Oltre l’ostacolo


Devi sapere che nel tempo libero faccio l’istruttore di mountain bike; beh, ridimensioniamoci: diciamo piuttosto che, avendo la passione per questo sport, cerco di trasmetterlo ad alcuni bambini attraverso il gioco.

Ebbene, fra i vari esercizi che propongo loro ce n’è uno che prevede di passare su di una stretta tavola sospesa nel vuoto, sopra un fossato infestato dai coccodrilli; beh, ridimensioniamoci, la tavola si trova a qualche centimetro dal prato, e non ci sono coccodrilli, solo qualche gallina qua e là,  ma molti di loro si comportano come se fosse vera la prima situazione.

Comunque: ho notato che quelli che riescono bene nell’esercizio puntano lo sguardo in avanti, concentrandolo su un punto al di là della tavola, e si muovono decisi verso di esso, mentre lo sguardo di quelli che non ci riescono si ferma prima, sulla tavola; questi ultimi puntualmente cascano di lato.

Ai pochi che mi è riuscito di salvare dalle fauci del coccodrillo ho provato a suggerire questa strategia, ovviamente con parole più semplici ma il succo non cambia: prima guardare l’ostacolo, memorizzarne le caratteristiche, e poi concentrarsi sul punto di arrivo, focalizzando l’attenzione su di esso.

Sembra che il problema sia proprio la focalizzazione: certo, l’ostacolo non deve essere ignorato, ma chi si sofferma troppo su di esso, e non guarda al punto di arrivo, ha più probabilità di sbagliare; chi lo lascia, per così dire, sullo sfondo, ha maggiori probabilità di successo.

E questa considerazione ricade nella la casistica più generale di consigli che normalmente elargisco ai giovani virgulti: la bici va sempre dove si punta lo sguardo; devo svoltare a sinistra? Allora girerò la testa a sinistra e guarderò in quella direzione; devo partire da fermo? Allora occorre guardare avanti, e non i pedali. Non è tanto un discorso di vedere dove si va, ma di sfruttare l’attrazione verso il punto osservato.

Da queste considerazioni, il salto di qualità che mi ha portato ad un’illuminante presa di coscienza, di cui voglio rendere partecipe te, fortunato lettore: il principio è generalizzabile al di là di questioni ciclistiche; per riuscire in ciò che si fa occorre puntare sull’obiettivo, senza soffermarsi sulle difficoltà che si frappongono fra noi ed esso.

ostacoli

E modestamente, mi rendo conto di commettere spesso lo stesso errore dei miei allievi; tendo a lasciarmi sottrarre energie dai problemi da risolvere, invece di sfruttare la carica energetica che potrei avere pensando al dopo, quando saranno finalmente risolti. Per fare questo occorre un certo distacco dal problema, bisogna sopraelevarsi sul labirinto.

Esempio: devo sistemare casa con delle opere di ristrutturazione; posso pensare al macello che faranno gli operai quando inizieranno i lavori, allo sforzo finanziario che dovrò sopportare, oppure posso immaginare come mi sentirò al termine, nella mia nuova, accogliente dimora. Un bel cambio di prospettiva, no?

Pare che proprio questa sia la strategia utilizzata dagli sportivi di successo (ahimé, non ho esperienze in proposito): molti di loro visualizzano se stessi nel momento della vittoria, ne anticipano le emozioni, le sensazioni, e così facendo si mettono nello stato d’animo più propizio perché questa arrivi veramente. Non pensano alla fatica, agli sforzi che dovranno sopportare: questo toglierebbe loro energia e motivazione.

Facile a dirsi, difficile a farsi. Però vale la pena di provare no?

Io ho deciso di impegnarmi in questo senso.

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