Rama entrò nell’abitazione del maestro spirituale pieno di rabbia, rancore e delusione; la vita lo stava mettendo a dura prova e aveva bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi. Lo aggredì provocatorio.
“Maestro, dammi la prova dell’esistenza di Dio!”
L’uomo si alzò dalla sedia senza degnarlo di uno sguardo e aprì la finestra. Si udiva lo scrosciare del torrente provenire da lontano, e un vezzoso dialogo fra due pettirossi nascosti da fronde attigue dell’albero di fronte all’abitazione.
La rabbia di Rama aumentò.
“Maestro, mi stai ignorando! Ti ho detto di darmi una prova!”
Gli si avvicinò, e lo strinse in un forte abbraccio.
Rama si divincolò furente, indietreggiò e puntò il dito.
“La verità è che nemmeno tu hai le prove, sei solo un ciarlatano, mi hai ingannato!”
Il maestro allora prese un tronchetto di legno dal cesto vicino alla stufa e lo scagliò con forza contro Rama, il cui braccio destro, colpito dal fendente, iniziò a sanguinare.
Una scossa di dolore si irradiò a partire dalla ferita e risalì fino al petto, come un’ondata di calore improvvisa. Il cuore iniziò a battere furiosamente, Rama lo sentiva in gola.
“Maestro! Perché mi hai fatto questo? Perché mi stai scacciando?”
L’uomo rispose, pacato.
“Ti ho dato per tre volte ciò che hai chiesto. L’Universo ti parla sempre, ti manda in continuazione i suoi messaggi, e lo fa attraverso le sensazioni del tuo corpo; ma finché dai retta al rumoroso chiacchiericcio della mente, non puoi ascoltarli.
E allora, l’unico modo che ha l’Universo per avere la tua attenzione è quello di gridare più forte. Questo è accaduto oggi.”
Rama comprese il significato di tutto il dolore che gli riempiva la vita, e se ne andò senza aggiungere altro.