Un’esperienza vissuta di recente da una mia amica mi riporta alla mente un tema che ho già affrontato in un precedente articolo e voglio qui riprendere per l’occasione.
Questa donna aveva un compagno violento, che la maltrattava; lui era normalmente dolce ed affettuoso, ma quando perdeva la pazienza cambiava completamente: diceva che era lei la responsabile di quell’ira, che era colpa sua se usciva di testa; e quando accadeva non volavano solo brutte parole.
Finché un giorno la misura si è colmata e lei è finita al pronto soccorso con naso e alcune costole rotti.
A questo punto ha finalmente trovato il coraggio di lasciarlo e denunciarlo; è iniziato un periodo di stalking, minacce miste a implorazioni di riconciliazione, deliranti quanto poco credibili dichiarazioni d’amore, conclusosi con la condanna di lui.
Anche grazie all’aiuto di uno psicologo lei è poi uscita da questa brutta condizione, e adesso ha un nuovo compagno.
Ecco un esempio lampante che evidenzia la differenza fra accettazione e rassegnazione. Per un lungo periodo la mia amica è rimasta con quell’uomo violento perché rifiutava la situazione; non accettava che fosse un manesco, non accettava il fatto che le cose non sarebbero cambiate, insomma non accettava la realtà.
Poi è accaduto l’evento shock che le ha permesso di aprire gli occhi, ed ha finalmente accettato.
Ha accettato il presente, ha accettato di avere sbagliato compagno, ha accettato ciò che stava accadendo; e muovendo da questa base, resa solida dal nuovo atteggiamento, ha preso la giusta decisione, affinché non accadesse più in futuro.
Capisci la differenza fra rassegnarsi ed accettare? Se si fosse rassegnata, starebbe ancora con quell’uomo; invece ha accettato lo stato dei fatti, e si è comportata di conseguenza.
Troppo spesso confondiamo i due livelli, e rimaniamo imprigionati nell’inerzia dovuta al rifiuto della realtà; ogni cambiamento evolutivo deve invece obbligatoriamente passare attraverso una fase di accettazione: accettare ciò che non ci piace, affinché tutto cambi.
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Non per fare il facilone e sminuire le sofferenze delle donne maltrattate, ma non riesco a trattenermi dal dire che…. diciamo…,se vogliamo trovare qualcosa di positivo in questa storia, possiamo almeno dire che quando la situazione è così palesemente terribile è facile capire quale sia la scelta giusta e che ,prendendola, di certo non ce ne pentiremo!
Probabilmente la fregatura sta nel fatto che le persone non diventano violente da un giorno con l’altro…
Per quello che posso vedere guardandomi attorno, e anche auto osservandomi, spesso l’essere umano tende a mantenere lo status quo, per quanto terribile sia; perché dal basso della propria condizione depressiva non vede alternative, perché ha paura del cambiamento (il famoso detto ‘dalla padella nella brace’), talvolta perché pensa di meritare quanto sta accadendo, oppure perché si identifica con quella situazione disagiata, gioca il ruolo dello ‘sfigato’ e pensa che sia l’unico modo che ha di stare al mondo, di essere visto dagli altri.
Nella sua tragicità, io credo che questa storia abbia parecchi risvolti positivi, e l’ho riportata come esempio di speranza.
Grazie Marco per questo contributo, e non smettere mai di sognare, i fallimenti sono solo illusorie concettualizzazioni della mente!
“dal basso della propria condizione depressiva non vede alternative, perché ha paura del cambiamento (il famoso detto ‘dalla padella nella brace’), talvolta perché pensa di meritare quanto sta accadendo, oppure perché si identifica con quella situazione disagiata, gioca il ruolo dello ‘sfigato’ e pensa che sia l’unico modo che ha di stare al mondo, di essere visto dagli altri.”
Bene: mi fa piacere sapere che non succede solo a me… 🙂
Direi che siamo almeno in due 😀 .
Ciò non toglie che tutte queste convinzioni depotenzianti sono solo illusioni di cui ci si può liberare, una volta messe sotto il riflettore.
Qualche volta la rassegnazione è più facile. Anche in termini di sofferenza.
Poi , guarda, siamo sinceri… io non sono granchè credente, ma certe volte pare proprio che tutto sia architettato da un qualche dio, un dio bravissimo a giocare a scacchi.
E allora uno alla fine pensa “probabilmente è il mio destino, probabilmente deve andare così, probabilmente è sbagliato che io mi dimeni per cercare sfuggire a questo scacco matto”.
Mi spiace 😦
Ti auguro di cuore di riuscire un giorno a vedere la realtà in una prospettiva differente.
Ovviamente l’approccio è altalenante: qualche volta ci si sveglia bene alla mattina e si pensa che sia giusto lottare, altri giorni ci si rompe le balle e…
Anche io mi sento schiavo dei miei cicli, ahimé molto meno prevedibili di quelli femminili 🙂 , li patisco in particolare perché tendono a boicottare ogni mia attività progettuale (la domanda depotenziante di solito è: chissà in che fase del ciclo mi troverò quando si tratterà di mettere in atto quanto sto ora progettando? Quando sono in fase di basso energetico per me è molto difficile portare avanti con efficacia un’attività).
Non ho ancora compreso la causa di tutto questo, quindi è complicato averne il controllo.
Ma una cosa sto iniziando a capire: è proprio questa esigenza di comprendere, di controllare, di trovare un senso ad ogni cosa che faccio o che mi accade, il mio male. E’ questo mio bisogno mentale di razionalizzare ogni cosa che produce sofferenza, soprattutto se lo si incrocia con delle aspettative.
E’ questo l’aspetto su cui sto lavorando: arrivare a capire con la pancia, non solo con la testa, che i problemi sono solo un prodotto della mia abitudine mentale a catalogare e categorizzare. La realtà se ne fotte delle mie aspettative e delle mie suddivisioni soggettive ed arbitrarie fra bene e male.
Spero che questo possa esserti di aiuto, mi sento emotivamente vicino a te.
Io non ho cicli così intensi, ma tutto il resto che hai scritto lo capisco perfettamente.
Leggi questo:
https://www.mangiaviviviaggia.com/felicita-non-pensare-troppo/
Salta le prime baggianate e inizia a leggere da: “Quattro anni fa ho scoperto di avere un tumore”.
Ti farà riflettere.
Illuminante! Grazie.
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