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Il male è là fuori?


In questo difficile periodo mi chiedo: se è vero, come affermato nei percorsi di crescita spirituale che ho incontrato, che la realtà esterna è una proiezione del nostro mondo interiore, allora perché sto creando tutto questo? Esiste davvero tanta oscurità dentro me?

La risposta è sì, dentro di me c’è tanta oscurità, tanto dolore. Dolore che vuole essere visto, ascoltato. E l’errore più grande che posso compiere è credere che sia tutto là fuori, sia qualcosa da combattere, da sconfiggere.

Invece il male è dentro di me, ma la parola ‘male’ non è che un superficiale giudizio: è solo dolore che vuole essere accolto con amore. E lasciato andare.

Questa è la lezione che voglio imparare da quanto sta accadendo nella nostra bella Italia. Ma quanto è difficile!

Perché il mio ego è riluttante ad abbandonare tutti i suoi appigli, e quando si rende conto che sto per davvero arrivando a far mia l’idea che tutto è un’illusione, allora rincara la dose, e rende l’illusione tremendamente minacciosa, caricandola di una parvenza di realtà a cui diventa difficile sottrarsi.

La ‘battaglia’ interiore si gioca su questo campo: mantenere un distacco e continuare a giocare ed essere felici, nonostante tutto.

La potenza di questo atteggiamento non manca di portare le sue conferme, ed ecco che un abbraccio fra manifestanti e polizia, messo in scena al termine di un lavoro di counseling teatrale, si traduce in ‘realtà’ il giorno successivo, al porto di Genova. 

Tutto questo è davvero magia. 

La vita è come decidiamo che debba essere, ma per questo è necessaria molta, molta consapevolezza.

Laconico


Pensi che Gesù Cristo avrebbe avuto tutto quel seguito senza l’aiuto di Giuda?

Credi che Pinocchio avrebbe potuto diventare definitivamente bambino senza l’intervento di Lucignolo?

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Se continui a considerarli personaggi negativi, a ragionare in termini di buono o cattivo, non arriverai mai all’essenza delle cose…

Il punto fermo


Sono appena tornato da un giro in bici, è il momento di un po’ di stretching; in posizione eretta, piego la gamba destra e afferro il piede dietro la schiena con entrambe le mani. Sono un po’ affaticato, ho qualche difficoltà a stare in equilibrio, poi ricordo il suggerimento che qualcuno mi ha dato in passato: fissa un punto fermo di fronte a te e ancorati ad esso con lo sguardo.

Funziona! L’equilibrio migliora, riesco a stare nella posizione per almeno i 30 secondi canonici dell’allungamento, ma potrei benissimo andare oltre. Cambio gamba e applico la stessa tecnica, funziona anche con la sinistra.

Nel fare questo rifletto: è ovvio, il cervello per mandare gli impulsi ai muscoli e contrastare la forza di gravità ha bisogno di indicazioni affidabili; ogni minimo e impercettibile scostamento dal punto di riferimento è sufficiente ad inviare le correzioni della posizione. Se però il riferimento non è fisso, i segnali al cervello non sono coerenti ed esso fatica ad organizzare le indicazioni da inviare ai muscoli, perché gli si cambiano in continuazione le carte in tavola.

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Poi mi accorgo che questo principio ha validità generale: anche nella vita abbiamo bisogno di punti di riferimento, se vogliamo condurla in modo equilibrato. Se questi cambiano in continuazione, noi ci adeguiamo ad essi in modo scoordinato e produciamo una marmellata di comportamenti privi di filo conduttore.

Senza riferimenti fissi ogni nostra scelta, la nostra morale, la stessa distinzione fra bene e male, perdono di significato. E allora ho capito che forse è il caso di provare ad individuarlo, questo punto fermo, per gettare finalmente l’ancora ed abbandonare questa navigazione a vista.

Se sei nella mia stessa situazione, vuoi provarci con me?