Ho notato un curioso filo conduttore che accomuna tutte queste attività, almeno per quella che è stata finora la mia esperienza.
Partiamo dal processo di apprendimento: il mio metodo, che con una punta di presunzione reputo piuttosto efficace (nel senso che mi sento soddisfatto dei risultati a cui mi ha portato nel tempo), segue tre fasi:
- accettazione incondizionata di ciò che sto imparando; cerco di non metterlo in alcun modo in discussione, incamero le informazioni senza alcun giudizio, per quanto mi è possibile, e le archivio provvisoriamente in un angolo della memoria
- riflessione critica su quanto appena introiettato: dove mi porta tutto questo? Se parto dall’ipotesi che sia interamente vero, che implicazioni ne seguono? Con quali altre mie conoscenze entra in contraddizione?
- integrazione di quanto appreso con la conoscenza pregressa; eventuali contraddizioni sono sanabili con una diversa interpretazione dei concetti imparati? Oppure con una rivisitazione di quelli preesistenti? Alcune idee si possono tenere, mentre altre vanno rigettate? Oppure sono valide solo sotto certe condizioni? La portata delle nuove informazioni è così dirompente da mettere in discussione le mie convinzioni pregresse?
Ho notato che quando mi comporto frettolosamente, saltando di fatto la prima fase ed entrando subito in quella giudicante, difficilmente riesco a imparare qualcosa di nuovo; i miei preconcetti fanno da barriera ed impediscono alla conoscenza di evolvere.
Invece è importante dare la possibilità al nuovo di irrompere nella sua totalità, senza filtri, perché un giudizio troppo prematuro può far perdere elementi preziosi: l’epilogo di un romanzo può cambiare completamente il senso di tutta la narrazione, e se mi fermo ai primi capitoli resterò con un’idea sbagliata del racconto.
Ma è d’altra parte anche fondamentale sottoporre a vaglio critico quanto incamerato, per non divenire schiavi di influenze dogmatiche.
Quindi: in prima battuta accettazione indiscriminata, senza scartare nulla; in ultima battuta, valutazione ragionata di quanto appreso e sua integrazione. Detto diversamente: ingoia tutto dopo aver ben masticato, ma poi digerisci per bene ed elimina il superfluo.
Che legame ha questo col rispetto delle regole? Beh, anch’esse vanno apprese, e bisogna per prima cosa imparare ad osservarle disciplinatamente. Le regole hanno una importante funzione sociale. Ma poi, una volta apprese, bisogna sottoporle a vaglio critico: questa regola è valida in generale, o ci sono casi in cui posso permettermi di disobbedirvi? Oppure è anacronistica e va cambiata?
Un esempio banale: la regola dice di tenere la destra mentre si è al volante, ma ci sono stati casi in cui, incrociando un altro veicolo in una stretta strada di montagna, è risultato più pratico, per la conformazione della carreggiata, accostare a sinistra e lasciare che il veicolo passasse alla mia destra. Mi fossi intestardito sulla regola, avrei costretto l’altro conducente ad una improbabile e inutile manovra.
Meglio poi stendere un velo pietoso (ma senza dimenticare!) su ciò a cui ha portato la cieca e ottusa osservanza delle regole ai tempi del fascismo.
Arriviamo alla recitazione: stesso discorso. Innanzitutto occorre imparare a menadito il copione, non ci sono santi. Ma poi, quando lo si padroneggia, lo si deve interpretare, e questo fa la differenza fra la recita a pappagallo e l’interpretazione che coinvolge il pubblico. Interpretare può voler anche dire cambiare, e talvolta è necessario, ad esempio perché il compagno ha dimenticato la battuta, oppure l’ha anticipata, e quindi occorre adattarsi in modo creativo alla situazione inattesa. Ehm… io su questo fronte mi trovo per ora nella fase del pappagallo, ma ci sto lavorando.
Detto questo, ti sarà certo capitato di osservare attorno a te persone che se ne infischiano delle regole e fanno ciò che gli pare impunemente. Che nervoso fanno venire, vero? Bene, sappi che i casi sono due: o sono pessimi attori che ancora non hanno imparato il copione a memoria, oppure sono dei novelli Dario Fo che si esibiscono nel loro ubriacante grammelot.
Ma in fondo, a te che importa di loro? Pensa a recitare la tua, di vita: è ora di finirla di fare lo spettatore, sei grande ormai.