Archivi tag: correre

Fiducia in me stesso


Quando corri lungo sentieri di montagna devi forzarti ad essere presente, non puoi lasciare la mente libera di vagare: ogni passo falso può degenerare in una pericolosa caduta. L’attenzione deve essere focalizzata sul corpo e sul percorso, soprattutto se quest’ultimo è in discesa.

Proprio in una di queste discese, piuttosto ripida e sassosa, portando l’attenzione ai miei movimenti ho fatto mia una semplice considerazione: accidenti, ho proprio una gran fiducia in me stesso!

Già, perché se ci rifletti l’atto di correre implica, per brevi attimi che si susseguono in rapida successione, l’abbandono del corpo al vuoto e alla forza di gravità; c’è un istante in cui un piede si stacca da terra mentre l’altro è ancora in aria: se fossero due compagni di squadra (e a mio avviso in un certo senso lo sono) potremmo ben dire che hanno un eccezionale affiatamento, per di più se la pendenza negativa è elevata; l’esito dell’atterraggio, poi, non è per nulla scontato: non è detto che il terreno sia stabile, magari quella pietra che sembra ferma in realtà è smossa, si può scivolare sulle foglie, sul fango, sul terreno polveroso… talvolta un pensiero funesto mi sfiora, ma lo scaccio subito: “cavoli, se metto un piede in fallo adesso mi faccio davvero male!”

Io credo che non abbiamo sufficiente consapevolezza di quanto questo gesto sia complesso, lo diamo spesso per scontato perché acquisito in tenera età, ma chi ha dei figli sa bene quanto difficile sia imparare a camminare, figurarsi a correre.

Quindi, ogniqualvolta incontro un momento di debolezza, di scarsa autostima, di poca fiducia nelle mie capacità, posso portare alla memoria questo fatto: che diamine, io so correre in un sentiero di montagna anche in ripida discesa, cos’altro può spaventarmi?

Nati per correre


La giornata era limpida e fredda; il sole che faceva capolino da dietro le montagne dissolveva lentamente la nebbiolina del primo mattino.

Io osservavo quella meraviglia dalla finestra della camera, e dentro di me sentivo la vocina che sussurrava maliarda: “prenderai un sacco di freddo, la temperatura è sicuramente sotto zero là fuori, resta in casa al calduccio, chi te lo fa fare?”

Conoscevo bene quella voce, mi aveva spesso dissuaso dal cogliere numerose occasioni di vita, in passato, e mi forzai a fatica di non darle ascolto: sarei stato parte integrante ed attiva di quel bel paesaggio là fuori.

Indossai la termica, la fascia per le orecchie, i guanti, ed uscii.

Il freddo pungente offendeva le mie guance, lo sentivo insinuarsi lungo la gola fin giù nei polmoni; ogni mia espirazione produceva bianche nuvolette che si disperdevano pigramente sopra la mia testa.

Iniziai ad avanzare timide falcate lungo il sentiero dietro casa, che divenne presto ripida salita in mezzo ai castagni spogli.

Il fiato era corto, le gambe dure e affaticate; sentivo il crepitio delle foglie secche irrigidite dal gelo infrangersi sotto i miei piedi.

La vocina tornava a più riprese alla carica mettendomi di fronte alla folle inutilità di quella corsa nel bosco gelato: diceva che il fisico non avrebbe retto, che sarebbe stato saggio tornare indietro; ma io mi conoscevo bene, sapevo che sarebbe stato sufficiente resistere ancora un pochino, e poi la piacevole sensazione del corpo pervaso dall’energia che entra in circolo avrebbe cambiato completamente le carte in tavola.

Raggiunsi il punto di svolta: è quello in cui credi di essere arrivato al limite delle tue potenzialità; è proprio allora che bisogna sforzarsi di non credere alle illusioni della mente, che per un eccesso di zelo protettivo traccia i confini del possibile molto, molto prima di quelli effettivi.

Così feci: continuai a correre. E d’improvviso, come per magia, la fatica svanì, per lasciar posto alla piacevole sensazione di calore che abbracciava ogni cellula del corpo, contrastando in perfetto equilibrio termodinamico la pressione del freddo pungente dell’ambiente circostante.

Ero entrato a regime, la mente aveva interrotto il suo petulante chiacchiericcio, e potevo finalmente dare ascolto solo le mie sensazioni; gli alberi sfrecciavano rapidi al mio fianco, per poi diradarsi gradatamente e lasciare spazio all’ampio dosso erboso ricoperto di brina che individuava la vetta.

Mi fermai, il fiato che continuava a condensarsi in sinuose nuvolette evanescenti, a contemplare l’incantevole panorama che si poteva godere da lassù. Il sole con tutto il suo carico di energia dissolveva rapidamente il ghiaccio dai miei pensieri.

Ero vivo. Ero felice e libero.

L’ennesima, inconfutabile conferma di quanto valga la pena sforzarsi di ignorare i freddi precetti protettivi della mente, per lasciare spazio al corpo e al cuore.

Gridai ‘GRAZIE’ al vento che spazzava la vetta e ripresi la corsa, in discesa verso casa.