Ci sono 10 categorie di persone: quelle che conoscono la numerazione binaria, e quelle che non la conoscono.
Tu da quale parte ti collochi?
Dolcetto o scherzetto? Sei di destra o di sinistra? Preferisci comandare o essere comandato? Preferisci il dolce o il salato? Meglio le bionde o le brune? Forza, la risposta è semplice: si o no? A chi vuoi più bene tu, papà o mamma?
“Mamma mia che stress, che imbarazzo,
come si fa a non capire che è una domanda del…
deleteria?”
-o-o-
Ho un lucido ricordo che risale all’università, ai (per fortuna) lontani tempi in cui Berlusconi scendeva in campo; ricordo accese discussioni con un collega studente che, ad ogni mia argomentazione contro il Cavaliere, ribatteva dicendo: “Voi invece avete fatto…”, “Voi invece avete detto…”, “E allora voi? …”, “Voi qui…”, Voi là…”.
Quanto mi irritava quel voi: il fatto che io argomentassi contro una categoria mi collocava inequivocabilmente in un’altra. Il mondo si divideva in due: se non stai di qua, per forza devi stare di là. Ed io ribattevo: “non dire voi, io non sono fazioso!”, ma ormai per l’interlocutore ero catalogato, l’etichetta era stata messa, ero un comunista.
Come ho già avuto modo di sottolineare, le suddivisioni in categorie sono comode come base di partenza per un ragionamento, ma non possono avere valore assoluto: l’insieme dei concetti polarizzati da una parola formano una categoria, ma questa è diversa da persona a persona, non possiamo pretendere di attribuire ad essa valore universale.
Allo stesso modo, ma procedendo in senso inverso, come posso pensare di scegliere, fra tutte le parole a disposizione per descrivere un fenomeno, una sola di queste per etichettarne un aspetto, una sola per l’aspetto complementare, e pensare di aver definito correttamente i termini del problema? Due categorie sono davvero tutto ciò che ci serve per capire il mondo, nulla di più?
Ho anche avuto modo di rimarcare come la rigida e immutabile suddivisione fra bene e male sia fuorviante: un pezzo di mondo non è di per sé né bene, né male: dipende dal contesto, o forse è al contempo sia bene sia male, o forse la questione non ha senso e non va posta.
Insomma: quello che ci frega è il dualismo, la logica binaria, quella che fa funzionare così bene i computer ma li rende al tempo stesso tanto stupidi: sono infatti convinto che, per come sono fatti attualmente, non diventeranno mai intelligenti, proprio perché non sono in grado di concepire qualcosa che sia al contempo vero e falso, mentre il nostro cervello ci riesce benissimo, perlomeno finché non utilizza un registro consapevole.
Ti è mai capitato di ragionare, riflettere su un problema, e non venirne a capo? Poi l’indomani, o a distanza di un mese, mentre stai pensando a tutt’altro, ti appare evidente la soluzione e ti stupisci di come hai fatto a non vederla prima?
La colpa delle iniziali difficoltà è del tuo cervello razionale, quello tanto bravo con le parole, che ti ha fatto escludere tutte le idee (apparentemente) contraddittorie, catalogandole come sbagliate. Quindi a livello consapevole hai escluso una grandissima fetta di opportunità. Per fortuna la parte creativa del cervello, quella che non fa il saputello, quella che accetta anche soluzioni sub ottimali, quella a cui non frega nulla di perdere, quella che lavora dietro le quinte e difficilmente viene esposta agli onori della cronaca, riesce a collegare concetti apparentemente distanti, a rielaborarli e riproporli in forma nuova, semplice, inattesa!
Il cervello razionale non ti fa attraversare il torrente se tutte le pietre del guado non sono perfettamente stabili, ogni passo deve essere ben fermo prima di affrontare il successivo. Il cervello creativo invece è più coraggioso e ti esorta: anche se qualche pietra è instabile, non sovrastimarne la pericolosità; fai il passo velocemente e raggiungi la pietra stabile che c’è immediatamente dopo, vedrai che arriverai asciutto all’altra sponda!
Per imparare a ragionare in questo modo occorre abbandonare la logica dicotomica ed essere aperti alla contraddizione; occorrono meno parole e più riflessione introspettiva: nel momento stesso in cui cerchi di verbalizzare un fenomeno, ne stai perdendo l’essenza, perché lo cristallizzi nella sua dimensione razionale.
Non A o B, ma A e B: yin e yang.
Queste parole ti potranno apparire nulla di più se non filosofia spicciola; in fondo il mondo reale è a tutti gli effetti dicotomico, non ammette vie di mezzo o situazioni indeterminate: alla fine della favola, il treno lo prendo o lo perdo; la palla entra nel canestro o va fuori.
Se sei veramente convinto di questo è perché non ti sei mai interessato alla meccanica quantistica: a livello microscopico, dove risiedono le fondamenta del nostro mondo reale, accadono fatti completamente al di fuori dal nostro senso comune, e non è per nulla vero che la palla (microscopica) o è entrata o non è entrata: come avrò modo di descrivere in uno dei miei prossimi articoli, a quel livello la realtà, finché nessuno la osserva, esiste in uno stato sovrapposto in cui tutte le alternative coesistono: la palla entra e non entra nel canestro, l’oggetto è al contempo onda e particella.
Si tratta di fenomeni veramente sconcertanti, suffragati da verifiche sperimentali e ormai accettati dalla comunità scientifica, della cui veridicità avrai sicuramente difficoltà a convincerti. A me hanno insegnato un nuovo modo di vedere il mondo, affascinante e misterioso, riaprendo la porta a ciò a cui, ai miei occhi, la fisica sembrava negare l’esistenza: il libero arbitrio.
Ma di questo parleremo un’altra volta.
Riferimenti bibliografici:
Bart Kosko – Il fuzzy pensiero. Teoria e applicazioni della logica fuzzy
Edward De Bono – Creatività e pensiero laterale
Guy Claxton – Il cervello lepre e la mente tartaruga. Pensare di meno per capire di più
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