) che fra l’altro ha gusti stravaganti e quindi è a sua volta parecchio contento.
In questo modo riusciamo ad appianare tutte le contraddizioni? Ho seri dubbi. Ci sono casi in cui una situazione di malessere è necessaria a produrre benessere, e viceversa il benessere conduce a situazioni dolorose; magari tu riesci a immaginarti un mondo in cui questo non accade, ma io non riesco proprio a figurarmelo. Estremizziamo: se non esistesse più la morte, non potrebbe nemmeno esistere la gioia per la nascita di un figlio; se nessuno muore più e continuano a nascere persone, dove le mettiamo? Quanto meno dovrei affrontare il disagio di cambiar casa, che per me è male perché sono affezionato al posto in cui vivo.
Detto in altri termini: male e bene sono due facce della stessa medaglia, uno non può esistere senza l’altro: il piatto di pastasciutta mi dà piacere perché pone fine ad una situazione di fame. Il sonno è piacevole perché sono stanco. La commedia al cinema è divertente perché sono annoiato. Il camino acceso è gradevole perché fuori fa freddo.
Quindi un mondo in cui il male non esiste non sta in piedi dal punto di vista logico: possiamo ovviamente decidere di andare avanti ragionando senza logica, ma allora è inutile condividere un territorio di discussione comune, anzi è inutile perfino comunicare. E allora, la vita è un immenso gioco a somma zero, nel quale ad ogni vincita corrisponde una perdita: è la ragioneria che trionfa, DARE uguale AVERE, nulla si crea e nulla si distrugge!
Gli orientali tendono a cadere meno facilmente nell’errore, ragionando in modo molto più olistico rispetto a noi occidentali: nella loro cultura predomina il concetto di yin e yang, ossia gli opposti che si compenetrano, il nero che sfuma nel bianco, il positivo che convive col negativo: tutto è uno, le divisioni esistono solo nella nostra mente. Molti koan Zen (piccoli motti o frasi che racchiudono verità profonde) usano proprio la contraddizione per stimolare il pensiero: non uno o l’altro, ma uno e l’altro.
Credo che abbiano regione loro.
Allargando questo ragionamento si viene a mettere in discussione anche la nostra logica, basata sui due valori mutuamente esclusivi di vero e falso: forse va rivista? Beh, per ora fermiamoci qui, ne parleremo in uno dei prossimi articoli.