Sono appena tornato da un giro in bici, è il momento di un po’ di stretching; in posizione eretta, piego la gamba destra e afferro il piede dietro la schiena con entrambe le mani. Sono un po’ affaticato, ho qualche difficoltà a stare in equilibrio, poi ricordo il suggerimento che qualcuno mi ha dato in passato: fissa un punto fermo di fronte a te e ancorati ad esso con lo sguardo.
Funziona! L’equilibrio migliora, riesco a stare nella posizione per almeno i 30 secondi canonici dell’allungamento, ma potrei benissimo andare oltre. Cambio gamba e applico la stessa tecnica, funziona anche con la sinistra.
Nel fare questo rifletto: è ovvio, il cervello per mandare gli impulsi ai muscoli e contrastare la forza di gravità ha bisogno di indicazioni affidabili; ogni minimo e impercettibile scostamento dal punto di riferimento è sufficiente ad inviare le correzioni della posizione. Se però il riferimento non è fisso, i segnali al cervello non sono coerenti ed esso fatica ad organizzare le indicazioni da inviare ai muscoli, perché gli si cambiano in continuazione le carte in tavola.
Poi mi accorgo che questo principio ha validità generale: anche nella vita abbiamo bisogno di punti di riferimento, se vogliamo condurla in modo equilibrato. Se questi cambiano in continuazione, noi ci adeguiamo ad essi in modo scoordinato e produciamo una marmellata di comportamenti privi di filo conduttore.
Senza riferimenti fissi ogni nostra scelta, la nostra morale, la stessa distinzione fra bene e male, perdono di significato. E allora ho capito che forse è il caso di provare ad individuarlo, questo punto fermo, per gettare finalmente l’ancora ed abbandonare questa navigazione a vista.
Se sei nella mia stessa situazione, vuoi provarci con me?