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Per leggere questo articolo ci vuole un fisico bestiale


Elio Massa era un tipo tutto d’un pezzo, dal carattere talvolta irascibile e turbolento, anche se di lui non si poteva certo dire che non sapesse donare calore a chi gli stava vicino.

Aveva però un difetto: il suo marcato egocentrismo lo portava a tenere un atteggiamento eccessivamente arrogante, a comportarsi con chiunque come se fosse il centro dell’Universo.

Certo, i fatti dimostravano inconfutabilmente che aveva una notevole influenza su chi lo circondava, anche se c’era chi non si trovava d’accordo e, anzi, non sopportava proprio questa sua presuntuosa convinzione.

La più accanita contestatrice era senz’altro Gaia Mondo, una frizzante e rotondetta giovane dalla lingua tagliente che non teneva certo per sé le sue pungenti e provocatorie osservazioni.

“Dovresti ridimensionarti un poco, ma chi credi di essere?” gli diceva spesso.

“Fai la sostenuta, eh? Ma se mi gironzoli attorno in continuazione, è evidente che sei innamorata di me, accecata dalla mia bellezza! Perché non o ammetti?”

“Bellezza? Ma non farmi ridere, sei sempre così trasandato, hai visto che macchie hai addosso?”

Lui glissava, facendo finta che l’osservazione non fosse mai stata fatta: quando qualcuno toccava certi argomenti avrebbe preferito eclissarsi; spostava allora per difesa l’accento sul comportamento dell’interlocutore, in questo caso sull’attrazione che Gaia provava nei suoi confronti.

Era, questo, uno dei principali motivi di discussione fra i due; a sentire Elio, Gaia gli girava attorno in continuazione, mentre lei era di tutt’altro avviso: non faceva che andare diritta per la propria strada, e se lo ritrovava sempre fra i piedi.

Un giorno si trovarono costretti ad affrontare una volta per tutte la questione: non era possibile che avessero punti di vista così divergenti, la realtà era una sola e uno di loro si stava certamente sbagliando nell’interpretare i fatti; si trattava di capire chi fosse dei due.

Eppure erano entrambi animati da una convinzione così genuina che, per amor di curiosità scientifica, decisero di abbandonare le rispettive posizioni, per andare alla ricerca di un terreno comune che sciogliesse il nodo in modo definitivo.

Perché lui vedeva effettivamente che lei gli girava attorno, di questo era certo; come altrettanto certa era lei nell’affermare di andare sempre diritta per la propria strada.

Fu Alberto, un caro amico di Gaia, a svelare finalmente l’arcano; e lei non perse l’occasione per sbattere la verità in faccia a quel presuntuoso, che sì, aveva in un certo qual modo ragione nel difendere la propria posizione, ma questo non voleva affatto dire che Gaia fosse innamorata di lui perché, a ben vedere, anche lei era nel giusto quando affermava di andare diritta per la propria strada senza considerarlo minimamente.

“La verità, caro il mio Elio Lo Sbruffone, è che tu modifichi lo spazio.”

Elio trasalì. “Modifico lo spazio? Cosa vorresti dire?”

“Proprio quello che ho detto! Anzi, per essere più precisi, modifichi lo spazio-tempo. Me l’ha detto Alberto, quello che lavora all’ufficio brevetti. Siccome hai molta massa (e se mangiassi un filino di meno forse potresti migliorare la situazione), lo spazio-tempo attorno a te si curva, si piega. E guarda caso, io mi trovo a muovermi proprio dentro a quello spazio-tempo che tu hai incurvato. Ma io mica me ne accorgo, che è curvo! Per me è tutto lineare, diritto! E me ne vado per la mia strada, non mi importa affatto di te, come ti ho detto più volte! Se poi, percorrendo la mia strada rettilinea in uno spazio curvo, a te sembra che ti stia girando attorno, questo è un problema tuo! Ma ti ripeto, e spero che ti sia chiaro una volta per tutte, che tu su di me non hai la minima influenza!”

Elio accusò il colpo. Fece fatica ad accettare un tale stato di cose, e una parte di lui forse non l’avrebbe accettato mai; ma si trovò costretto ad arrendersi a questo nuovo modo di vedere la realtà, perché certamente spiegava molti più fatti di quanto non l’avessero fatto in precedenza le loro convinzioni.

E poi… modificare lo spazio-tempo sembrava molto più fico che attrarre a sé fanciulle belle ma dal carattere spigoloso come Gaia.

Ma cosa diavolo era, poi, questo spazio-tempo?!?

Esiste la cucina di casa tua?


Ritieni che sia più reale qualcosa che hai visto di persona o di cui hai solo sentito parlare? Ad esempio, è più reale l’automobile che hai in garage o il villaggio turistico dove è stato il tuo collega l’estate scorsa e di cui non avevi mai sentito parlare prima?

La domanda è ovviamente retorica, sto solo cercando di portarti, come si dice a Genova, nel mio caruggio.

E’ pacifico che una cosa di cui abbiamo avuto esperienza abbia per noi un carico di sensazioni, ricordi, odori, profumi, emozioni che contribuiscono a darle quella connotazione che noi andiamo etichettando con la parola realtà.

Immagino ad esempio che stamattina avrai fatto un’abbondante colazione nella tua bella casetta; che ore erano? Le 7.30. Bene, non avrai dunque problemi ad affermare che la cucina di casa tua (alle 7.30 di stamattina) esista realmente.

Adesso dove ti trovi? In palestra. Che ore sono? Le 18.30. Anche in questo caso, non avrai ragione di dubitare che la palestra, alle 18.30 di oggi pomeriggio, esista realmente.

Ma che dire della cucina di casa tua alle 18.30? Esiste realmente? Mi dirai ovviamente di sì, che non sei ancora rincasato ma stamattina era sicuramente lì.

Ma non è questo che ti sto chiedendo: io voglio sapere se esiste adesso, alle 18.30.

Pongo la domanda in modo diverso: siccome mi hai appena confermato di dare maggior credibilità a ciò che hai esperito, cos’è per te più reale, la cucina di casa tua alle 7.30 (che hai visto, sentito, toccato, gustato, annusato), o la cucina di casa tua alle 18.30 (che non stai vedendo, sentendo, toccando, gustando, annusando)?

Siamo così inclini ad affermare che il futuro non esista ancora, il presente duri un attimo e il passato non esista più, ma quanto abbiamo più o meno concordato finora sembrerebbe portare da tutt’altra parte; non hai come me il sospetto che la cucina alle 7.30 di oggi debba considerarsi più reale della cucina alle 18.30? O per essere più risoluti: che la cucina delle 18.30 non esista, ed esista quella delle 7.30?

Sto sbagliando qualcosa?

Riferimenti bibliografici:

Rudy Rucker – La quarta dimensione. Un viaggio guidato negli universi di ordine superiore

Il tempo bloccato


Cosa hai fatto oggi pomeriggio? Sei andato a lavorare e hai avuto una giornataccia, mi dici; coraggio, ormai è passata. Adesso goditi questo momento di riposo, domani è un altro giorno. Come? Domani hai una riunione con quel cliente difficile. Accidenti, sarà un’altra giornata problematica, ma pensa positivo, i giochi non sono ancora chiusi, può ancora firmare il contratto a dispetto delle anticipazioni funeste che provengono dalle voci ufficiose. Dopo tutto, da qui a domani sai quante cose possono accadere che cambieranno le carte in tavola… magari a tuo favore: se mantieni la concentrazione e con un po’ di fortuna, puoi ancora modificare il corso degli eventi. Un giovane di belle speranze come te non si deve arrendere alle prime difficoltà; a proposito: quanti anni hai? Venticinque! Hai sicuramente una carriera luminosa di fronte, non smettere di combattere!

Un momento. Venticinque anni? Sei davvero sicuro di avere venticinque anni? Sicuro che non siano… 23,5 miliardi di chilometri?

– o – o –

Noi tutti siamo abituati a vedere il tempo come qualcosa che scorre, un flusso che trasforma il presente in passato e ci proietta nel futuro il quale, poco alla volta, diventa presente; ci sembra abbastanza normale pensare che il passato non ci sia più, il futuro debba ancora venire e che, in fondo, l’unica cosa reale sia il presente; quello che si modifica in questo divenire è uno spazio tridimensionale composto da oggetti che hanno una larghezza, un’altezza, una profondità.

Eppure un signore vissuto nel Novecento, piuttosto bravo ad uscire dal solco, ha iniziato ad insinuare che le cose potrebbero non stare così; il tempo, che noi percepiamo così diverso dallo spazio (le tre dimensioni di cui parlavo), sarebbe invece intimamente connesso ad esso, anzi sarebbe da considerarsi come una quarta dimensione (chiamiamola durata), che si affianca alle usuali altezza, larghezza e profondità; non abbiamo più quindi concetti distinti di spazio e tempo, ma parliamo di spazio-tempo; non si tratta solo di aggiungere un trattino fra le parole, la differenza è profonda e merita di essere analizzata con attenzione (ne vale davvero la pena, il nome del signore citato è Albert Einstein).

Intanto mettiamo le mani avanti: gli effetti di cui parliamo non sono da noi percepibili in quanto interagiamo con oggetti vicini e ci muoviamo molto lentamente (se hai appena comprato una Ferrari mi dispiace, ti hanno quanto meno gonfiato le aspettative: in confronto alla velocità della luce la tua macchina va piuttosto piano). Pertanto credo sarà difficile convincerti che quello che vado ora a raccontare accade veramente, visto che è completamente al di fuori del senso comune.

Intanto cominciamo dall’età, come l’hai misurata? Ovviamente usando un calendario, mica un metro! E il calendario ti dice che, da quando sei nato, sono passati esattamente venticinque anni, ossia si è ripetuta per venticinque volte la data (giorno e mese) della tua nascita. Ma io potrei invece dirti che quando sei nato la Terra si trovava in una certa posizione rispetto al Sole e che oggi, giorno del tuo compleanno, si trova esattamente allo stesso punto (dopotutto è su questo che si basa il calendario), solo che ha percorso, per venticinque volte, una ellissi di 940 milioni di chilometri. Quindi, in fondo, finché la velocità media della Terra attorno al Sole rimane costante, posso tranquillamente usare i chilometri invece degli anni per misurare il passare del tempo (mi chiederai: perché usare la velocità della Terra e non quella della mia automobile? In effetti sono entrambi criteri piuttosto arbitrari; per convertire unità di tempo in unità di spazio i fisici usano in realtà una velocità maggiormente degna di nota, ossia quella della luce).

Un’altra differenza (apparente?) fra spazio e tempo è che, mentre misurare la lunghezza del tavolo della cucina significa rilevare una proprietà di un oggetto che esiste, sta là fuori, lo posso vedere e toccare, misurare l’intervallo fra oggi e l’ultima volta che sei andato al cinema sembra proprio qualcosa di diverso. Perché l’ultima volta che sei andato al cinema ormai è solo un ricordo, non esiste più.

Eppure Einstein, e con lui numerosi altri scienziati, non la pensava così. La tua coscienza crede che non esista più, così come non è in grado di vedere ciò che ancora deve accadere, ma non per questo tali eventi (così si chiamano i punti dello spazio-tempo) sono da considerarsi non reali. In altre parole: immagina di aver pianificato un viaggio a New York, luogo in cui non sei mai stato; al momento tu non lo vedi, non sai come sarà l’albergo dove alloggerai, ma non per questo credi che essi non esistano: ci sono, solo che tu al momento non li vedi. E quando rientrerai dal viaggio, mica sarai convinto che quei luoghi siano spariti… E allora perché non pensare lo stesso del momento in cui arriverai all’aeroporto, all’albergo, e così via?

La teoria della relatività parla chiaro: dati due eventi (A e B) che accadono in posti molto distanti fra loro (diciamo uno nella galassia di Andromeda e uno nella Nebulosa di Orione), se ti muovi in una certa direzione e con una certa velocità vedrai prima accadere A e dopo B, se ti muovi con un’altra velocità e in un’altra direzione vedrai prima accadere B e dopo A (purtroppo non sono un fisico e non ti posso fornire i dettagli di come ciò accada, ma la questione è ormai assodata e dimostrata sperimentalmente dagli scienziati).

Ovviamente i due eventi devono essere sufficientemente lontani da non influenzarsi a vicenda (devono cioè essere separati da un intervallo di tipo spazio), altrimenti questo genererebbe dei paradossi: se A corrispondesse alla tua nascita e B alla tua laurea, non è proprio possibile che, in un certo sistema di riferimento, la laurea preceda la nascita. Pertanto non correre velocemente da un lato all’altro della stanza sperando di notare qualche effetto relativistico, se lo fai perlomeno non ritenermi responsabile di eventuali incidenti contro lo spigolo del tavolo.

Tutto ciò significa che, in primo luogo, non esiste un ora valido per tutti i luoghi: parlare di cosa sta succedendo ora nella Galassia di Andromeda non ha alcun senso, vista l’enorme distanza che ci separa da essa; in secondo luogo, tu puoi decidere la sequenza temporale di due eventi distanti semplicemente muovendoti a destra piuttosto che a sinistra, così come puoi decidere (ma questo ti sembrerà più normale) di scorgere prima il rifugio e poi la vetta del monte passando per il sentiero di destra, oppure prima la vetta del monte e poi il rifugio passando per il sentiero di sinistra. Beh, questo è normale, il rifugio e la vetta stanno lì, se cambio percorso, cambio sequenza di avvistamento… ma anche gli eventi (futuri o passati) stanno lì, e tu ne puoi cambiare l’ordine di avvistamento allo stesso modo.

Dove va a finire in questo contesto il libero arbitrio? Se tutto è già scritto e deciso, perché dovrei farmi tanti problemi o impegnarmi tanto, comunque vada non avrò alcuna possibilità di cambiare ciò che  sta per accadere… (va peraltro detto che, se tutto è già scritto, anche il fatto che tu ti impegni o meno è già scritto, quindi perché domandarsi se valga la pena di farlo?).

Inoltre: va bene, ammettiamo che le cose stiano così; perché a me sembra invece che il tempo scorra, tendo a dimenticare il passato e non ho la più pallida idea di ciò mi aspetta nel futuro? Da dove nasce questa illusione dello scorrere del tempo?

Direi che per ora temi di riflessione sul tavolo ne ho posti a sufficienza, forse è il caso di terminare qui e di rimandare la discussione di queste problematiche ad uno dei prossimi articoli.

Tranquillo, ovviamente sono già tutti scritti…

Riferimenti bibliografici:

Paul Davies – I misteri del tempo. L’universo dopo Einstein
Tullio Regge – Infinito