Ogni volta che, dopo abbondanti piogge, passo davanti a questa cascatella, non posso fare a meno di fermarmi a guardarne la bellezza; è accaduto anche qualche giorno fa, e in quell’occasione mi sono tornate alla memoria riflessioni che espressi in uno dei miei precedenti articoli.
La vedi quella roccia? La foto non rende appieno, ma ti assicuro che è parecchio dura, e tuttavia è stata scavata assai profondamente; volendolo personificare, quel ruscello è riuscito in un’impresa davvero eccezionale.
Lo sai perché?
Per la sua costanza, dirai: certo, è vero, questa è la prima cosa che salta agli occhi, gutta cavat lapidem; ma scendiamo un poco più al di sotto della superficie.
Sempre seguendo la metafora della personificazione, ti chiedo: secondo te, il ruscello ha mai dubitato per un istante di farcela? Si è mai chiesto se ne valesse la pena? Si è mai sentito in affanno, in preda all’ansia e spaventato dall’enorme lavoro che aveva da compiere?
Tu risponderai: ma il ruscello non si è mai posto alcun obiettivo di scavare la roccia, questo è avvenuto per il solo fatto che il suo corso passava in quel punto. Non c’è alcuna intenzionalità in tutto questo, la metafora non regge più, se spinta così lontano.
Bravo, ha centrato il punto! Il ruscello non ha alcun obiettivo, semplicemente segue il suo corso, si limita ad essere sé stesso; e tuttavia, guarda che bel risultato ne è venuto fuori!
E allora mi domando: non sarà forse il caso che pure io abbandoni affanni, preoccupazioni, ansie da prestazione… e mi limiti semplicemente ad essere me stesso? Potrebbe essere interessante scoprire a quali grandi imprese porta tutto ciò, non credi?
Ma l’acqua gira e passa e non sa dirmi niente
di gente e me o di quest’aria bassa.
Ottusa e indifferente cammina e corre via
lascia una scia e non gliene frega niente.