Io non sono il mio nome.
Non sono lo sviluppatore software.
Non sono il marito, non sono il padre.
Non sono colui che scrive in un blog poco conosciuto, non sono l’appassionato di ciclismo, non sono il podista dilettante.
Non sono l’amico su cui puoi contare, non sono la persona inaffidabile che dice bugie.
Io non sono lo studente modello, né il lavoratore serio, né il pasticcione distratto che dimentica le cose e talvolta combina guai.
Non sono l’improvvisato strimpellatore di chitarra, né il canterino dalla voce incostante che ama esibirsi al karaoke così, tanto perché qualcuno gli presti attenzione.
Non sono i muscoli doloranti dopo un pesante allenamento, non sono le mani che tremano prima di una prova, non sono il cuore che si restringe dopo un dispiacere.
Non sono chi ha bisogno di sentirsi dire ‘bravo’, che cerca l’approvazione altrui per sentirsi a posto.
Non sono quel naso pronunciato, né quella nuca sfuggente; non sono quel paio di occhiali tanto temuti in gioventù, né quei capelli che iniziano ad ingrigire.
Non sono chi ama produrre manufatti in legno, non sono lo psico filosofo.
Non sono l’amante della montagna, né il sognatore perso davanti alla vastità del mare.
Già, il mare.
Neppure il mare è l’onda, nessuna di quelle migliaia di onde che lo increspano, lo rendono armonioso, talvolta temibile, minaccioso: il mare è lo spazio che permette all’onda di esistere.
Io non sono questo o quello. Io semplicemente sono, senza necessità di completare con alcuna connotazione positivista.
Sono lo spazio delle possibilità entro cui si concretizzano quelle manifestazioni accidentali che costruiscono una personalità illusoria.
Io sono il vuoto, e a questo voglio ritornare, perché questo è il mio senso di esistere.
A me che sono, semplicemente sono.