La mano invisibile


L’economista britannico Adam Smith con la sua teoria della mano invisibile sosteneva che un libero mercato, nel quale ciascun operatore economico è guidato unicamente dal perseguimento dei propri fini utilitaristici, sarebbe presto arrivato ad una condizione di equilibrio tale da massimizzare il benessere collettivo.

Detto in altri termini il comportamento egoistico di ogni individuo, inserito in un contesto in cui tutti agiscono allo stesso modo controbilanciandosi vicendevolmente, avrebbe portato ad una situazione stabile di ottimo generalizzato, come se il sistema fosse guidato da una mano invisibile, provvidenziale e perequatrice.

Questo principio ha permeato i quattro anni di formazione universitaria che mi hanno portato alla laurea in Economia; certo ho incontrato anche posizioni di altro tipo, quali ad esempio quella di John Maynard Keynes che sosteneva invece la necessità dell’intervento statale al fine di evitare distorsioni che portassero a distribuzioni inique delle risorse economiche, ma la filosofia dominante restava sempre quella basata sulla competizione.

Il modello di Smith regge su diverse ipotesi, come la perfetta mobilità dei fattori produttivi e la perfetta trasparenza dei mercati (ossia la perfetta mobilità delle informazioni).

Appare fin da subito evidente come queste condizioni ben difficilmente si riscontrano nella vita reale: per esempio non posso decidere di spostarmi per lavoro a Caltanissetta dall’oggi al domani senza avere alcun tipo di disagio, anche solo organizzativo; e le informazioni in possesso delle grandi multinazionali non sono certamente quelle che la mia parziale visione dei mercati mi mette a disposizione, informazioni indispensabili per compiere scelte economiche razionali.

In sintesi esistono asimmetrie, rigidità e viscosità dei mercati tali da impedire l’assestamento ottimale idealizzato da Smith, la cui teoria resta, per l’appunto, solo una bella teoria; i fatti dimostrano come la collettività sia ben lungi da una situazione di benessere generalizzato, con la stragrande parte del reddito concentrata nelle mani di pochi e tutti quanti, ricchi o poveri, in preda all’ansia, sempre di corsa a inseguire chissà che con il terrore che il vicino, competitor per definizione, porti via loro quanto hanno conquistato col sudore della fronte.

Per anni, nel corso dei miei studi accademici, sono stato sottoposto ad un lavaggio del cervello a suon di nozioni fuorvianti che davano per scontata la necessità di atteggiamenti competitivi, farcite di termini mutuati dal gergo militare come ‘strategia’ e ‘tattica’, il tutto polarizzato dall’utopia di un PIL in crescita come unico indicatore di benessere collettivo.

Da bravo discente, per anni ho dato per scontato che quelle nozioni fossero valide, senza mai essere sfiorato dal dubbio che potesse esistere un’alternativa.

Oggi comprendo di aver percorso la strada sbagliata, perché l’alternativa esiste ed è basata sulla collaborazione, senza che questo significhi necessariamente perdere la propria individualità.

Un buon sostituto all’equilibrio di Smith è l’equilibrio di Nash, formulato dall’omonimo matematico statunitense che ha rivoluzionato l’economia con i suoi studi sulla teoria dei giochi. Peccato che questi studi non vengano poi applicati nella vita quotidiana, che resta permeata dalla visione del prossimo come potenziale nemico.

Al di là delle teorie modi alternativi di vivere esistono, si tratta di ampliare le proprie vedute e adottarli, smettendo di credere alle panzane che ci raccontano le classi dominanti al solo fine di portare avanti i loro interessi egoistici; perché per loro sì, che il modello di Smith funziona.

Mi si perdoni la citazione sessista che riporto ora ma d’altra parte riflette, al di là di idealizzazioni romantiche, un certo tipo di istinto triviale di cui è illusorio negare l’esistenza, e rende bene l’idea. Soprattutto ai maschi, che peraltro sono mediamente i più competitivi.

Adam Smith va rivisto. Perché se tutti ci proviamo con la bionda, ci blocchiamo a vicenda, e alla fine nessuno di noi se la prende. Allora ci proviamo con le sue amiche, e tutte ci voltano le spalle perché a nessuno piace essere un ripiego. Ma se invece nessuno ci prova con la bionda, non ci ostacoliamo a vicenda, e non offendiamo le altre ragazze. E’ l’unico modo per vincere. L’unico modo per tutti di scopare.

Adam Smith ha detto che il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa il meglio per se. Incompleto! Incompleto, perché il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé e per il gruppo. Dinamiche dominanti, signori, dinamiche dominanti. Adam Smith si sbagliava!

Tratto dal film ‘A beautiful mind’

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