Archivio mensile:marzo 2022

L’economia del dono


“Non riesco proprio a credere che in questo paese si possa vivere senza denaro.”

“Probabilmente non hai abbastanza fiducia.”

“Non vedo cosa c’entri la fiducia… comunque ti sarei profondamente grato se volessi togliermi qualche curiosità, perché davvero sono incredulo!”

“Ma certamente, sono a tua disposizione, chiedi ciò che vuoi… non ti costerà nulla!”

“Grazie! Non so proprio da dove cominciare… ecco, partiamo dal cibo. Supponi che io voglia del pane. Mi stai dicendo che è sufficiente che vada da un panettiere e ne prenda quanto ne voglio?”

“Se per ‘quanto ne voglio’ intendi la quantità di cui hai bisogno, la risposta è sì. Se invece intendi fare scorte per il futuro, allora no: nel nostro paese ciascuno sa che può prendere esattamente quanto gli serve in quel momento, tutti si comportano così. E’ uno dei principi su cui si basa la nostra economia.”

“Ma io potrei volerne un po’ di più per far fronte a imprevisti futuri…”

“Ecco, lo vedi che ti manca la fiducia? Perché mai dovresti prenderne di più? Io so nel mio profondo che, se domani avrò bisogno, troverò ciò che mi serve. Non mi occorre accumulare alcunché, salvo che per evidenti motivi pratici, ad esempio perché prevedo di non uscire di casa nei prossimi giorni.”

“Va bene. E il panettiere? Come fa fronte ai costi per produrre il pane? Avrà pur bisogno di farina, legna da ardere, acqua…”

“Lo sai da te… li troverà messi gratuitamente a disposizione da qualcun altro.”

“E perché mai dovrebbe lavorare senza avere nulla in cambio? Cosa lo spinge a farlo?”

“Il piacere di avere le mani in pasta; il piacere di leggere nei tuoi occhi la soddisfazione provata mangiando il frutto del suo lavoro. Il piacere di avere uno scopo nella società in cui vive.”

“Va bene. Ma chi gli garantisce che troverà le quantità di farina di cui ha bisogno? O la legna per il forno?”

“Ci risiamo, non riesce proprio ad entrarti in testa. La fiducia! E comunque, quando ha deciso di aprire una panetteria sapeva che in zona c’erano dei produttori di farina, d’altro canto queste sono valutazioni preliminari che fate anche nel vostro paese, no? Cambia solo il fatto che, a differenza nostra, voi pagate le materie prime, e la maggior parte delle vostre azioni è guidata dal senso del dovere invece che dal piacere. E’ come se viveste per pagare debiti che pensate di avere ereditato fin dalla nascita; questo atteggiamento mi ricorda tanto un famoso peccato di biblica memoria.”

“In effetti l’idea di prendere del pane senza dare nulla in cambio mi farebbe sentire parecchio a disagio! Penserei di essere debitore, appunto, di dovere qualcosa a quella persona!”

“Questo perché, a differenza sua, non hai fiducia nel fatto che egli avrà un ritorno dalla sua opera, seppure molto indirettamente! La fiducia permette di cambiare drasticamente la prospettiva, non si sente più l’esigenza di avere un ritorno immediato, e a quel punto anche il concetto stesso di ‘ritorno’ perde significato. Procurarsi il sostentamento non è più un problema perché una moltitudine di persone mette a disposizione gratuitamente le risorse, e questo permette a ciascuno di fare ciò che più gli piace, e di farlo anche al meglio, visto che è un piacere e non un dovere. In tal modo permetterà a sua volta ad altri di godere della propria opera.”

“Mi sembra tutto molto utopistico. Credo che prima o poi qualcuno si approfitterebbe della situazione, e inizierebbe a prendere senza mai dare nulla in cambio.”

“Intanto, noto dal tuo linguaggio che ancora non sei entrato nella giusta prospettiva. Non c’è nulla da dare in cambio. Qui da noi le persone non fanno alcunché allo scopo di usarlo come oggetto di baratto; ad esempio il panettiere non produce pane perché vuole scambiarlo, ma perché prova soddisfazione nel crearlo e nel donarlo. Stando così le cose, perché mai qualcuno dovrebbe approfittarsi della situazione, come dici tu, smettendo di fare ciò che gli piace? Sarebbe piuttosto sciocco, non trovi?”

“Ok, ok. E se ciò che piace a una persona non servisse a nessuno? In quel caso, quella persona non sarebbe un parassita della società?”

“Credevo che tu conoscessi meglio l’animo umano! La vera soddisfazione di ognuno nasce dal piacere della condivisione, di relazionarsi agli altri, di sentirsi utili. Sai bene che vita infelice conduce chi lavora solo per soldi, facendo un mestiere che non ama. La persona di cui parli troverebbe prima o poi il modo di appagarsi con un’attività che torna utile a qualcuno.”

“Mi sembra tutto così assurdo! Sarà che arrivo da un mondo in cui il concetto di fiducia è così raro…”

“Penso che tu stia parlando in modo poco consapevole. Dove tieni, ad esempio, i tuoi soldi?”

“Beh, la maggior parte sono in banca.”

“Ecco. E pensi che la banca te li conservi chiusi in cassaforte, in attesa che tu vada a ritirarli?”

“A dire il vero, non so… no, credo proprio di no!”

“Appunto. La banca investe il tuo denaro prestandolo; e lo stesso fa con il denaro di tutti gli altri risparmiatori. Se un bel giorno decideste in massa di riprendervi i vostri soldi, la banca non potrebbe in alcun modo onorare gli impegni. L’intero meccanismo si basa sulla fiducia nella banca stessa e nel fatto pragmatico che non andrete tutti a ritirare i soldi allo stesso momento. Quindi, anche il vostro sistema per certi versi si basa sulla fiducia, tutto sommato. Fiducia che voi riponete nell’istituto di credito e nei suoi meccanismi di funzionamento e garanzia, mentre noi la riponiamo in qualcosa di ben più vasto e, permettimi, affidabile.”

“Quindi, in un certo senso da voi non esiste la proprietà privata…”

“Nulla di più falso. Se non possedessi nulla di mio, come potrei mai farti dono di qualcosa?”

“Forse confondo l’economia del dono con il comunismo…”

“Forse. L’economia pianificata, che in passato ha mostrato tutti i suoi aspetti fallimentari, priva il singolo di ogni proprietà e assegna la gestione di ogni bene e risorsa produttiva allo stato. Ma lo stato è fatto di uomini, e gli uomini che si trovano a gestire ricchezze così ingenti, il tutto inserito in una logica scambista, saranno inclini ad approfittarsi della situazione a discapito dei più. Fenomeno che di fatto è accaduto, nella storia, trasformando il comunismo in una forma di oligarchia mascherata.”

“E’ davvero difficile affidarsi, come dici tu, al fatto che ogni mio bisogno futuro sarà in qualche modo soddisfatto.”

“L’intera vita è una questione di fiducia: lo stesso atto di camminare presuppone per un istante l’abbandonarsi nel vuoto confidando che presto il piede toccherà terra garantendo stabilità. E la vita in fondo non è un cammino? Tutte le sicurezze che ti fanno sentire tranquillo sono in fondo illusorie, la fiducia nella vita è l’unica vera forma di protezione contro ogni preoccupazione.”

“Mi stai convincendo a livello mentale, ma credo che farei molta fatica a mettere in pratica ciò che dici quotidianamente, questo deve diventare proprio un modo di essere…”

“Non ti crucciare, l’economia del dono non nasce da una scelta razionale, ma viene dal cuore. Quando il tuo livello di consapevolezza sarà sufficientemente maturo, ti ritroverai automaticamente circondato di persone che vibrano su questi livelli, e ti accorgerai improvvisamente che quello che chiami modo di essere è diventato una realtà. Ti ritroverai nel nuovo mondo senza neanche averlo deciso; ora non hai altro da fare, se non accrescere la tua consapevolezza.”

Riferimenti bibliografici:

Devana – Eko-nomia. Il futuro senza denaro

Produci, consuma… crepa!


Una colossale diga trattiene enormi masse di acqua, energia immobilizzata da tempo che, se si esprimesse di colpo, potrebbe deflagrare in un’immensa esplosione che devasterebbe e cambierebbe definitivamente i connotati dell’intero mondo circostante.

Eppure il lago sembra fermo e placido, nascondendo a uno sguardo superficiale l’enorme potenziale che racchiude.

Nei momenti in cui riesco a sopraelevarmi, distaccandomi dalla percezione limitata della mia vita, posso vedere questo scenario dall’alto, e allora sento che dovrei fare qualcosa: quella diga deve crollare, il mondo è arrivato a un capolinea, il genere umano sta lentamente consumandosi nell’automatismo dei suoi meccanismi egoici.

Ma quel muro è solido, troppo solido per le mie minute forze; è un’impresa troppo grande per me, non ce la farò mai.

Poi, improvvisamente, mi vedo, e capisco chi sono.

Sono una minuscola crepa, laggiù, in un angolino in basso. Da quella crepa trasuda qualche goccia di acqua.

E poi vedo che ce ne sono altre, più distanti da me, a livello locale distribuite irregolarmente ma, su larga scala, in modo piuttosto uniforme.

Non sono solo.

E allora mi sento pervadere da un rasserenante entusiasmo.

Non è la mia forza che farà crollare il muro. E nemmeno la forza della altre, piccole, crepe. E nemmeno la totalità delle nostre forze messe assieme.

Sarà l’inimmaginabile forza del lago a distruggere la diga che lo sta imbrigliando, grazie a queste crepe che gli offrono uno spiraglio, un aggancio, uno spunto.

Non devo più affannarmi, è sufficiente lasciarsi attraversare dalle sue acque, liberare il più possibile il passaggio, perché questo io sono: un minuscolo canale che, se lasciato sgombero, si amplierà grazie alla forza stessa dell’energia che lo attraversa.

Non serve altro: lasciare scorrere. Ecco quello che accade quando dò libero sfogo alla mia creatività scrivendo un articolo, una canzone, lavorando il legno: mi connetto alla sorgente e lascio che l’energia mi attraversi esprimendosi nel mondo materiale.

E allora capisco anche le mie paure, ciò che mi fa chiudere in me stesso rallentando il flusso vitale: se la crepa si allarga, ad un certo punto si unirà con altre, perderà la propria individualità; paradossalmente, la mia illusoria esistenza è garantita da quei blocchi di cemento solido e immobile che tanto detesto, e che a loro volta tanto mi odiano ed emarginano in quanto pericolosa falla!

Ma se riesco a trascendere tutto ciò, a disidentificarmi da quella fessura nel muro, insignificante e allo stesso tempo così determinate, allora divento parte del tutto: che le forze dell’Universo esprimano la loro potenza attraverso me!

Io sono


Siamo esseri infiniti, e come tali sfuggiamo ad ogni tentativo di classificazione o definizione.

Eppure, sin dalla nascita siamo esposti a una miriade di forme di etichettatura e catalogazione.

Lasciali fare, non puoi impedirlo, ma non commettere l’errore di crederci: non permettere che ti imprigionino!

Mim La Mim La Mim La Mim La
Mim
Apri il libro e mi parli del fiore
          La
l’ape, il frutto, si nasce, si muore
                   Mim
e non sai dirmi il perché
   La   	  Mim
ma dopo che c’è?

Mim
Se io studio potrò lavorare
         La
e i miei figli potranno mangiare
                Mim
appoggiandosi a me
   La   	  Mim
ma dopo che c’è?

Do
Son domande che è meglio non fare
     Sol
sono soglie da non superare
                   Mim
è assai meglio per te
       La   	    Mim
lascia stare i perché!

Do
Sguardo a terra, e ogni dubbio scompare
                  Sol
il cielo è troppo alto per poterlo toccare
           Mi
o capire dov’è
  La       Mi
affidati a me!

Mim La Mim La Mim La Mim La

Mim
Mamma scienza mi mostra l’altare
       La
del pensiero da idolatrare
                   Mim
sorseggiando un caffè
   La   	    Mim
ma dietro chi c’è?

Mim
La mia mente ha bisogno di schiere
     La
di domande e risposte sicure
                   Mim
che definiscano il sé
   La   	    Mim
ma dietro chi c’è?

Do
Terre oscure da non esplorare

                     Sol
vecchi armadi che non devi più aprire
               Mim
lascia tutto com’è
  La           Mim
puoi scordarti di te!

Do
Ora siedi e sintonizza il canale
        Sol
c’è una serie che saprà sistemare
                        Mi
il guastafeste che è in te
  La       Mi
affidalo a me!

NO!

Sol
Io sono un uomo
                  Re
stringo i pugni e tuono
           Mi      La Mi
non voglio limiti!

Sol
In quanto umano
         Re
non condivido

        Mi      La Mi
riposte sterili

Sol
Io sono un uomo
         Re
io soffro e amo
        Mi      La Mi
con i miei simili

Sol
Sconsacro il duomo
                Re
della scienza e vivo
             Mi      La Mi
tutti i miei stimoli

Sol
Io sono un uomo
          Re
respiro e godo
             Mi      La Mi
di questi attimi

Sol
Seguo il richiamo
           Re
di ciò che sono
             Mi      La Mi
smetto di crederti               

L’onere della prova


Mi hanno fregato nel momento in cui sono riusciti a convincermi che l’onere della prova spetta a me.

È accaduto molti anni fa, oggi me ne sono finalmente reso conto, ma ogni tanto lo dimentico e ci casco nuovamente.

Mi hanno detto, più o meno esplicitamente: dimostra quanto vali, dimostra che meriti di far parte di questa società. Io mi sono lasciato convincere e ho abboccato.

Da una vita mi sbatto per essere produttivo, per dare un senso alle mie giornate, per migliorarmi. Se mi comportassi così per il piacere di farlo, non ci sarebbero problemi. Il fatto è che spesso sono mosso dal bisogno di accettazione, da questo subdolo senso del dovere, di dover provare a me stesso (e indirettamente agli altri) che la mia esistenza ha un senso, che ho il diritto di stare a questo mondo.

Ma ora basta.

Chi ha stabilito che l’onere della prova spetta a me? Perché mai dovrei essere io a dimostrare quanto valgo?

Io valgo per il semplice fatto di essere. Altrimenti non sarei.

Caro amico, se pensi che io non abbia diritto di stare su questa terra, ebbene dimostramelo, l’onere della prova è tutto tuo. E cerca di essere convincente, perché dopo essere stato ingannato per tutti questi anni, adesso sono fermamente deciso a godermi la vita!

Facciamo gruppo!


Il mondo in cui vivi non è né buono né cattivo, è solo un riflesso del tuo stato interiore.

Per migliorarlo non devi fare nulla là fuori, l’unica strada percorribile è quella di lavorare su di te, sulla tua consapevolezza.

Osservare e lavorare sui propri meccanismi interni di funzionamento, per lo più caratterizzati da reattività e automatismi, è un compito assai arduo, perché i nostri sistemi difensivi tendono a non farceli vedere, mascherandoli in modo da farci attribuire la colpa all’esterno.

Ma finché ti ostini a dare colpe, e non ti riappropri della tua RESPONSABILITA’, che poi si traduce nel tuo POTERE di cambiamento, resterai in balia degli eventi.

La chiave di svolta è comprendere che non ci sono colpe, solo mancanza di consapevolezza.

Se portare avanti questo lavoro da soli è difficile, le cose cambiano quando ci si trova in un gruppo, i cui membri siano animati dallo stesso intento: in un ambiente protetto, privo di giudizio e aperto all’ascolto, ciascuno portando le proprie esperienze, le proprie sensazioni, le proprie emozioni, può fare da specchio agli altri, in un comune cammino verso una accresciuta consapevolezza.

Questo mondo lo cambieremo tornando alla dimensione umana, alla relazione sincera e genuina, al contatto.

Io ho fiducia.

Se vuoi saperne di più, e partecipare ai nostri incontri, contattami.

Scoprire di non essere soli riscalda il cuore.