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Da geocentrismo a eliocentrismo e oltre…


Eravamo nel medioevo, superstiziosi, un po’ presuntuosi, convinti di essere il centro dell’Universo. Eravamo come un bambino che crede alle favole e pensa, nella sua semplicistica ingenuità, che le cose siano realmente come appaiono.

Poi siamo cresciuti: abbiamo capito che Aristotele e Tolomeo dicevano cazzate, e siamo passati ad una visione del mondo più razionale in cui la Terra ruota attorno al Sole; siamo passati all’età adulta, l’età della ragione.

Per stabilire chi ruota e chi sta fermo è necessario interpellare un giudice, un terzo super partes che decida della disputa fra i due contendenti; occorre prendere un punto di riferimento esterno: ad esempio mettersi comodamente in poltrona su Marte ad osservare.

Problema risolto, dirai tu: quale che sia il punto di riferimento esterno scelto, facendo le dovute deduzioni verrà sempre fuori che la Terra ruota al Sole; la scienza avanza, la mente ci mostra la sua inconfutabile verità.

Facendoci cadere nell’ennesima, dogmatica illusione.

Quanto afferma la ragione è vero, ma si tratta sempre di un punto di vista che dipende dal sistema di riferimento scelto, e che non ha nulla di intrinsecamente assoluto. Anche se il povero aborigeno terrestre è rimasto il solo a pensarla così, la sua opinione è degna di rispetto, vale quanto le altre: nel suo sistema di riferimento, la Terra è al centro.

La democrazia è tutela delle minoranze, non dispotica supremazia della maggioranza.

La teoria della relatività di Einstein insegna infatti che non ci sono punti di riferimento privilegiati, e tutto dipende dall’osservatore, persino la distinzione fra eventi passati, presenti e futuri.

Eppure, nonostante questa infinità varietà di modi per vedere le cose, la Natura riesce a conciliarli tutti: applicando le dovute trasformazioni, è sempre possibile passare da un sistema di riferimento a un altro, e le molteplici realtà possono coesistere senza escludersi a vicenda: non è fantastico? Si tratta solo di fare un piccolo (piccolo’sticazzi) sforzo per cercare di capire l’altrui punto di vista, e poi la quadra si trova.

Con questa presa di coscienza, abbiamo finalmente raggiunto l’età matura, l’età della saggezza, quella che rivaluta il bambino di un tempo e pensa che sì, in fondo valeva la pena di credere alle favole.

L’accettazione di Silvio


Nel lontano dicembre 2013 ero agli inizi di un percorso di crescita personale che, dopo una profonda e dolorosa fase di auto osservazione e introspezione, mi ha portato a pubblicare l’articolo La distruzione di Silvio.

Silvio rappresentava una parte scomoda della mia personalità,  limitante e foriera di problemi, e quell’articolo era una formale dichiarazione di guerra nei suoi confronti: per evolvere dovevo assolutamente liberarmene, dovevo farla fuori.

Sono passati un po’ di anni da allora, e posso dire con orgoglio di essere cresciuto, almeno un poco.

Ti starai forse domandando se sono finalmente riuscito a liberarmi di Silvio.

Nemmeno un po’, è tuttora presente e più che mai bisognoso di attenzioni. La mia crescita non sta in questo, ma nel fatto che mi sono accorto di non pensarla più come allora.

Sono profondamente convinto che cambiare opinione sia l’indice più genuino di crescita personale, pertanto non vivo questo cambio di rotta come una sconfitta ma come un successo.

E non mi sento nemmeno di affermare che allora stessi sbagliando, per nulla. Perché data la situazione di vita in cui mi trovavo sette anni fa (sette: per certe tradizioni esoteriche questo numero ha significati ben precisi), date le informazioni a mia disposizione, data tutta una serie di variabili al contorno, quello era il miglior atteggiamento che mi potessi permettere. Come d’altronde quello proposto nel presente articolo è il migliore per il contesto di vita attuale, e mi auguro proprio che non sia definitivo, di poterlo trascendere in futuro (trascendere, non disconoscere!) per evolvere ulteriormente.

Cosa penso dunque di Silvio oggi?

Penso che sia un bambino che ha sofferto tanto e che si comporta così solo perché vuole attenzioni, quelle attenzioni che nessuno gli ha mai dato; vuole il riconoscimento di cui ha bisogno. Io sono l’unico che può accoglierlo, perché solo io lo conosco così bene. Tentare di allontanarlo non può che sortire l’effetto contrario: farlo urlare ancor più forte, perché lui ha bisogno di essere visto.

abbraccio

E poi, a pensarci bene, Silvio è stato un mio valido alleato per molti anni: è nato per proteggermi dal mondo di allora, e se bene o male oggi sono qui è anche grazie a lui.

No, Silvio non deve essere fatto fuori! Va coccolato, ringraziato, ascoltato quando serve: perché bisogna riconoscere che  può ancora rivelarsi un valido alleato.

Credo proprio che io e Silvio diventeremo buoni amici.

Spleen


La giornata è piovosa e uggiosa; le cose da fare, che hai lì davanti a te in minacciosa attesa, ti sembrano problemi enormi, scogli insormontabili; peraltro nulla sembra valer la pena di esser fatta. O forse non hai proprio alcunché da fare, non hai preoccupazioni, eppure ti senti triste, la malinconia permea ogni tuo pensiero.

E allora combatti, cerchi di reagire… perché in fondo, eccheccazzo, non c’è proprio nulla che non vada, e questo tuo stato d’animo decisamente non ti va giù; perché sottrae energia, ti impedisce di godere appieno quanto di bello ti circonda. Hai decisamente la sensazione di buttare al vento la giornata, e maledici ogni volta che ti trovi in questa situazione senza motivo.

Poi, improvvisamente, ti arrendi: ti accorgi che non vale la pena di lottare contro te stesso. E allora metti quella canzone triste che ami tanto, e ti abbandoni; ascolti la malinconia che arriva lenta ma inesorabile fino a raggiungere ogni tua cellula, la accogli indifeso e la lasci fare, senza opporre resistenza.

sad

Qualche lacrima inizia a fare capolino fra le ciglia, seguita da un’altra, e poi altre ancora, come acqua che ha aperto un varco fra le mura della diga.

Dura una decina di minuti, forse un quarto d’ora; osservi con meraviglia la tristezza che ha finalmente sconfitto quella mente che cercava invano di soffocarla, e quasi la smorfia che il pianto disegna sul tuo viso si tramuta in sorriso; e a questo punto, finalmente, capisci.

Capisci che non c’era alcun problema da risolvere, ma questo già lo avevi intuito; capisci soprattutto che dentro di te c’era solo un bambino che voleva essere ascoltato, compreso, coccolato. Un bambino a cui non importava nulla di sapere che tutto va bene, e che non c’è ragione di esser tristi: lui voleva soltanto piangere fra le braccia della mamma, per ricevere le sue carezze e la sua comprensione.

E adesso che lo hai accontentato, adesso che hai finalmente deciso di ascoltare ed accogliere senza giudizio il fanciullo che è nascosto in te, solo ora il pianto si placa, e tu ritorni alla vita con rinnovata energia; perché ora, cascasse il mondo, non può davvero succedere nulla che possa oscurare anche solo per un istante la tua gioia di essere vivo!