I computer moderni hanno raggiunto livelli di sofisticazione tali da poterci quasi illudere di surclassare il cervello umano; in alcuni articoli precedenti ho trattato, se pur di sfuggita, l’argomento dell’intelligenza, ed in particolare di come esistano diversi livelli di elaborazione del pensiero.
Voglio ora prendere spunto dai programmi di computer che giocano a scacchi per presentarti un divertente caso in cui il pensiero analitico, così come lo intendiamo comunemente, si rivela insufficiente. Se tu dovessi creare un programma del genere, che strada seguiresti? Come troveresti una regola automatica per stabilire la prossima mossa?
Ora ti dico quale sarebbe il mio approccio.
Primo: trovare un criterio per assegnare un punteggio all’attuale disposizione dei pezzi, uno per il bianco e uno per il nero; complicato in pratica forse, ma facile in linea di principio: un giocatore di scacchi di livello medio non avrebbe grosse difficoltà.
Secondo: simulare una prima mossa, e ricalcolare i punteggi; confrontandoli con i precedenti, possiamo avere un’idea della bontà di quella mossa, ad un livello di profondità uno.
Terzo: poiché un tale grado di analisi è un po’ pochino, ci addentriamo ulteriormente nei meandri delle possibilità, simulando una contromossa dell’avversario; anche qui calcoliamo i nuovi punteggi. Possiamo scendere a piacere nei livelli di profondità, applicando ricorsivamente il criterio di valutazione esposto, arrivando ad esempio a calcolare un migliaio, o un milione, di mosse; ovviamente, dopo ogni bivio si creano altri bivi, venendosi a delineare una sorta di albero delle mosse possibili. I limiti di questo approccio sono rappresentati solo dalle capacità di calcolo dell’elaboratore, che agli standard attuali possiamo ritenere molto elevate: i computer sono velocissimi ad eseguire questo tipo di operazioni, enormemente più veloci del cervello umano.
Quarto: ripetiamo questo processo per tutte le mosse possibili, attribuendo ad ognuna un punteggio; quindi, eseguiamo quella dal punteggio più elevato.
Ecco fatto, il nuovo programma è pronto a sfidare i migliori campioni del mondo. Abbiamo appena usato al meglio le nostre capacità di pensiero analitico, prestandole al computer ed istruendolo per usare queste semplici regole.
Ora ti mostro un caso simulato che è stato in passato presentato a Deep Thought, l’allora migliore programma di scacchi. La mossa spetta al bianco.
Ad un occhio umano risulta subito evidente la schiacciante superiorità del nero, il quale, tuttavia, è bloccato dai propri stessi pezzi. Sai cosa ha fatto il computer in quella situazione? Ha mangiato la torre col pedone, liberando la via ai pezzi dell’avversario!
Evidentemente, per quanto in profondo si sia addentrato nell’analisi delle possibilità, non è stato in grado di capire che l’unica scappatoia era quella di lasciare i pedoni dove stavano, e muovere ripetutamente il re fino ad ottenere la patta. Ma questo implica comprensione della situazione, mentre avere un elenco di regole da applicare ciecamente non significa comprendere.
Ed il programma che abbiamo appena creato? Anche applicando all’infinito la sua bella procedura, non arriverà mai ad individuare la giusta mossa.
Ti è mai capitato di non riuscire a districarti in un problema, di ritrovarti sempre al punto di partenza con le stesse soluzioni evidentemente non adeguate? Probabilmente sei finito nella trappola del pensiero analitico, che ti vincola in binari predefiniti precludendoti lo scatto di comprensione.
E’ proprio in queste situazioni che si rivela più che mai utile uscire dal solco, ricordandoci che siamo esseri umani.
Riferimenti bibliografici:
Roger Penrose – Ombre della mente. Alla ricerca della coscienza
Condivido totalmente, ninni.
…uscire dal solco è stimolare l’insight!
concordo… e magari usare un po’ di più l’emisfero destro.
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