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Curare il terreno


Il segreto non è prendersi cura delle farfalle, ma prendersi cura del giardino, affinché le farfalle vengano da te.

Mário Quintana

Io invece ho commesso l’errore di pensare di dovermi prendere cura delle piante del mio orto, sbagliando obiettivo.

Non sono le piante che vanno curate, ma il terreno. Le piante radicate in un terreno fertile e umido non hanno bisogno di aiuto, se la cavano benissimo da sole.

Lo stesso vale per le persone: non hanno bisogno del mio aiuto. Al più, posso offrire loro il terreno fertile di una relazione genuina.

Sempre che desiderino radicarsi in esso.

O che lo desideri io, in fondo ci sono anche piante infestanti da cui difendersi.

L’accettazione di Silvio


Nel lontano dicembre 2013 ero agli inizi di un percorso di crescita personale che, dopo una profonda e dolorosa fase di auto osservazione e introspezione, mi ha portato a pubblicare l’articolo La distruzione di Silvio.

Silvio rappresentava una parte scomoda della mia personalità,  limitante e foriera di problemi, e quell’articolo era una formale dichiarazione di guerra nei suoi confronti: per evolvere dovevo assolutamente liberarmene, dovevo farla fuori.

Sono passati un po’ di anni da allora, e posso dire con orgoglio di essere cresciuto, almeno un poco.

Ti starai forse domandando se sono finalmente riuscito a liberarmi di Silvio.

Nemmeno un po’, è tuttora presente e più che mai bisognoso di attenzioni. La mia crescita non sta in questo, ma nel fatto che mi sono accorto di non pensarla più come allora.

Sono profondamente convinto che cambiare opinione sia l’indice più genuino di crescita personale, pertanto non vivo questo cambio di rotta come una sconfitta ma come un successo.

E non mi sento nemmeno di affermare che allora stessi sbagliando, per nulla. Perché data la situazione di vita in cui mi trovavo sette anni fa (sette: per certe tradizioni esoteriche questo numero ha significati ben precisi), date le informazioni a mia disposizione, data tutta una serie di variabili al contorno, quello era il miglior atteggiamento che mi potessi permettere. Come d’altronde quello proposto nel presente articolo è il migliore per il contesto di vita attuale, e mi auguro proprio che non sia definitivo, di poterlo trascendere in futuro (trascendere, non disconoscere!) per evolvere ulteriormente.

Cosa penso dunque di Silvio oggi?

Penso che sia un bambino che ha sofferto tanto e che si comporta così solo perché vuole attenzioni, quelle attenzioni che nessuno gli ha mai dato; vuole il riconoscimento di cui ha bisogno. Io sono l’unico che può accoglierlo, perché solo io lo conosco così bene. Tentare di allontanarlo non può che sortire l’effetto contrario: farlo urlare ancor più forte, perché lui ha bisogno di essere visto.

abbraccio

E poi, a pensarci bene, Silvio è stato un mio valido alleato per molti anni: è nato per proteggermi dal mondo di allora, e se bene o male oggi sono qui è anche grazie a lui.

No, Silvio non deve essere fatto fuori! Va coccolato, ringraziato, ascoltato quando serve: perché bisogna riconoscere che  può ancora rivelarsi un valido alleato.

Credo proprio che io e Silvio diventeremo buoni amici.