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La pista cifrata


Quando vieni al mondo sei tempestato da migliaia di stimoli, un vero casino! La realtà che ti trovi di fronte è grosso modo questa.

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In quella marea di punti non ti riesci proprio a muovere: è necessario mettere ordine, trovare un significato, altrimenti non sai che fare. Occorrono dei criteri che ti permettano di individuare il comportamento più adeguato per poter sopravvivere.

Ecco allora che la mente, tuo principale strumento di sopravvivenza, inizia a proporti i primi collegamenti. Piano piano inizi ad individuare delle regolarità negli stimoli che ricevi e, come nel celebre gioco della settimana enigmistica, alcune figure emergono dallo sfondo; presumibilmente le prime a venire a galla sono quelle di mamma e papà.

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Poi, lentamente, capisci che in quella confusione di dati ci sei pure tu; la tua interpretazione del mondo si va completando.

E colleghi i puntini, nuovamente. Ma via via che procedi a tirar giù righe, i gradi di libertà diminuiscono.

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Si tratta solo di un caso, o hai collegato i “tuoi” puntini in modo da creare una forma che grosso modo si adatti a una delle altre?

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Il tempo passa, tu cresci, e la porzione di mondo con cui entri in contatto si va via via ampliando: nuovi puntini da collegare, nuove esperienze da catalogare.

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Ma ormai hai trovato il metodo: non hai alcuna difficoltà ad attribuire un significato alla nuova realtà allargata in cui ti sei venuto a trovare.

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Ma non sempre si tratta di una realtà a cui riesci ad adeguarti, non sempre ti senti adatto; hai compreso il mondo, ma non ti piace affatto, lo senti molto diverso da te. Inizi a soffrire, a pensare di essere sbagliato. La vita da adulto è un vero disagio, quanto rimpiangi l’infanzia!

Questo stato di sofferenza e rifiuto del mondo può protrarsi indefinitamente, a meno che…

A meno che non succeda qualcosa, uno shock esterno o interno a te, che ti faccia rimettere tutto in discussione, e comprendere la verità: i puntini sono reali, ma le linee che li uniscono sono solo tue! Quanta dogmatica fede hai da sempre riposto in esse, e quanto ti sono state utili per muoverti in quel mondo confuso.

Eppure è tutto arbitrario, è tutto posticcio. Perfino l’idea che hai di te è falsata, è solo una delle infinite interpretazioni che potevi dare. E questa è la parte più dolorosa: mettere in discussione chi sei. Annullare quell’io che ti accompagna dall’infanzia per tornare al set di confusi puntini.

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Per farlo devi distruggere l’immagine precedente e questo fa male, perché è un po’ come morire; ma ti permette di rimettere a nudo la tua vera essenza per poi creare uno schema nuovo, sempre arbitrario, certo, ma più funzionale al nuovo contesto.

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E finalmente comprendi: tu non sei quelle linee, tu sei i puntini!

La vita è un fatto di interpretazione, tutto sta a trovare quella che ci fa stare meglio, con la consapevolezza che si tratta solo di questo, di una interpretazione appunto, e pronti a cambiarla quando le circostanze lo richiedano.

Ora sei sereno, ora non hai più resistenze, ora non c’è più sofferenza. Qualche volta provi dolore, quello è inevitabile… ma con la sofferenza hai finalmente chiuso.

L’arbitrarietà del reale


“Hai visto che coraggio quella scimmia?”

“Quale scimmia?”

“Quella laggiù, quella che sta tenendo testa alla leonessa!”

“Leonessa? Scimmia? Ma di che stai parlando?”

“Oh ma insomma, oggi avere un dialogo con te è più faticoso del solito! Laggiù! Non vedi una scimmia muso a muso con una leonessa?”

“Dici vicino a quell’albero?”

“Albero?”

“Albero!”

“Senti, cerchiamo di fare un passetto indietro, non ci stiamo capendo. Io non vedo nessun albero.”

“Mi dici che non vedi quel gigantesco albero di fronte a noi, dal quale si involano due grossi uccelli, e pretendi che io veda invece una scimmia e una leonessa? Dobbiamo farne più di uno, di passi indietro!”

figurasfondo

“Senti, non mi prendere in giro, non è possibile che tu non veda quei due animali, sono enormi! Finora abbiamo scherzato, ok, ma adesso torniamo seri, per favore, questo dialogo mi sta mettendo a disagio!”

“A chi lo dici! Se qui c’è uno che sta prendendo in giro, quello sei tu, non è davvero possibile non vedere quella quercia che hai davanti agli occhi!”

“Ti avviso, la mia pazienza sta per terminare. Un bel gioco dura poco, e tu lo stai tirando un po’ troppo, mi sembra. Ti ho già spiegato che mi inquieta non riuscire a confrontarmi con qualcuno sulla realtà, ti prego smettila!”

“E va bene. Mi sembra che qui nessuno sia disposto a fare il minimo passo incontro all’altro. Facciamo così: perché non chiediamo l’intervento di una terza persona?”

“Mi sembra sensato. Ecco, guarda, sta passando Remo, possiamo chiedere a lui.”

“Remo lo svitato? Non mi pare una grande idea!”

“Non vedo nessun altro… meglio di nulla, no?”

“E va bene, lo chiamo io. Remo! Ehi, Remo, scusami…”

“Ciao ragazzi, come va?”

“Bene Remo, bene, grazie. Senti, avremmo bisogno di un favore. Potresti dirci cosa vedi laggiù, dove indica il  mio dito?”

“Mmm…”

“Dunque?”

“Intreccio bianco nero.”

“Cosa?”

“Intreccio bianco nero!”

“Nessun albero?”

“Nessuna scimmia? Nessuna leonessa?”

“Intreccio bianco nero!”

“Adesso capisci, perché gli danno dello svitato?”

“Eccome se capisco! Non ha la minima capacità di dare un senso alla realtà!”