Ti trovi sulla sponda di un torrente, devi attraversarlo. Di fronte a te le pietre che emergono dall’acqua creano svariati percorsi, che puoi scegliere per passare all’altra sponda senza bagnarti i piedi.
Muovi un passo e lo appoggi saldamente sulla prima pietra; per la successiva hai due alternative: quella di destra o di sinistra? Sinistra, ti piace di più; sembra più stabile. Avanzi. Adesso puoi scegliere fra tre pietre: una piccola piccola, ma subito dopo il passaggio sembra più agevole; una grande e piatta, ma sembra portare ad un vicolo cieco; una che è una sorta di via di mezzo: nel dubbio prendi quest’ultima.
Prosegui così fino a metà del guado; ad un certo punto la pietra che hai di fronte è piuttosto traballante; provi a mettere il piede, ma si muove troppo, rischi di bagnarti. Allora vedi poco lontano un bastone portato dalla corrente che si è incastrato sul fondo; lo raccogli per usarlo come appoggio ma niente da fare, è mezzo marcio e si rompe appena provi a caricare il peso.
Tenti di stabilizzare la pietra traballante usandone altre più piccole, ma invano. Provi a mettere le mani in acqua e ad avanzare gattonando, assumi così una posizione piuttosto ridicola ma per fortuna nessuno sta osservando. Ad ogni modo il tuo equilibrio precario suggerisce di trovare un’altra soluzione.
Ad un certo punto di rendi conto che sono dieci minuti buoni che ti stai accanendo per trovare una risposta a questo problema, perdendo di vista l’obiettivo iniziale, che era attraversare il torrente. Ti sei intestardito a tal punto con quella pietra poco collaborativa, da perdere completamente la bussola. Tu non devi oltrepassare quella pietra, tu devi attraversare il torrente. Probabilmente basterebbe tornare indietro all’ultimo ‘bivio’ e scegliere una direzione diversa.
Ma questo implica ammettere un errore, dichiararsi sconfitto in una battaglia. Finché non troverai il coraggio di farlo rimarrai lì, alla ricerca di soluzioni improbabili.
Alla fine ti decidi: dietro front, si cambia approccio. La nuova strada sembra più promettente, ti stai avvicinando alla sponda opposta. Ma ecco un altro problema: l’unica pietra che hai ora di fronte è traballante, se appoggi tutto il tuo peso finirai sicuramente in acqua. E qui passi un altro buon quarto d’ora a scervellarti. Devi tornare nuovamente indietro?
Poi rifletti: quella pietra si ribalta se appoggi tutto il tuo peso: ma facendo un passo svelto svelto, quasi di corsa, e proiettandoti sulla pietra immediatamente successiva, se anche quella che hai di fronte si rovesciasse ti lascerebbe comunque il tempo necessario per passare oltre senza bagnarti… trovi il coraggio, fai un rapido guizzo e scopri che è proprio così. E arrivi finalmente all’altra sponda.
Qui ti fermi a riflettere sulla tua esperienza, e giungi alle seguenti tre importanti conclusioni:
- devi imparare a distinguere gli obiettivi intermedi (strumentali) da quelli finali. Questi ultimi non vanno mai persi di vista, per evitare di sprecare tempo in questioni di scarsa importanza;
- non occorre essere nel giusto ad ogni passo che fai, l’importante è esserlo alla fine. Compiere un passo falso o sub-ottimale nell’immediato potrebbe anche rivelarsi utile nel lungo periodo;
- hai dimenticato lo zaino con i documenti sulla sponda di partenza, dovrai tornare indietro a riprenderlo.
Pingback: Oltre l’ostacolo | Fuori dal solco
Pingback: Il potere del vuoto | Fuori dal solco