Fin dai tempi della scuola superiore mi è stato insegnato che i conti devono tornare, e da bravo ragioniere primo della classe (di fantozziana memoria) ho impresso a fuoco nella mente che il DARE è sempre uguale all’AVERE.
Sul piano filosofico questo si è tradotto in una visione del mondo che descrive la vita come gioco a somma zero: se qualcuno vince, qualcun altro deve per forza perdere. Se io sto bene, qualcun altro starà male; oppure: se oggi sto bene, domani starò male. La felicità è una torta, si tratta di decidere come affettarla, nello spazio e nel tempo.
Poi mi sono imbattuto nelle divulgazioni scientifiche del fisico Emilio Del Giudice che, se ho ben compreso da profano quale sono, dimostrerebbero l’esatto opposto: l’Universo è una riserva infinita di risorse, si tratta solo di trovare il giusto modo per attingervi, impresa nella quale gli organismi biologici riescono egregiamente!
Provo ora a spiegare ciò che ho assimilato, che è per me l’ennesima conferma dell’enorme quantità di falsità a cui sono stato esposto nei tanti anni passati sui banchi di scuola.
I processi biologici di ossidoriduzione (reazione in cui si ha trasferimento di elettroni da una sostanza riducente a una ossidante, base del funzionamento della vita sul nostro pianeta) necessitano di una grande quantità di elettroni allo stato libero, ma negli organismi viventi, costituiti al 99% da molecole di acqua, questi non sarebbero disponibili, in quanto l’acqua può cedere elettroni solo avendo a disposizione un’elevata quantità di energia, a differenza dei metalli che invece li cedono con estrema facilità (infatti sono ottimi conduttori elettrici), ma sono presenti in percentuali molto piccole negli organismi; e allora, da dove arrivano tutti gli elettroni liberi che oggettivamente rendono possibili i processi metabolici, donandoci al contempo una buona conducibilità elettrica ed esponendoci impietosamente al rischio di prendere la scossa?
Questa imbarazzante domanda è stata a lungo ignorata dalla comunità scientifica, che dava il fatto per scontato; la risposta più plausibile è che gli elettroni arrivino dall’acqua, ma come abbiamo già detto gli studi fatti su molecole isolate dimostrano che affinché ciò accada occorrono quantità di energia molto grandi.
Tuttavia, se un insieme di molecole d’acqua presenta un elevato grado di coerenza ‘vibrazionale’, allora diventa possibile ‘prendere a prestito’ dal vuoto l’energia occorrente per liberare elettroni, ed è proprio ciò che sembra accadere negli organismi viventi, perché in essi l’acqua è per lo più presente in prossimità di membrane (acqua interfacciale), e questo le conferisce proprietà diverse dall’acqua allo stato libero; per spiegare questa differenza, Del Giudice ricorre al metaforico paragone fra un corpo di ballo e la folla in una piazza.
Questa dunque la possibile spiegazione del mistero: per il principio di indeterminazione di Heisemberg, dal vuoto quantistico appaiono per brevissimi istanti dei fotoni; può accadere che uno di questi venga ‘catturato’ da una molecola d’acqua, che si eccita a causa dell’energia assorbita rendendosi momentaneamente disponibile a cedere elettroni, rilasciandolo subito dopo; ma poiché in prossimità di quella molecola se ne trovano altre in stato di coerenza, il fotone viene nuovamente catturato e rimane di fatto intrappolato rimbalzando qua e là come la pallina in un flipper; come lui, tanti altri suoi compagni apparsi dal nulla mantengono le molecole d’acqua in un costante stato di eccitazione: ecco da dove arriverebbe l’energia occorrente ai processi metabolici.
Questa descrizione ha l’accuratezza scientifica di un gossip al bar, tuttavia penso che possa rendere l’idea di un meccanismo che trovo decisamente affascinante e romantico: la vita vista come espressione di coerenza vibrazionale in grado di estrarre energia dal nulla!
Traslato sul piano sociale, mi domando: che succederebbe se ogni essere umano vivesse in coerenza e armonia con i propri simili, così come fanno le molecole d’acqua negli organismi viventi?